Psicologia della discesa agli inferi e della risurrezione

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio (Italo Calvino, Le città invisibili)

Ci sono persone che hanno vissuto l’inferno. Ci sono storie di donne e di uomini che si sono fuse con una condizione infernale. Ci sono storie di donne e di uomini che dall’inferno sono usciti e hanno continuato il loro percorso di vita, in una sorta di rivisitazione del mito di Orfeo e Euridice. L’inferno può essere un luogo di vita? L’inferno può essere una condizione dell’anima? L’inferno è sicuramente un simbolo psicotropo, un insieme di paura, di dubbio e di prova, da cui, però, ogni psiche può rinascere. E ci sono innumerevoli strade psicologiche per tentare di comprendere questo fenomeno.

Gli inferi dell’umanità

Da quando l’uomo non crede più all’inferno, ha trasformato la sua vita in qualcosa che somiglia all’inferno. Non può farne a meno (Ennio Flaiano)

I sopravvissuti all’olocausto molto spesso hanno potuto affermare di aver visto l’inferno. La storia ci racconta che nei lager tutto ciò che si può definire umano andava via via scomparendo. I deportati rinunciavano alla loro libertà, al loro nome, alla loro appartenenza all’umanità. E si trovavano a vivere in un luogo separato dal mondo, dove la vita stessa era al contempo il bene supremo da difendere per le vittime e una mera merce di scambio per i carnefici. Nella storia dell’umanità, l’inferno, se lo intendiamo come luogo di negazione di dignità della vita, ha avuto diverse occasioni di esistere. Possiamo venire a conoscenza dell’inferno del commercio di schiavi, di donne e uomini trattati alla stregua di merce di infima categoria, venduta al mercato del migliore offerente. Donne e uomini sottoposti a trattamenti crudeli, difficili da immaginare nella normalità del quotidiano. Possiamo venire a conoscenza dell’inferno moderno, dei lager libici o dei tanti crocevia delle migrazioni. Possiamo guardare a questi luoghi come a spazi dove l’umanità cede il passo al profitto e alla delinquenza. Luoghi dove vige la legge del più forte, dove una vita viene considerata come un ammasso di dollari, di euro o di qualsiasi merce di scambio. Sono luoghi che spesso tutti noi scegliamo di non guardare. Luoghi che fanno in modo che la regola dell’”aiutiamoli a casa loro” sembra avere un suono diverso. E chissà che tanti di quelle donne e di quegli uomini che vivono quell’inferno non avrebbero preferito avere una casa e una vita dignitosa, piuttosto che dover affrontare una katabasi così massacrante. C’è l’inferno degli ospizi-lager. C’è l’inferno delle donne, delle bambine, dei bambini, degli uomini ridotti in schiavitù sessuale. C’è l’inferno di chi si trova in balia della criminalità, degli strozzini, dei ricatti di guru e santoni. C’è l’inferno delle dipendenze o delle malattie di ogni forma da cui sembra impossibile liberarci. C’è l’inferno ogni volta che l’umanità viene negata. C’è inferno ogni volta che neghiamo a una persona il suo diritto all’autodeterminazione in nome di un profitto, in nome della supremazia di un terzo o di un interesse particolare. C’è l’inferno collettivo di un popolo, dio un’etnia e c’è l’inferno privato che può capitare a ognuno di noi. Sì, l’inferno può capitare a ognuno di noi. Qui, nella democraticità della condizione infernale, c’è la prima consapevolezza con cui fare i conti: molto spesso l’inferno non è meritato. Molto spesso l’inferno capita, senza una ragione particolare. Tuttavia, ci sono storie e miti che ci mostrano che l’inferno può essere sconfitto. Ci sono storie e miti che ci urlano in faccia che anche dall’inferno si può venire fuori, cambiati, certo, ma con una vita intera da vivere.

L’inferno mitologico

Un uomo che non è passato attraverso l’inferno delle sue passioni non le ha mai superate (C.G. Jung – Ragione e Sentimento)

Molti eroi della mitologia hanno dovuto affrontare una discesa negli inferi per arrivare a poter compiere il loro destino. La Divina Commedia dantesca è la pietra miliare della cultura occidentale per raffigurarsi non solo l’inferno, ma il percorso di consapevolezza che l’uomo può compiere per venirne fuori, per uscire a guardare di nuovo le stelle.

