Orfeo e Euridice ci insegnano a sfidare il tempo

(l’immagine di copertina è un’illustrazione di Giulia Rosa. CLICCA QUI per vedere gli altri suoi lavori)

E da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo

(Pablo Neruda)

Siamo alle porte della “festa degli innamorati”. Ogni scusa è buona per festeggiare. Ogni occasione è buona per rompere la monotona routine e darci un motivo per palesare la nostra apparente felicità. D’altronde, ogni pretesto è più che utile se ci permette di amare davvero. Non voglio dilungarmi qui su cosa psicologicamente voglia dire amare. Desidero, invece, concentrarmi, su cosa può voler dire amare a distanza. E ragionare così su una chiave di lettura atipica dell’amore a distanza. Uno spunto sarà il mito di Orfeo e Euridice. Forse avremo così un’indicazione controintuitiva: gli amori a distanza sono quelli che durano di più.

Declinazioni di amore

Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto,
e se così fosse… mille volte vorrei nascere per mille volte ancor morire
(William Shakespeare)

Una premessa. Come ho già scritto altre volte, “amore” è un lemma che si può scindere in “a-mors”: senza morte. Un’emozione, un sentimento, un vissuto, una narrazione…un’entità talmente impattante che nemmeno la morte può portare via. Non solo la morte fisica. La morte intesa come cambiamento. Può cambiare la nostra vita, ma l’amore per una persona, un animale, per una passione ci segna indelebilmente. Contribuisce a formare la nostra identità.

Il Covid e la narrazione della pandemia ci ha abituati a vedere anziani innamorati separati da teli in plexiglass, persone che chiedono di affrontare il ricovero nella stessa stanza. Ci ha spinto ad adattarci alla distanza fisica, a trovare strumenti, tecniche e momenti per ridurre questa distanza. Ci ha perfino introdotti all’uso del termine “congiunti” per declinare diverse forme di amore.

L’amore. Il legame che lega non solo due partner, ma che unisce gli animi di persone, luoghi, animali, passioni. Il 14 febbraio è la festa dedicata a due partner, a persone che sono unite da sentimenti “simil-coniugali”. E anche qui l’etimologia del termine ci viene in aiuto: coniuge deriva dal latino coniux, ovvero cum e iux, con diritto. Un sentimento che, unito al diritto delle leggi, etiche, morali, religiose o dello Stato, assume la dignità di una nuova unione: come se nascesse una nuova persona.

In questo senso, il 14 febbraio diventa la festa delle nuove unioni. Delle persone che vivono un sentimento tanto profondo da far nascere una nuova identità.

Per far nascere una nuova identità la distanza è un limite?

Il mito di Orfeo ed Euridice

Poiché non esistono due individui perfettamente uguali, ci sarà una sola determinata donna che corrisponderà nel modo più perfetto ad un determinato uomo. La vera passione d’amore è tanto rara quanto il caso che quei due s’incontrino (Arthur Schopenhauer)

Per parlare di amore a distanza vorrei leggere spunti del mito di Orfeo e Euridice, l’impresa fallita di chi scende negli inferi per amore, ma che per l’istinto di guardare la persona amata, sperimenta non solo la delusione, ma la condanna dell’altro.

In questo mito risiede la regola del “noli respicere”. Non guardare. La regola etica per cui si è ritenuto che si dovesse arrivare al matrimonio senza aver conosciuto in un rapporto sessuale il partner e nemmeno altri partner.

In qualche modo c’è la regola che vorrebbe gli amori a distanza più duraturi a lunga scadenza.

