Φαρμακον

«Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non sit.» «Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.» (Paracelso)

In questo articolo propongo una lettura immaginale sul termine farmaco, esulando da quelle che sono le relazioni e gli effetti che questo dimostra nell’ambito della psichiatria.

Introduzione

La parola farmaco deriva dal greco φαρμακον, questa possiede un duplice significato, rimedio ma anche veleno. Il farmaco è una medaglia dalla duplice qualità, positiva e negativa, come afferma qualche riga più su anche Paracelso. Cosa contraddistingue il veleno dal rimedio? La quantità della sostanza che si assume.

Intesa la natura del farmaco vorrei far comprendere quale forma assume questa parola nel contesto psicologico in relazione ad esempi di vita quotidiana. Per questo ritengo utile di procedere con l’analisi del simbolo e della funzionalità del farmaco all’interno del contesto storico filosofico.

L’alchimia

Quale miglior esempio per introdurre il farmaco se non con l’alchimia? Ad un lettore curioso questo termine rievoca immagini legate ad aspetti esoterici, elisir di lunga vita e alla trasmutazione del piombo in oro, ma quanto c’è di vero?

L’alchimia è una disciplina che ha basato i suoi studi sulla fisica e la chimica ma che possiede profonde radici filosofiche. Gli alchimisti, antichi protoscienziati, sono stati i rappresentanti di un movimento che ha implicato l’uso di elementi appartenenti sia alla sfera terrena, come ad esempio i metalli, il fuoco e le piante ed elementi appartenenti alla sfera “celeste” come l’astrologia, la religione e il misticismo.

E dov’è il farmaco?

Nel contesto alchemico il farmaco per eccellenza è la Panacea universale, meglio conosciuta con il nome di Elisir di lunga vita, che ha la capacità di prolungare la vita ed estirpare le malattie per chi lo assume. Il fluido, posto nell’ampolla, viene associato al mercurio e nella seconda fase dell’opus alchemico, l’albedo, mentre l’ampolla rappresenta quel contenitore femminile, forse per il richiamo alla gestazione, dove avviene la trasmutazione, plausibilmente una nuova nascita.

Il termine panacea, appena richiamato, e utilizzato per definire l’Elisir di lunga vita, è il nome di Πανάκεια o Panacea, figlia di Asclepio e di Epione che nella mitologia greca è considerata la dea della guarigione. L’origine del mito di Panacea è dovuta alla credenza da parte dei greci che l’utilizzo di piante, definite magiche, potesse comportare la completa guarigione dalle malattie, per questo la dea è raffigurata con un’ampolla al cui interno c’è la pozione miracolosa.

Il Φαρμακον, nello specifico caso dell’elisir di lunga vita, riprende quelli che sono anche gli elementi appartenenti alla mitologia greca, assumendo quella determinata qualità positiva, definita dall’aspetto funzionale di Panacea che con l’utilizzo della sua pozione guarisce chi l’assume.

Φαρμακον nel contesto quotidiano

Il Φαρμακον dei giorni nostri come si palesa e quali sono le situazioni riconducibili alla sua duplice funzione?

Veleni e medicine sono spesso fatti con le stesse sostanze, sono solo dati con intenti diversi.
(Peter Mere Lathan)

Questa frase di Peter Mere Lathan lascia ben intendere la finalità che mi sono posto ad inizio articolo. Assunto per un secondo il fatto che il Φαρμακον rappresenta alcune azioni della nostra vita, come comprendere quando è il momento di utilizzarlo nel modo giusto?

Ogni azione che l’uomo compie ha la possibilità, alla stregua di un farmaco, di poter ottenere effetti benefici quanto negativi. Un esempio che mi viene in mente è quello dell’acqua, quando l’uomo è assetato la reclama, l’assume, e subito ne assapora l’effetto benefico, ma se dovesse abusarne otterrebbe l’effetto negativo.

Altro esempio è una plausibile situazione in cui l’uomo, costretto dagli eventi, come ad esempio il corona virus, si ritrova a vivere con persone deleterie per la sua psiche. Immagino un contesto famigliare in cui il soggetto a più riprese è costretto ad una convivenza forzata in cui i motivi di stress vengono amplificati. Come può l’uomo affrontare questa situazione senza morirne avvelenato? Questo è un tipico caso in cui è necessario cercare e cogliere gli aspetti postivi da una situazione negativa al fine di stemperare gli effetti “dell’eccessiva dose di veleno” la cui azione (il farmaco) è direttamente proporzionale alla quantità di assunzione.

Un uomo che si trova costretto a condurre una vita apparentemente velenosa, può trarne considerevoli vantaggi se sfrutta quel veleno per trasformarsi. Alla stregua di un alchimista che possiede l’abilità di combinare gli elementi per rendere la pozione una panacea così l’uomo dei nostri giorni ha la possibilità, analizzando gli eventi, di poterli agire differentemente dallo stato abitudinario al fine di mutarne gli effetti.

Il significato di farmaco viene ritrovato nelle azioni dell’uomo e questa chiave d’interpretazione può offrire al lettore una nuova prospettiva per considerare, in questo momento dell’esistenza, gli eventi della vita. Sulla base dell’affermazione di Paracelso per cui tutto ciò che esiste è velenoso ed è solo la dose che ne definisce il risultato, si può dedurre psicologicamente (quindi è possibile affermare), che spesso ciò che non ci uccide ci fortifica. I veleni che siano mentali o reali sono unicamente un aspetto della medaglia del Φαρμακον, per comprenderne l’effetto benefico bisogna esser consapevoli del suo rovescio.

Conclusioni

I latini avrebbero detto Cum grano salis (con un granello di sale).

Il veleno, se assunto a piccole dosi e nel corso del tempo, può ottenere l’effetto opposto di quello che solitamente avrebbe se assunto in un’unica dose, ovvero rinforzare il nostro sistema. L’abitudine al veleno, può essere un vettore per formare in modo progressivo la nostra psiche. Mi viene in mente la frase nessun male viene per nuocere in relazione al fatto che ogni situazione che l’uomo si trova a vivere, soprattutto se recepita come negativa, può essere uno stimolante per avviare un cambiamento in positivo della propria vita.

Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento (Charles Darwin)

P.S. CLICCA QUI per leggere l’intervista: GLI PSICOFARMACI SONO DANNOSI PUNTO E BASTA

Taggato in:

Info sull'autore

Gerardo Iannaci

Laurea magistrale Psicologia Clinica e della Salute. "Creare è vivere due volte". Albert Camus

Vedi tutti gli articoli