Tradizioni e tradimenti

Già in altri articoli ho parlato del meccanismo della memoria. I ricordi non sono trascrizioni fedeli di eventi passati ma sono nuove riedizioni di quegli stessi eventi. Si affacciano nella nostra psiche, per diventare attuali. Vengono re-immaginati per trovare un posto nel presente piuttosto che nel passato.

Raccontare in terapia un evento del passato ha la sua ragione d’essere proprio per trovare, nell’oggi, il senso di questo racconto piuttosto che farne la causa di nostri modi d’agire oppure causa del nostro malessere. Terapia, malessere, ricordi. Parono legati gli uni agli altri e tutti che si alimentano a vicenda. Si va in terapia perché si sta male e andando in terapia ci si ritrova a raccontare la propria biografia al professionista che, dal suo, ascolta, accoglie e riordina questa biografia. Un ordine che si va creando seduta dopo seduta, con i suoi avanzamenti e con i suoi passi falsi. Un ordine che richiede lunghi tempi per essere delineato e nel frattempo si continua a stare male seppure è una sofferenza diversa, è una sofferenza che fa muovere, che fa crescere, che non sembra fine a se stessa, che non sembra senza fine.

Lì sta la cura. Nella ricerca dello scopo, del fine altro.

In tutto questo lavorio di ordine, divisione, assegnazione di responsabilità, lacrime e sangue, le immagini – che siano fantasie o che siano sogni – vengono ad indicarci il percorso da intraprendere.

Le immagini parlano della psiche del paziente e, uno psicologo archetipico, sa che è lei, la psiche, che richiede cura.

L’immagine è portatrice di un’energia che contiene un potenziale trasformativo. … ogni individuo è portatore di un set unico di immagini, che non appartiene a nessun altro. Tali particolari immagini comunicano in un certo modo solo con uno specifico individuo.

Talvolta sono condivise con altre persone, le quali tuttavia non saranno influenzate nella stessa maniera, perché i livelli di energia trasformativa variano a seconda degli individui. Il talento e l’abilità dell’analista si manifestano nella capacità di individuare un linguaggio immaginifico adatto a ciascun singolo paziente. (Y.Kaufmann, la via dell’immagine, p.30)

La cura sta nelle immagini, attraverso di loro, servendole e accogliendole. Alcune immagini si nascondono sotto la forma del ricordo, che viene a bussarci nella testa e si presenta più intrusivo di altri proprio in questi giorni in cui facilmente si naviga tra le memorie del passato.

Il Natale sembra il periodo dell’anno che, più di altri, ci mette di fronte al passato. Le feste, le tradizioni, la famiglia. Oggi è tutto più denso, vicino, palpabile. Si torna in famiglia e si rimettono in scena le solite drammaturgie, i rituali si ripetono con la medesima cadenza perché Natale è innanzitutto tradizione.

Il valore della tradizione

Natale è innanzitutto tradizione. Ma cosa è la tradizione? Se ne amplifichiamo il termine, per tradizione si intende la trasmissione di un patrimonio culturale attraverso le generazioni. Nel suo significato etimologico rimanda al suo uso giuridico, “indicante la consegna di una cosa mobile o immobile, che ha per effetto il trasferimento del possesso della cosa, soprattutto con riferimento al diritto romano” da come ci suggerisce il vocabolario Treccani. Tradizione dal latino traditio, tradĕre, che sta per il nostro consegnare, trasmettere ma anche tradimento.

Come la tradizione si può accostare al tradimento?  La chiave di volta etimologica è contenuta nel prefisso “tra” che entrambi i termini accolgono. Tra sta per oltre. La tradizione e il tradimento trasmettono oltre. Collegano l’individuo con ciò che è oltre, con ciò che va al di là.

Ci troviamo così di fronte a una verità essenziale sulla fiducia e sul tradimento: l’una contiene l’altra e non viceversa. Non è possibile avere fiducia senza la possibilità del tradimento.  Il tradimento avviene proprio in quei rapporti dove è possibile la fiducia primaria. Noi possiamo essere veramente traditi solo quando ci fidiamo veramente – da fratelli, amanti, mogli, mariti, e non da nemici o da estranei. Più grandi sono l’amore, la lealtà, l’impegno, il coinvolgimento, e maggiore è il tradimento. La fiducia ha in sé il germe del tradimento (J.Hillman, Puer aeternus)

Possiamo tradire solo chi ha fiducia in noi e possiamo essere traditi solo da coloro nei quali riponiamo fiducia. E maggiore sarà l’amore, maggiore sarà il tradimento. Tradire ed essere traditi ha certamente degli effetti negativi eppure sono il mezzo attraverso il quale si cresce. Si cresce con e attraversando una crisi. È durante una tempesta che si testa se la nave regge il mare. Il tradimento ci consegna noi stessi, il nostro dolore, il nostro percorso di individuazione.

Conclusioni: Quale tradimento?

Verrebbe ancora da domandarsi quale sia il tradimento del Natale? Si festeggia la nascita di un bambino che, da adulto, avrà nel tradimento la sua massima realizzazione. Solo, in croce, tradito da i suoi fedeli e dal popolo, tradito e abbandonato da Dio padre, diventerà uomo, soffrirà le pene dell’uomo e porterà appieno il suo messaggio d’amore.

Il Natale, ricco delle proprie tradizioni ci trasmette il valore del tradimento. Ci ricorda che la vita è fatta di tradimenti e che sono i tradimenti a consegnarci una sofferenza individuale, una sofferenza che fa da pista al nostro essere nel mondo e al nostro messaggio.

Si va oltre.

E verso quale oltre ci stiamo dirigendo? Oltre le nostre famiglie di origine che dobbiamo necessariamente tradire – e in mille modi, e in numerosi tempi – per far sì che creiamo, a nostra volta, la nostra famiglia. Oltre le loro tradizioni che debbono essere re-immaginate per adattarsi ad un altro logos familiare che deve divenire. 

Andare oltre il proprio padre e la propria madre per diventare noi padre e madre, innanzitutto di noi stessi, poi semmai di altri individui. Andare oltre l’ideale dell’amore come solo fiducia, fedeltà, sicurezza, perfetto rispecchiamento reciproco. Visto così l’amore è utopistico, irrealizzabile e pure asfittico.

Andare oltre l’idea che i ricordi appartengono ad un passato immodificabile causa di ciò che siamo oggi. Sono immagini attuali, sono racconti del presente. Sono uno scopo, non una causa. Quindi andare oltre il proprio racconto e coltivare il seme per farne nascere altri.

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Info sull'autore

Barbara Mazzetti

Psicologa e Specializzanda in psicoterapia ad indirizzo analitico; Collaboratrice presso il Centro di Rieti dell’Associazione Comunità Emmanuel onlus; Autrice di saggi e articoli storico-psicologici.

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