Chi è James Hillman, fondatore della psicologia archetipica?

Per me James Hillman è stato un regalo di compleanno da parte di una persona cara. Avevo appena iniziato la formazione psicoterapeutica, ed eccolo lì: Il codice dell’anima.

Più volte in libreria avevo incrociato James Hillman, ma ancora nulla mi aveva spinto a leggerne le pagine. Non mi piaceva il nome, non suonava bene: James Hillman. Sembrava che non avesse eros.
In libreria spesso vado per intuito e sensazioni, per questo, fino ad allora, non avevo comprato ancora un suo libro.

James Hillman sembrava il tipico nome di scrittore americano solo “chiacchiere e distintivo” senza la “profondità” europea. 

Insieme al Codice dell’anima mi fu regalato Aurora di Nietzsche.

Che ve lo dico a fare? Ovviamente iniziai a leggere prima il filosofo con il martello per cui ho sempre avuto un debole.

E poi, eccomi lì, nella mia camera, rigorosamente sul letto con penna alla mano a sfogliare il libro di James Hillman.

Diamogli una possibilità.”

Ogni autore ha un libro simbolo di inizio. Per Jung è Simboli della Trasformazione, in molti abbiamo iniziato da lì.
Per James Hillman è il Codice dell’anima.

Saltai a piè pari le epigrafi a mo’ di prefazione leggendone giusto un paio, quella di Nabokov e di Picasso. La prima frase che lessi fu: “Ci sono più cose nella vita di ogni uomo di quante ne ammettano le nostre teorie su di essa. Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada.” 

Questa frase attirò profondamente la mia attenzione.

Era mattina. La sera avevo terminato di leggere il libro e avevo un grandissimo mal di schiena.

James Hillman fu un’apertura di un mondo, una folgorazione, un colpo di fulmine. Hillman è stato uno psicoanalista americano, un autore contemporaneo, moderno, provocatore e completo.

James Hillman è il fondatore della psicologia archetipica.

Dopo un paio d’anni ebbi la fortuna di incontrare Ginette Paris su Monte Verità, ad Ascona. Le chiesi quale fosse uno dei ricordi che conservava di James Hillman, suo grande amico: “Hillman era un dottore delle idee. Era un assassino delle idee che non riteneva buone. Era feroce ed aveva un ‘intelletto marziano’. Quando non gli piaceva un’idea psicologica, si arrabbiava e avrebbe sparato a quell’idea.”

Lo stesso Hillman nell’intervista con Laura Pozzo dice: “Mi fido della mia rabbia. È il mio demone preferito. Scrivere e rabbia vanno insieme.

Le origini

Partiamo dal principio.
James Hillman nacque in un Hotel che guardava sul mare in Atlantic City (sì, è la città della serie tv Boardwalk Empire e di Nucky Johnson), il 12 Aprile del 1926 nella stanza 101. La sua famiglia gestiva l’Hotel.

In tempi non sospetti sognai James Hillman, casa sua, la banchina di cemento e il mare di Atlantic City.
Chissà se il mio sogno corrisponde alla realtà, prima o poi dovrò andarci!

James Hillman fu il terzo di quattro figli della madre Madeleine e del padre Julian.

Molti junghiani e astrologi ora già avranno fatto i loro calcoli: sia il Sole, sia la Luna erano nel segno dell’Ariete. Il 1926 è l’anno della Tigre per l’oroscopo cinese.

All’epoca Atlantic city era una città tipicamente americana.

James Hillman ricorda Atlantic City nella sua Biografia a cura di Dick Russell:
“Come fa un luogo ad alimentare l’anima di una persona? Atlantic City era un posto adatto ad una profonda immaginazione, estremamente americano. Un posto anche per un’ottima psicologia. Potevi imparare la finzione e l’ipocrisia, l’ombra, l’estroversione e l’introversione. Abbracciai completamente Atlantic City, anche la sua natura dura. Mi vantavo di essere originario di Atlantic City.”

La famiglia

Madeleine, sua madre, veniva descritta come una donna di straordinaria presenza. Joel, fratello di James, diceva di sua madre: “Lei era la regina. Lei conduceva lo show.” James la ricordava così: “…una figura dominante, molto intelligente e complicata”.

Il padre, Julian, era invece un uomo “mercuriale”, conosceva tutti in città. James diceva che nel voto era Repubblicano, ma nel cuore era Democratico.

Un’altra figura importante nella sua vita fu Sybil Krauskompf, ovvero la sua insegnante, nonché sua nonna, con la quale ebbe una fitta corrispondenza nel corso degli anni.

Da parte di suo padre i nonni erano i ristoratori e gestori dell’Hotel, mentre dalla parte della madre il nonno era un rabbino (Joseph Krauskopf).

Il daimon

James Hillman parla molto del concetto di Daimon: la nostra vocazione, il compagno che ci guida nella vita.

