Siete stanchi di Joker

Lo so. So che la psiche, come il corpo, si protegge da ciò che è virale. Ma qui vi confesserò qualcosa della psicoterapia. E lo farò chiedendovi di scegliere il vostro psicoterapeuta. Rammentandovi che questa scelta costituisce, di per se, già un principio di terapia. La coppia terapeutica è un’entità delicata, un “noi” le cui potenzialità, al pari di un matrimonio, che sia omosessuale o eterosessuale, risiedono nelle reciproche proiezioni. La coppia è il luogo privilegiato in cui si snoda il gioco più antico della psiche ossia quello degli specchi. Allora nel momento in cui stiamo cercando un terapeuta stiamo già esercitando la proiezione.

Senza l’immaginazione, l’amore ammuffisce in sentimentalismo, dovere, noia. I rapporti falliscono non perché abbiamo smesso di amare, ma perché, prima ancora, abbiamo smesso di immaginare. (J.Hillman, La forza del carattere)

E la psicoterapia inizia quando iniziamo a immaginare il, o la terapeuta. Finisce quando smettiamo di immaginarlo.  Il mio incontro con Joker nella stanza d’analisi mi ha aiutato a capire meglio.

Joker è andato in analisi da Jodorowski

Lo scorso 8 ottobre sono andato al cinema da solo, come spesso mi accade. Volevo vedere il docufilm di Jodorowski, quel noto psicanalista che ha inaugurato con la Psicomagia, lo sdoganamento dell’agito. Mentre Freud predicava l’astinenza e fuggiva l’acting out come fosse veleno, Jodorowski ha sostituito alla terapia delle parole quella delle azioni facendo del veleno di Freud la sua cura. Prescrivere azioni curative dal forte impatto simbolico era la sua strategia. Insomma compro il biglietto, maggiorato per quella unica proiezione. Poi aspetto. Sono dietro la folla esigua di quella sera, cercando di non far vedere il mio coinvolgimento. Si aprono le cordicelle e io seguo il gregge. Entro nella sala 1 e mi siedo. La folla un tempo esigua, si fa deserto nell’enorme sala. Scrollo qualche post nell’attesa che inizi la proiezione. Penso di dover smettere di scrollare in continuazione post in modo compulsivo. Seguo con lo sguardo lo spettatore che torna dopo aver protestato per il ritardo (clichè tipico della mia città). Inizia il film e eccolo lì, Joaquine Phoenix che si stira le labbra in un forzoso sorriso. Non capisco subito che quello era un altro di quegli eventi sincronici che segnano la mia esistenza. Penso ad un errore del proiezionista ma dopo 3 interminabili minuti, inizio a intuire che l’errore è il mio. Esco. Chiedo. Sala sbagliata. Sala 2. Scendo. Puzza di piedi. Mi siedo col piglio dell’intellettuale ritardatario e mi immergo nella più didascalica proposta terapeutica che abbia mai visto. Jodorowsky impatta facendo rimettere in scena il trauma. Ma non alla maniera dello psicodramma. Ma in un modo così realistico da risultare impattante per i più, deprimente per me. Rompiamo una gamba che ci siamo rotti un tempo e ella guarirà. Conosco Jodorowsky e so che le sue intuizioni migliori non risultano commerciali a dispetto delle peggiori. Insomma, Il Festival della madre divorante. Volevo alzarmi e non lo ho fatto. Avrei voluto uccidere la madre, ma non la mia o quella dei casi clinici psicomagici, ma l’archetipo. E non per eliminarla, ma per liberarla dall’abuso che ne facciamo. Intanto tuonava il povero Joker nell’altra sala, reclamava delle cure, e Jodorowsky non riusciva a mitigare il suo dolore.