In molte culture, l’inferno è visto come un luogo di assenza di luce, come il luogo delle ombre, dove il sole non arriva mai a sorgere. In molte culture, l’inferno è raffigurato come uno spazio dove fuoco e buio hanno il loro dominio. Nei Vangeli cristiani, l’inferno è paragonato al fuoco che bruciava in modo perpetuo alle porte della città di Gerusalemme per bruciare rifiuti. Un fuoco eterno dove non esiste la coabitazione degli elementi, ma solo il fuoco, elemento primordiale che elimina ogni radice di vita. In molte religioni, l’inferno è il luogo della negazione della vita o della bellezza della vita. È il luogo dove vivono le anime condannate alla dannazione e i demòni. L’inferno, inteso come il luogo in cui vivono i demoni, può trasformarsi in un luogo di prove. Un luogo dove ciascun essere umano transita almeno una volta durante la propria vita. Sì, perché, prima o poi a tutti può capitare di transitare per l’inferno. A tutti capita di doversi confrontare con i propri demoni. Perfino con la morte stessa, una delle più grandi fonti di incomprensione della vita, prima o poi tutti ci confrontiamo. Le storie degli eroi, la storia stessa di Gesù Cristo, sono storie di nascita, morte e risurrezione, in cui tutti si confrontano con l’inferno e si trasformano nel corso del viaggio di confronto/scontro con i propri demoni. Da questa chiave di lettura, ciascuno può intuire come l’inferno, seppure associato a un’idea di terrore, può essere un luogo da cui psiche e anima possono uscire vittoriose. Come?

È possibile domandare a tutte le persone che hanno sopportato sulla loro pelle prove disumane. Potere provare a guardare con occhi diversi i migranti che vivono nelle città assieme a noi. Addirittura potrebbe essere utile smettere di girarci dall’altra parte quando incontriamo sofferenza davanti a noi. Può essere utile anche guardare alla nostra storia individuale, agli avvenimenti accaduti a ognuno di noi. Sì, ciascuno di noi ha con sé un ricordo doloroso. Ciascuno di noi ha vissuto almeno un’esperienza da cui credeva di non potersi liberare.

Il nostro mondo è basato sull’energia e sulle trasformazioni. Ed uno dei principi fisici fondamentali sostiene che l’energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. L’anima e la psiche sono contenitori di energia a cui diamo forma attraverso la nostra vita. L’inferno non diventa il luogo dell’assenza di energia vitale, ma lo spazio in cui la nostra energia psichica viene messa alla prova. Sono luoghi, momenti, esperienze, in cui la nostra capacità di essere, restare e sentirci umani è messa alla prova.

Nei lager di ogni colore e di ogni epoca storica, il male, ovvero il tentativo di annullare l’umanità, non ha vinto. In ogni lager, in ogni tentativo di negazione di vita e di umanità, è sempre rimasta accesa anche una sola piccola fiamma di vita e di umanità. La fiamma di chi ripeteva con sé poesie e opere d’arte a memoria. La luce di chi ha utilizzato le proprie energie per rimanere in vita. La fiamma di chi ha difeso un altro essere umano. La fame di vita di chi ancora oggi affronta il dolore, fisico, emotivo, mentale, per conquistare il sogno di una vita nuova.

Conclusioni

Inferno è quando le cose non si compiono. Inferno è ogni seme che non diventa rosa. Inferno è quando la rosa si convince che non profuma. Inferno è un passaggio a livello che si apre su un muro (Alessandro D’Avenia, Ciò che inferno non è)

Esistono innumerevoli inferni. Che siano inferni dell’anima, del corpo, della religione, poco importa. Ciò che conta è che l’inferno termina nel momento in cui si dà spazio alla vita e alla sua dignità. L’inferno per la psicologia può essere letto come il luogo in cui la nostra energia vitale fa la differenza. Sì, l’inferno esiste. Ma esiste anche la capacità di uscirne e di dare nuova energia all’energia della vita.

P.S. CLICCA QUI per leggere SCENDERE NEL MONDO INFERO, entrare nello spazio d’analisi

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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