A questo punto mi verrebbe da dire, chi di Daimon ferisce, di Daimon perisce. Vediamo come si manifestò il suo Daimon.

Intorno ai settantanni James Hillman si mise a sfogliare i vecchi quaderni di quando andava a scuola. Vide che le valutazioni delle maestre erano tutte positive tranne una: la grafia. Dovette andare in un doposcuola per allenare la grafia. Hillman rifletté che ovviamente la sua mano aveva paura e non poteva scrivere. La aspettava un compito molto più importante nella vita.

Il daimon si presentava attraverso la sua difficoltà. Hillman infatti è poi diventato uno dei più grandi scrittori di questi ultimi anni.

Michele, ma allora anche io che ho una pessima grafia sono un grande scrittore? No. Mi dispiace, forse sei solo un medico (applausi per la battuta!).
Immaginiamoci come dei quadri. Ogni quadro ha in sé il colore bianco, che però non ha lo stesso significato per ogni opera d’arte. Ogni bianco ha un suo significato specifico, così come ogni pessima grafia ha un significato preciso nella vita di ognuno di noi. 

Torniamo a James Hillman: aveva un’ossessione per le cartine geografiche. Nella sua vita in seguito viaggiò molto, tenne lezioni in tutte le parti del mondo e i suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue.

Questa poesia di Hillman fu scritta in terza elementare e ce la riporta Dick Russell nella Biografia dedicata allo psicoanalista americano: 

“When i go to bed at night
And the door is shut and tight,
And the shades are far down,
The closet door seems to frown.
Then I look upon the wall
And I see faces fat and tall. 
Then they all seem to jumble
And into dream land I strumble.”

(James Hillman, Colored Leaves)

Vediamo già come il piccolo James inciampa (strumble) nel suo “Sogno e mondo infero“.

“Situando il sogno nella Casa di Ade, tra questi fondamentali impalpabili, cominceremo a capire come i sogni riflettano un mondo sotterraneo di essenze, e non un sottosuolo di radici e semi. I sogni presentano immagini dell’essere, non del divenire. Apprenderemo che un sogno non è tanto un commento sulla vita e un’indicazione sulla sua direzione evolutiva, quanto un’enunciazione proveniente dalle profondità ctonie, da quello strano immutabile, denso, freddo, che oggi tanto spesso chiamiamo psicopatia, perché, come ben vide Freud, il sogno non conosce morale, sentimenti umani, senso del tempo.” (James Hillman, Il sogno e il mondo infero)

“Per studiare l’anima dobbiamo scendere in profondità […]” (James Hillman, Il sogno e il mondo infero)

La gioventù

Durante la seconda guerra mondiale lavorò nella sanità militare (US Navy). E proprio in questo frangente che sentì per la prima volta di essere terapeutico, come se sentisse la sua vocazione. 

Dopo la fine della guerra, lavorò nella radio militare in Germania. Iniziarono così i viaggi europei ed orientali. Arrivò a Parigi e frequentò la Sorbona. A Parigi conobbe Kate, la donna che sposò più tardi.

Continuò a viaggiare in Europa, più precisamente in Italia. Apprese molto dalla cultura italiana, che è infatti molto presente nel suo lavoro, e lo sottolinea in “L’anima del mondo e il pensiero del cuore“, dove approfondì le figure di Plotino (italiano d’adozione, secondo Hillman), Marsilio Ficino, e Gian Battista Vico.

“E non mi riferisco semplicemente all’Italia come parte di sotto, come la terra compensatoria dell’inconscio per i popoli del Nord e quindi protestanti. Faccio riferimento piuttosto alla complessità psichica, legata a precise connotazioni storiche e geografiche, che l’immagine Italia sottintende, e che Jung aveva percepito nei significati e nelle emozioni scatenate dall’immagine Roma. Una ricerca su questa Italia, che ne esplorasse il pensiero, la cultura e le immagini, contribuirebbe a cancellare quell’omissione, a colmare la lacuna sull’Italia evidente nella prospettiva di Jung, e quindi anche nella psicologia junghiana. Una ricerca sulla Psiche Italiana, e a partire da essa, sarebbe dunque non solo utile ma anzi necessaria per ampliare il campo della psicologia junghiana.” (James Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore).

A Roma ebbe modo di incontrare, inseme al suo amico Philipson, il grande filosofo spagnolo George Santayana (ormai ottantaquattrenne), filosofo spagnolo e rappresentante del cosiddetto realismo critico. I loro incontri furono molto importanti e James Hillman li ricordava vividamente. Ricordava i “non lo so” che il filosofo usava spesso come risposta e che lo stesso Hillman non ebbe paura di usare nei suoi convegni e seminari. Oppure ricordava che un giorno Santayana gli disse: “Avrei voluto essere un poeta, perché la poesia è stata il mio primo amore. Ma non sposare mai la tua amante.
Hillman diceva che la psicologia, insieme alla scrittura, fu il suo matrimonio e che la sua amante fu la scrittura di storie e drammi. 

