I bufali in parlamento

che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà; e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire dalla terr (A. Lincoln, Discorso di Gettysburg)

Ieri, 6 gennaio, giorno in cui i cattolici celebrano l’Epifania (ovvero, la manifestazione di Cristo al Mondo), nella capitale degli Stati Uniti d’America abbiamo avuto una epifania moderna e devastante per l’idea di politica e di rappresentazione della politica a cui l’età contemporanea aveva abituato ciascuno di noi. Ieri, 6 gennaio, un manipolo di persone, alcuni con improbabili costumi, come nei “migliori” film di Abatantuono, è entrato nella sede del Parlamento statunitense. All’apparenza, sono entrati quasi indisturbati. Le immagini, che hanno fatto il giro del Pianeta, hanno mostrato una resistenza pressoché nulla della Sicurezza davanti ai manifestanti. Alcuni si sono chiesti com’è possibile che proprio la Polizia USA non abbia aperto il fuoco, perché non c’erano Marines o agenti FBI o Servizi Segreti a impedire tutto questo. Altri si aspettavano quanto prima un evento del genere e, forse, anche peggiore. Cos’è successo ieri nel Parlamento USA?

Un evento che psicologicamente può segnare l’ennesimo spartiacque fra prima e dopo. Un evento con simboli e significati psicologici, che segneranno la nostra rappresentazione di democrazia.

L’anno del Bufalo

Noi, Popolo degli Stati Uniti, allo Scopo di realizzare una più perfetta Unione, stabilire la Giustizia, garantire la Tranquillità interna, provvedere per la difesa comune, promuovere il Benessere generale ed assicurare le Benedizioni della Libertà a noi stessi ed alla nostra Posterità, ordiniamo e stabiliamo questa Costituzione per gli Stati Uniti d’America (Costituzione degli Stati Uniti d’America)

Nel calendario cinese, il 2021 coincide con l’anno del bufalo. Il bufalo è un animale che ha caratterizzato una delle radicali trasformazioni degli attuali Stati Uniti, quando via via sono state estirpate le tribù indiane. I bufali, animali tutelati e rispettati dalle tribù e sterminati dai coloni. Il bufalo, un simbolo di resistenza alle avversità, di forza, di pazienza, di duro lavoro. Un animale che simboleggia molti dei valori così cari all’immagine del racconto del classico cittadino USA. Il bufalo. Animale che si caratterizza anche per la brutale frenesia quando è in pericolo. Il bufalo. Lo stesso costume che uno dei presunti facinorosi indossava fieramente durante l’invasione del Parlamento.

I valori del “vero” cittadino contro la presunta ipocrisia della elitè. La conoscenza di chi sa che c’è stato un imbroglio elettorale (poco importano i dettagli, quando c’è una narrazione coerente e pressante) e che ritiene indispensabile difendere le proprie radici.  Non so quanti “poteri nascosti” ci siano in quanto successo ieri. Non mi interessa parlarne qui.

Ieri c’è stata una esplosione di pulsione istintuale che ha creato uno spartiacque nella storia delle democrazie moderne.  Non c’erano commandi armati, come si vede nei film sugli assalti alla Casa Bianca. Non c’è stata una guerra tra soldati. C’è stato uno scontro fratricida, di simboli e di istituzioni, nel luogo deputato alla rappresentatività del popolo. Lo scontro fra il cittadino deumanizzato e l’istituzione. Da un lato le pulsioni e i “valori” in cui il cosiddetto uomo medio si riconosce tanto da poter perdere i suoi tratti umani, l’uomo che lascia campo al bufalo. Dall’altro una o le istituzioni, che, nell’immaginario di molti, coincidono con palazzi irraggiungibili, con persone in giacca e cravatta e tailleur, dedite alla cospirazione contro il popolo. Istituzioni che non hanno retto di fronte a bufali che hanno voluto appropriarsi della loro rappresentatività.

Una parte del popolo si è riconosciuta in chi ha “ripreso possesso” del Parlamento. Sono entrati, hanno poggiato gli stivali sulla scrivania della Speaker Nancy Pelosi. Addirittura, si sono scattati selfie con alcuni agenti. Una narrazione degli eventi in cui stride anche la sola idea che quattro persone (o solo quattro persone) siano morte in quelle ore. Una narrazione in cui la prima a morire è stata una manifestante, arrivata alla soglia della Sala del Parlamento, veterana. Una donna che aveva prestato servizio nelle forze armate. L’emblema di una prova di guerra civile. L’emblema di una rivoluzione della politica, in cui la deumanizzazione diventa protagonista.

