Ci preoccupiamo sempre se è giusto o no correggere i bambini. Spesso il rimprovero prende il posto della correzione. In questo articolo vedremo quando è giusto correggerlo e quando invece è giusto lasciarci correggere da lui.




Si, avete letto bene: lasciarci correggere da lui!

Impediamo al bambino di svolgere la sua funzione di fattore di modificazione. Correggiamo il bambino anziché lasciarci correggere da lui. (James Hillman, Figure del mito)

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“Mio figlio ha 7 anni e non riesce a stare mai fermo. Oltre ad essere molto iperattivo, mi dà problemi a scuola. Spesso le insegnanti mi chiamano per parlare della sua condotta. Mio marito lo corregge e lo rimprovera severamente con scarsi risultati. Io sono più accomodante, ma questa situazione mi preoccupa non poco. Le scrivo per chiederLe un consiglio su come devo comportarmi.” (Alessia)

Vi ricordate quando da bambini gli adulti ci correggevano? Quali erano i nostri sentimenti?

Rabbia, umiliazione, frustrazione e senso di colpa.

Abbiamo basato molte delle scelte di quando eravamo bambini su questi sentimenti.

Il bambino apprende per emozioni, non per concetti.




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Le parole che spesso usiamo per correggerlo – “non si fa”, “stai attento“, “questo si fa così…” -, sono inutili.

Siamo cresciuti attraverso questi sentimenti. Risultato? Prendo in prestito il titolo di un testo di James Hillman per farne una battuta: 100 anni di correzioni e il mondo va sempre peggio!

A che serve correggere un bambino? O forse la domanda esatta da porci è: a CHI serve correggere il bambino? Serve al genitore o al bambino?

Alessia scrive “mi dà problemi”. Questa frase è emblematica. Sono le insegnanti e i genitori ad avere problemi, non il bambino, ma nonostante tutto è lui ad essere corretto.




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Quali sono gli errori quando correggiamo un bambino?
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Sono 3 gli errori più comuni del correggere:
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1. Il primo è di trasformare la correzione in rimprovero.

In questo modo insegniamo al bambino che la correzione è un’esperienza negativa. Così costruirà le sue correzioni basandosi su emozioni negative e non su quelle positive.

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2. Il secondo rischio è di prendere il controllo dell’azione del bambino non lasciandogli la possibilità di creare la sua strada e di far sbocciare il suo carattere.

Sostituiamo la nostra esperienza a quella del bambino, anche se ancora non è stata esperita. Lo blocchiamo nel pieno dello sviluppo creativo.

Ogni bambino ha una sua strada da percorrere. Lasciamolo libero di fare la sua esperienza.

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3. Trasformare la tua esperienza in legge universale, non tenendo in considerazione che potrebbe essere un errore per quel bambino. Correggendoli li conduciamo sulla via dei nostri errori, che non sono pochi. Tanto vale che i bambini ne percorrano di nuovi.

L’iperattività del figlio di Alessia è un errore per i genitori e la scuola, che sempre più spesso sono contesti in cui l’energia è castrata dalle regole. Per il bambino essere se stesso è la cosa più importante. L’iperattività è semplicemente un indice di una grande energia del bambino che deve essere espressa.

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Che cosa è il bambino?
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Il bambino è follia diceva Rousseau. Follia intesa etimologicamente come qualcosa che si muove in continuazione (lat. Follere), o più poeticamente un pallone pieno di vento per giocare (lat. Follis).

L’infanzia è “semplicemente” il luogo della follia intesa come trasformazione e movimento, sul quale noi proiettiamo le nostre idee, ricordi, emozioni e sentimenti.

Hillman afferma che l’infanzia è una particolare modalità d’esistenza, di percezione e di emozione, legata al cambiamento.

Sappiamo che a livello neurologico il bambino è molto più elastico ed intelligente di un adulto.

Alla nascita ha 10 miliardi di neuroni. I primi tre anni li passa a creare connessioni neurali con una facilità estrema; elasticità che noi adulti non possediamo. Basti pensare che un bambino intorno ai 6/7 anni ha fino a 5/7 volte più connessioni neurali rispetto ad un adulto.

I bambini sono più pronti di noi ad affrontare la vita.

…Michele, ma allora quando è giusto correggere il bambino?

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Quando è giusto correggere un bambino?
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La risposta potrebbe essere “mai”, soprattutto se scambiamo la correzione per rimprovero o impediamo un’esperienza al bambino.

Raffaele Morelli, nel suo ultimo libro Crescerli senza educarli, afferma che abbiamo creato una cultura di una finta educazione. Siamo super-preoccupati dei figli. Probabilmente siamo i genitori migliori della storia. Ma abbiamo un modello di perfezione troppo forte. I bambini sono autonomi, sanno giocare da soli.

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Correggere vuol dire guidare, condurre. Il bambino va guidato nell’esplorazione del mondo e delle emozioni. Il resto verrà da sé.