Joker ti chiama come la terapia

Torno al cinema la domenica successiva. Di nuovo solo. Joaquine è in sala 2. Declassato. Ma la puzza di piedi stavolta fa un effetto cinema 4 D. Si stirano le labbra di nuovo e io stavolta resto a guardare e vedo uno tra i più bei film di Psicologia che abbia mai visto dopo Vita di Pi. La, genericamente chiamata, psicopatia va in scena e, non essendo la prima volta che la incontro, sia dentro di me che nel mondo, non è per me una sorpresa, ma un randevouz con una vecchia fiamma. E’ vero, il film strizza l’occhio al trauma e lo fa in modo corposo. Quasi a tutelare i tanto affezionati alla teoria del trauma. Strizza l’occhio a quella stessa madre divorante ma, a differenza di Jodorowsky, Joaquine sa come curarsi di se, ha un materno piuttosto funzionante. Per questo la uccide, la madre, e, una volta fatto, la psicopatia è libera di riconoscersi causa di se stessa e non come risposta, non come conseguenza del trauma ma con un suo scopo.

Esperienza estetica, una definizione

 Il clangore dell’audio, il contrasto dei colori, la prosa lenta e i movimenti misuratamente goffi del protagonista, i paesaggi suburbi e i personaggi freak, il realismo della terapia della sanità pubblica. Ho tentato in tutti i modi di dire che quel film fosse bello ma tutto sommato niente di spettacolare. Ho tentato di dire che non fossi parte del gregge anche questa volta. E invece il film è oltremodo bello. Illuminante per chi come me non abbia incontrato quelle stesse sofferenze lavorando. E la bellezza la si avverte non mentre lo si guarda, ma qualche giorno dopo. Quando il film continua ad andare in scena nelle tue reveriè. E i post in rete di chi è stanco dei post su Joker ti fanno entrare in conflitto.

Veniamo al dunque. Quale terapeuta sceglieresti?

Poi ho deciso di scrivere in quello stesso gregge di cui faccio parte. E lo ho deciso quando ho compreso che la terapia è semplicemente un metodo di vita. Ogni scuola di psicoterapia fa capo a un metodo del fondatore e quel metodo è semplicemente il modo con cui quel fondatore è riuscito a rimanere vivo e vitale negli anni che gli erano concessi.

Freud sognava di litigare con la madre, si svegliava e ci andava a litigare, come Jodorowsky del resto, e cosi sono rimasti in vita. Jung la sognava e, una volta sveglio cambiava il modo di prepararsi la cena. Hillman, invece, una volta sveglio, raccoglieva le cartacce cercando di curarsi del pianeta. Ma tutti ce l’hanno fatta. E ce la fanno nel film sia Joker che Batman e questi sono i due tipi di psicoterapia che questo film ci pone all’attenzione. Ci invita a riflettere su due modi di restare vivi e vitali. Ma stavolta eroe e antieroe si scambiano il posto.

Allora la domanda è: chi vorresti come psicoterapeuta, Joker o Batman?

Vi spiego la psicoterapia, vi spiego lo psicoterapeuta

Chi sceglie la mia professione lo fa per due motivi di base. O per comprendere la sua psicopatia e prendersene cura. Oppure, sotto l’egida di Apollo, per amor suo (di Apollo si intende) e di sapienza. Mentre i primi sviluppano negli anni l’apollineo, i secondi non conosceranno la psicopatia se non come testimonianza. Cosi come è Joker ha stimolare Batman a farsi eroe con la tecnica (vi ricordo che è l’unico eroe senza superpoteri, per questo non può dirsi “super”) e non viceversa. Sembra proprio che la malattia mentale sia generativa della “normalità” e non il contrario. Insomma è sempre il paziente a testare l’efficacia della cura, specie in psicologia. Ma questa, la Psicologia, troppo spesso si irrita poiché i pazienti si comportano in modi che non aveva previsto. La psicologia vuole che chi ha, quella che definisce lei stessa, una “malattia mentale” si comporti come se non ce l’abbia. Questo scrive il nostro Joker su dei taccuini stranamente in italiano. E la psicologia vuole che gli psicoterapeuti si comportino come se avessero la malattia mentale. Ma se non ce l’hai non ti resta che recitare. Ci prova Joker a recitare, ma invano, così come vano è il tentativo dei terapeuti Batman di stare nella psicopatia. La combatteranno sempre. Un buon psicoterapeuta dovrebbe dunque essere psicopatico?

Ma Cosa è la Psicopatia?

Ora mentre con psicopatia ci si riferisce a una diffusa antisocialità e mancanza di empatia e di emozioni, noi qui ne parliamo  in senso più etimologico, ossia come pathos della psiche ovvero come passione dell’anima.