Mi spiego meglio. Orfeo amava Euridice. Più che di amore oggi parleremmo di una frenesia di amore. Anche perché Euridice non corrispondeva a questo amore. Muore, cade negli inferi, proprio per fuggire a Orfeo. Un incantatore, che, con la sua musica, riesce ad affrontare anche l’inferno pur di raggiungere la donna amata e ricondurla in superficie, nel mondo dei vivi. Orfeo folle d’amore per una donna che non lo corrisponde. Orfeo tanto innamorato della musica da farla diventare lo strumento con cui ingannare perfino l’inferno. E poi puff. In un attimo, quando si era arrivati sulle soglie del mondo dei vivi, l’istinto della presenza annulla tutto. Condanna Euridice alla morte e Orfeo alla solitudine.

Cosa ci racconta questa storia? Molto. Davvero tanto.

Ci racconta di come non ci sia amore se non è corrisposto. Ci racconta che per amore diventiamo tutti imbonitori. Ci racconta che a volte la distanza può salvarci.

Insegnamenti da mito

Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai (Gabriel Garcia Marquez)

Andiamo con ordine. Perché Euridice fuggiva e Orfeo non si arrendeva? Probabilmente una prima spiegazione risiede nella convinzione di secoli fa che una donna non aveva il diritto di rifiutare le attenzioni di un uomo, figurarsi se di un semidio.

Oggi questa fase del mito ha una doppia morale: l’infatuazione di amore nel singolo individuo non si spegne con il rifiuto da parte dell’altro. È la coscienza che dovrebbe far ammettere che un amore non corrisposto non può essere amore. Lascerà comunque una traccia indelebile in noi. L’altra morale, profondamente psicologica, è che per accogliere l’amore ognuno di noi deve morire, deve scendere negli inferi. Sì, perché accogliere quell’amore che fa nascere una nuova unione, ciascuno di noi deve morire a se stesso. Deve scendere negli inferi tanto da affrontare i propri demoni e ri-nascere a persona nuova, tanto nuova da avere spazio anche per l’altro.

Amore è anche imbroglio. Purtroppo è così. Nella fase dell’innamoramento, del corteggiamento, ciascuno di noi, implicitamente, mette in mostra e vede i lati migliori, di sé e dell’altro. È nel proseguire l’amore che si scopre l’altro per come è. È nella fase di conoscenza dell’altro che l’amore si diversifica dall’infatuazione e mette radici che possono sfidare l’unicità dell’individuo.

Orfeo e Euridice ci dicono che la distanza può salvarsi. Sapete perché?

La questione è nello spazio vitale. In un film di Carlo Verdone, dopo un divorzio travagliato, il protagonista trova un nuovo amore, basato sulle zone neutre. Appartamenti separati. Spazi di decompressione. Trucchi che non negano la condivisione di amore, ma che lasciano anche lo spazio per l’individuo.

La distanza non è solo vivere in altre città per motivi di lavoro. La distanza non è l’incomunicabilità che spesso nasce nelle coppie dopo anni di condivisioni. La distanza non sempre è qualcosa di pericoloso e dannoso per una coppia. Non è quella del “ti sento distante”. La distanza di Orfeo ed Euridice è quella differenza spazio-temporale che permette all’altro di uscire dagli inferi, di uscire dalla caverna platonica, per sorgere alla luce di una identità nuova, di coppia.

Conclusioni

Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio (Nelson Mandela)

La distanza si può scegliere e si può sopportare. Si può anche dire di non essere in grado di vivere un amore a distanza. Ma la distanza salva se permette lo spazio e il tempo per conoscere l’altro, accogliere l’altro, ammettendo anche lo spazio per il Sé. E se gli spazi per due Sé individuali si incontrano, ecco che nasce il terreno per l’amore coniugale. Non l’amore che si forgia solo attraverso il matrimonio. Ma quel sentimento che non muore (a-mors) e che si fonda sul diritto coniugale (con-iux), ovvero su quelle convinzioni radicali, etiche, morali e spirituali, non accademiche, ma che costituiscono le radici di ciò che siamo. Anche attraverso la discesa negli inferi.

P.S. CLICCA QUI per leggere Amore Vs Innamoramento: le differenze psicologiche

Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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