Nessuno tocchi Caino

Nessuno sarà tenuto a rispondere per un reato capitale o altrimenti infamante, se non su denuncia o accusa di un Gran giurì (…) né sarà costretto in un qualsiasi processo penale a testimoniare contro se stesso, né sarà privato della vita, della libertà o delle proprietà senza un regolare procedimento legale (V emendamento – Costituzione degli Stati Uniti d’America)

In molti si sono chiesti come è stato possibile che i manifestanti abbiano potuto entrare con tanta facilità in un palazzo governativo. Se pensiamo alle trafile che facciamo per prendere un aereo o a quanto si impiega per avere un appuntamento in un ufficio pubblico, l’idea che sia sufficiente entrare come bufali rischia di mettere in crisi alcuni dei capisaldi delle basilari norme di comportamento civile.

Perché non hanno sparato? Perché Polizia e Servizi di Sicurezza sono sembrati così impreparati?

La prima risposta che mi sono data a queste domande risiede nella frase “nessuno tocchi Caino”. Non intendo considerare le ipotesi che vogliono vedere una complicità delle Forze Armate o della Polizia. Mi voglio soffermare sull’idea che chi ha dato l’ordine di non sparare ha voluto compiere un gesto di strenua difesa della democrazia. Non si spara sui cittadini.

Nella retorica della narrazione classica di “noi” contro “loro”, non è pensabile aprire il fuoco su parti di “noi” senza avere danni irreparabili.

Voglio essere ancora più chiara. Chi vuole concentrarsi sulla “verità” degli eventi di ieri, troverà solo contraddizioni. È psicologicamente più potente guardare la narrazione degli eventi. Perché la narrazione andrà a coincidere non solo con la nostra rappresentazione mentale, ma con le conseguenze (rivoluzionarie e/o distruttive) che scaturiranno da ieri.

Chi spara su se stesso viene etichettato come auto-lesionista o suicida. Ieri, almeno per le immagini che sono state mostrate, non si è trattato di un assalto di terroristi, armati di mitragliatrici o bombe. Non erano cosacchi, comunisti, terroristi o alieni ad assaltare la democrazia: in questo caso, nessuno avrebbe esitato a dare l’ordine di aprire il fuoco e di neutralizzare la minaccia. In questo caso, ci sarebbe stato uno scontro fra “noi” (gli Stati Uniti d’America, il popolo e i suoi valori) e “loro” (barbari intenzionati a minare le fondamenta del sistema). La narrazione sarebbe stata coerente con l’immaginario generale.

Sparare sul popolo, o su una parte del popolo, avrebbe voluto dire ammettere che anche le Istituzioni scendevano in guerra. In democrazia, anche Caino, nonostante colpevole di omicidio fratricida, ha diritto alla sua vita, a non essere neutralizzato, se non davanti alla Giustizia.

Stanchezza della democrazia

Una delle manchevolezze della democrazia, è di cercare capri espiatori per la sua debolezza (John F. Kennedy)

C’è un ulteriore dettaglio che può interessare una lettura psicologica di quanto accaduto ieri. Dalle immagini mostrate dai media è pressoché impossibile vedere un solo manifestante con le mascherine per il Covid. Ieri abbiamo assistito alla manifestazione della stanchezza verso le Istituzioni, verso gli Apparati. Tante ricerche, tanti articoli scientifici, tanti pensatori hanno messo in evidenza come si arrivi a momenti critici in cui un gran numero di persone cerca “leader forti”, piuttosto che Istituzioni stabili. Una crisi lunga e complessa, come quella causata dal Covid, ha esacerbato una realtà fatta di crisi economica e di diseguaglianze sociali profondi. Gli Stati Uniti d’America sono l’esempio calzante dell’Occidente e delle sue contraddizioni intrinseche. Dentro ciascuno di noi c’è un bufalo. Dentro ognuno di noi c’è una marea di pulsioni, di rabbia, di insoddisfazioni, di valori, di sogni, di speranze… c’è una marea di realtà che, con le crisi, si possono trasformare in un uragano. In cui le Istituzioni sembrano lontane, se non addirittura nemiche. Ieri sono successi eventi che non hanno ancora una loro realtà. Hanno una loro narrazione. La narrazione dei bufali che entrano nel palazzo delle Istituzioni. L’istinto animale che carica la sfera razionale. La morale? Nessuno tocchi Caino.

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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