I greci parlavano di possessione da parte di un dio per raccontare l’inflazione psichica. E di questo si tratta. La rabbia, l’erotismo sfrenato, il terrore di impazzire o di morire, la psicosi, il masochismo, la sodomia, il piombo della depressione, le ossessioni, il feticismio… insomma tutto il DSM non è una catalogo di condotte da cui Apollo sceglie, come fosse il menù di una pizzeria. Il DSM è semplicemente una Teogonia. E’ il racconto degli dei che ci possono possedere. Dunque non possiamo chiedere a un paziente di smettere, sarebbe un atteggiamento tracotante ossia sarebbe come dire agli dèi cosa fare. E gli dèi da sempre puniscono la tracotanza. Quello che possiamo fare è trovare il modo di nutrire quegli stessi dèi facendo in modo che facciano meno pathos possibile. E per farlo dobbiamo aver sviluppato un nostro metodo quando ci hanno posseduti. Se non ci hanno posseduti allora non abbiamo un metodo.

Ogni psicoterapeuta non ha soltanto il suo metodo: è egli stesso quel metodo … In psicoterapia, il grande fattore di guarigione è la personalità dello psicoterapeuta … egli non potrà mai portare un paziente più in là di dove è arrivato lui stesso. (C.G.Jung, La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, p.167)

Cosa è la follia

Ognuno di noi, anche se non si è simpatico, non può fare a meno di essere se stesso, magari può agire sul modo in cui mettersi in relazione col mondo. Identicamente possiamo dire del folle. Da bambino andavo a giocare a calcio al campo di quello che allora era il Manicomio. La tensione e il terrore che provavo attraversando i cortili dei padiglioni era enorme. Rieti, stranamente neobasagliana, lasciava  che gli adolescenti si incontrassero coi folli. E io li osservavo, elettroschockati come erano. E il terrore si faceva stranamente ammirazione. Si i folli erano per me coloro che avevano il coraggio di fare tutto ciò che io reprimevo. Ma le repressioni hanno breve durata. Per questo mi sono iscritto a psicologia per trovare un metodo antidepressivo per transitare le mie psicopatie.

Il terapeuta Batman

Il mondo è sommerso da terapeuti Batman, e in parte anche io lo sono. Batman ha i soldi, o meglio le energie per costruire marchingegni con cui combattere gli psicopatici. E ci riesce bene. Anzi gli siamo tutti grati, io per primo. Si perché non penso che Basaglia sia l’unica lente. Sono contento che i miei figli siano protetti. Quindi invoco Batman, la repressione e la reclusione di ciò che non va. Ma so che quel metodo richiede che il metodo venga prima del paziente. Niente può durare se ci si allontana da quel metodo.

Insomma mio caro Batman, senza i tuoi aggeggi sei fottuto. Invece il vero metodo è creare le condizioni affinchè il paziente possa generare un suo metodo. Molto più faticoso, molto più pericoloso, molto più dispendioso, molto meno sicuro per i miei figli. Dunque mi confesso. Io come professionista sono il peggior nemico di me come padre.

Conclusioni: la doppia faccia dello psicoterapeuta

Il miglior criminale è il miglior poliziotto, il peggior malato è il miglior medico, il peggior cagasotto è il più coraggioso e lo psicoterapeuta? E’ l’altra faccia dello psicopatico. Dunque nella scelta dello psicoterapeuta io ritengo che Joker vinca. Joker comprende le contraddizioni umane, tollera oltremodo la sofferenza, intuisce l’animo a un primo sguardo e la sua psicopatia è la vera cura. Dunque non vi impressionate se il vostro psicoterapeuta sembra essere un po’ tocco, non preoccupatevi se a volte vi sembra che perda la continuità di se, è così che sa prendersi cura. E siate grati a chi lo attende a casa poiché chi lo o la attende è capace di curarsi di lui insieme al mondo. E se lui ha trovato un modo decente di viverci anche chiunque altro può riuscire farlo.

Dunque guardatevi da uno psicoterapeuta che non sa essere “paziente”.

P.S. CLICCA QUI per leggere le 4 qualità inaspettate per uno psicoterapeuta

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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