L’importante nella correzione è di non cadere nei tre errori che ho citato sopra.

Siamo esseri riflessivi, quindi cerchiamo di metterci in gioco ogni giorno, perché non abbiamo niente da insegnare ad un bambino, se non noi stessi e il nostro modo di essere e di comportarci.

Se viviamo in modo felice, insegneremo questo modo di vivere al bambino. Se viviamo tristemente, faremo capire al bambino di dover vivere nella tristezza.

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Quando dobbiamo lasciarci correggere dal bambino?
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Novalis affermava che l’infanzia è l’età dell’oro.

L’infanzia è il tempo nel quale siamo più pronti a creare connessioni neurali nuove. Dovremmo solamente imparare dall’infanzia, intesa come luogo della follia e del cambiamento.

Dovremmo semplicemente imparare ciò che abbiamo dimenticato: vivere come un bambino che conosce cose nuove, ed è aperto a nuove esperienze. Dal bambino possiamo imparare la follia, l’elasticità, la creatività e il cambiamento.

In questo caso, come esempio cinematografico mi viene in mente Hook – Capitan Uncino, in cui Robin Williams interpreta un Peter Pan ormai adulto che ha dimenticato di avere anche una parte puer. I bambini sperduti lo aiutano a ritrovarsi, e in questo modo a ritrovare la fiducia dei figli, tornando in contatto con il suo puer aeternus.

Siete ancora scettici? Ascoltate Dostoevskij

“I grandi non sanno che, perfino sulle questioni più difficili, un bambino è in grado di dare un consiglio assolutamente serio. Dio mio, ma quando uno di quegli uccellini vi fissa con uno sguardo così felice e fiducioso, come non provare vergogna a ingannarlo? Li chiamo uccellini perché, secondo me, al mondo non c’è nulla di meglio degli uccellini. […] L’anima si risana grazie al contatto con i bambini…” (Fëdor Michajlovič Dostoevskij, L’idiota)

Nella mia esperienza analitica mi sono sempre rifiutato di lavorare con i bambini in analisi. Non lo trovo utile, né necessario. Piuttosto troverei utile lavorare con i genitori dei bambini.

Scusa Michele, allora come fai a dire queste cose sui bambini se non ci hai mai lavorato?

Lavoro come istruttore federale di minibasket in un centro sportivo della mia zona, e svolgo attività di psicomotricità presso le istituzioni scolastiche. Allenando i bambini mi sono reso conto che loro sbagliano solo se io sbaglio ad impostare un allenamento, ovvero se sbaglio ad essere una guida. Allora ho imparato che correggendomi, correggo i loro errori.

Per iniziare, sostengo: l’educazione è educare se stessi, la formazione è formare se stessi (Hans-Georg Gadamer)

Inoltre, ho imparato a lasciarmi guidare dalla loro fantasia e ad essere il più naturale possibile con loro.

Lasciarsi guidare da un bambino che gioca è un’esperienza unica, che risveglia la nostra parte “infantile”.

In questo contesto, a contatto con i bambini, ho capito che correggere non educa, e soprattutto non insegna. L’apprendimento che passa dall’emozione e dall’errore è molto più diretto ed efficace.

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In conclusione?
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“Ciò che educa il bambino è il modo con il quale i genitori vivono…” (C.G. Jung, Opere, Vol. 6)

Il miglior genitore è colui che è naturale e semplice, autentico con se stesso.

I bambini, come abbiamo detto prima, sono autonomi e non necessitano di regole. Sono autonomi (greco: autos – nomos) nel senso che generano da soli delle regole ma, soprattutto, ne trovano di nuove.

La maggior parte dei comportamenti che correggiamo nei bambini riguardano emozioni di rabbia, aggressività e libertà. Lasciamoli liberi di entrare in contatto con queste emozioni, perché sono vitali per un essere umano.

Lasciamo esperire queste emozioni al bambino, in quanto servono come motore di cambiamento.

Nessuna emozione è assolutamente negativa. La rabbia ad esempio può essere “educata”, ovvero condotta, ad essere propositiva.

Di quante emozioni ci siamo privati durante la vita senza saperne il perché? Ma soprattutto di quante emozioni ed esperienze priviamo i bambini correggendoli, solamente perché ce ne siamo privati noi stessi?

Concludo chiedendo al grande psicologo svizzero C.G. Jung: caro professore, è giusto correggere i bambini?

“Dovremmo innanzitutto esaminare attentamente se tutto ciò che vorremmo cambiare nei bambini non sia qualcosa che andrebbe piuttosto cambiato in noi.” (C.G. Jung, Opere, Vol. 17)

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Se hai trovato interessante questo articolo, oppure se hai da riportare qualche riflessione o esperienza personale puoi scriverla qui sotto!
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Grazie e a presto.
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Info sull'autore

Michele Mezzanotte

Psicoterapeuta, Direttore Scientifico de L'Anima Fa Arte. Conferenziere e autore di diverse pubblicazioni.

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