Viaggiò molto insieme a Kate. In Jugoslavia furono arrestati per 6 giorni (arresti domiciliari) perché non avevano il visto di transito. 

A Dublino arrivò nel 1948 dove frequentò il Trinity College nel quale si laureò with first class honors.

Nel 1948, Hillman si ammalò di una lieve tubercolosi ad un polmone e venne ricoverato in un “sanatorio“. È qui che, per la prima volta, iniziò a scrivere i suoi sogni.

Ma è grazie al suo amico Douglas Wilson, che Hillman incontrò la psicologia junghiana.

Poco tempo dopo Hillman parlò per la prima volta con Jung chiedendogli di poter ristampare sulla rivista Envoy (per la quale scriveva a Dublino) il suo saggio su Ulisse di Joyce. Jung gli rispose che per lui non c’erano problemi, bastava chiedere al Routledge Publishers per i diritti.

Nel 1950 inziò il viaggio in Africa, tra l’Egitto, il Congo, il Kenya, l’Uganda… Probabilmente è nel suo viaggio attraverso l’Africa che introiettò l’importanza degli animali come riflessi di noi stessi. Dopo l’Africa viaggiò verso l’India e il Kashmir. Il lavoro sugli animali avrà enorme importanza sia nella sua permanenza nel C.G. Jung Institute, sia nelle pubblicazioni future.

“La psicologia ha un debito particolare nei confronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale, e se la psicologia non ha completamente dimenticato che anche noi siamo animali, mangiamo con le unghie e coi denti, soffriamo la sete, ci accoppiamo e attacchiamo al seno i nostri piccoli, sporchiamo con le nostre deiezioni punti prestabiliti e andiamo soggetti a varie emozioni, al panico, alla lussuria, all’amore del nido, alla curiosità. Come possiamo capire noi stessi in quanto umani se non abbiamo familiarità con le loro immagini e i loro comportamenti nelle nostre anime? Cosa fanno con noi, e noi con loro nell’intimità più profonda che ci sia, nei sogni? Certo c’è di meglio che osservarli a distanza nei parchi naturali, negli studi scientifici, nelle gabbie degli zoo, nelle foto patinate e nei film sulla natura. 
Balzano fuori da quelle lontananze per ritrovarsi nel nostro letto al buio. È qui che possiamo incontrarli ogni notte, non chiamandoli ma rispondendo alla loro chiamata.” (James Hillman, Animali del sogno).

James Hillman al C.G. Jung Institute

Vi prego, vi scongiuro e vi supplico in ginocchio, non mi fate sentire questa frase “Hillman era allievo di Jung“. Siamo sullo stesso livello di ignoranza quando diciamo “Jung era allievo di Freud” o quando pronunciamo Jang al posto di Jung.

James Hillman non fece analisi con Jung, bensì con Rivkah Schaerf-Kluger, Liliane Frey-Rohn e Carl Alfred Meier.

Il primo articolo all’istituto, quindi probabilmente il suo primo articolo di psicologia archetipica, è intitolato: “Notes on the Meaning of Kali Symbolism.
Come previsto dall’Institute, Hillman dovette sostenere 2 ore a settimana di training analitico con un analista uomo e uno donna (minimo 300 ore). James iniziò l’analisi con Rivkha Schaerf-Kluger mentre Kate iniziò l’analisi con Emma Jung.

In seguito l’analisi proseguì con Meier, l’uomo più influente intorno a Jung in quel periodo. Hillman lo ricordava come un analista molto silenzioso e passivo ma nello stesso tempo molto presente.

Russell nel suo libro ci riporta la prima impressione di Hillman quando vide Jung: “Era un grande evento quando Jung veniva. Ricordo la tremenda impressione della sua statura. Tutti speravano che fosse presente. Come se fosse il Capo tribù o il Guaritore.

Hillman secondo David Hart era il bad boy dell’Institute, al contrario degli altri studenti e insegnanti che erano fedeli e obbedienti seguaci di Jung. Forse è anche per questo che spesso non è apprezzato dai fedelissimi junghiani.

◈ Ma a questo punto cosa accadde nella vita di Hillman? Cosa accadde nel C.G. Jung Institute, come diventò direttore degli studi? Ma soprattutto perché fu “bandito” e “cacciato” via dall’istituto?

A queste domande ho risposto in questo articolo (clicca sul titolo per leggerlo): SCANDALI E TRADIMENTI. JAMES HILLMAN AL C.G. JUNG INSTITUTE.

Nel frattempo visitate il nostro gruppo su Facebook: James Hillman – La valle del fare anima. 

E voi cosa ne pensate del grande psicoanalista americano James Hillman? Scrivetelo nei commenti qui sotto.

Info sull'autore

Michele Mezzanotte

Psicoterapeuta, Direttore Scientifico de L'Anima Fa Arte. Conferenziere e autore di diverse pubblicazioni.

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