Tre tipologie di trauma

Il trauma, come tutti sappiamo, è una ferita del passato che ci è stata inflitta, o ci siamo procurati, e che non si è rimarginata nel corso del tempo. Tuttavia, ho notato che non tutte le persone sono ferite dagli eventi del passato, ma ve ne sono alcune che sono fissate nei traumi del presente e del futuro, ignorando totalmente ciò che è avvenuto in precedenza.

In questo articolo, pertanto, presenterò tre tipologie di ferite: il trauma passato, presente e futuro.

Pregiudizi sul Trauma

Prima di spiegare questa triplice valenza del trauma, partiamo con il demolire qualche futile credenza riguardo questo prezioso concetto psicologico, e lo faremo partendo da queste incredibili parole dello psicologo americano Fritz Perls:

Il grande sbaglio della psicoanalisi è quello di dare per scontato che il ricordo corrisponda a una realtà. Tutti i cosiddetti traumi, che dovrebbero essere alla radice della nevrosi, sono episodi che il paziente si inventa per salvare la propria stima di sé. Non è mai stato possibile dimostrare che questi traumi esistano veramente. Non ho mai avuto sott’occhio un solo caso di trauma infantile che non fosse una falsificazione. I traumi sono tutti delle bugie alle quali ci si attacca per giustificare la propria non disponibilità a crescere. Maturare significa assumersi la responsabilità della propria vita, significa fare da soli (F.Perls, La terapia gestaltica, pp. 50/51).

L’errore popolare che si commette quando parliamo di questa dinamica psichica è di credere che l’evento accaduto sia il trauma. Ma attenzione! L’evento accaduto non è il trauma; il trauma è la ferita causata dall’evento. La ferita rappresenta il nostro modo di essere aperti necessariamente al mondo, il nostro modo soffrire.

Perls ci suggerisce che i traumi sono tutti delle bugie alle quali ci si attacca per giustificare la propria non disponibilità a crescere. I traumi sono bugie nel senso etimologico del termine, ovvero sono inganni. L’inganno è quello di condensare dolori presenti ad eventi passati – e come vedremo, presenti o futuri – senza che essi abbiano alcun legame comprovabile. Ad esempio “In passato mi sono rotto la gamba cadendo dalla bicicletta, allora oggi ho paura di farmi male lanciandomi nelle relazioni”, oppure “Mio padre mi umiliava dunque oggi umilio i miei partner”.

Pertanto lo psicologo tedesco/americano non nega il trauma come evento che produce sofferenza, bensì nega il collegare molte delle nostre sofferenze del “qui ed ora” ad un evento di un altro tempo. Bisogna quindi evitare che il trauma si trasformi in un ricettacolo per qualsiasi difficoltà quotidiana, anche perché il modo di vedere la realtà per causa ed effetto non è l’unico.

Per parafrasare Casey: un trauma non è ciò che è accaduto, ma il modo in cui vediamo ciò che è accaduto. Un trauma non è un evento patologico, ma un’immagine patologizzata, un’immagine diventata “intollerabile”, come dice Lopez-Pedraza (J.Hillman, Storie che curano, p.61)

Trauma come luogo dell’anima

Dopo aver detto cosa non è il trauma, vediamo insieme cosa è: il trauma è un luogo dell’anima.

È curioso, come siamo fissati sulle nostre ferite, scrive James Hillman in Psicologia Alchemica, come se eventi dolorosi, violenze e stupri ci costringessero a prendere atto della nostra soggettività.

Visti dalla prospettiva del sale, i traumi infantili sono momenti di iniziazione al senso di essere un “me” dotato di una interiorità personale, soggettiva. Tendiamo a fissarci sulla cosa che ci è stata fatta e sulla persona che l’ha fatta: risentimento, e desiderio di vendetta. Ma per la psiche ciò che conta è che qualcosa sia stato fatto: il colpo, il sangue, il tradimento. Come nei riti di iniziazione, quando la cenere viene strofinata sulle ferite per purificare e scarificare, l’anima è segnata dal suo trauma. Nel battesimo cristiano si usa ancora toccare il corpo con il sale e nella Pasqua ebraica viene mangiato del sale a commemorazione del trauma. Il trauma è un giacimento di sale, e un luogo fisso per riflettere sulla natura e sul valore del mio essere personale, di dove ha origine la memoria e dove ha inizio lo sguardo retrospettivo sulla storia personale. Questi eventi traumatici fanno nascere nell’anima il senso di essersi incarnata come vulnerabile soggetto di esperienze (J.Hillman, Psicologia Alchemica, pp.74,75).

Hillman ci descrive magistralmente la vera natura del trauma: un luogo del passato, del presente o del futuro, un luogo fisso che ci permette di riflettere su noi stessi.

Il trauma lo dobbiamo immaginare come un luogo della nostra memoria, quindi del nostro inconscio, come l’uscio della porta del nostro mondo. Questo luogo rappresenta il nostro modo di soffrire, quindi il nostro modo di essere aperti alla ricerca di noi stessi.

Traum come sogno

Guardando le ferite dalla prospettiva di un luogo, non è un caso, quindi, che in tedesco sogno si dica Traum. Il trauma come ferita è un sogno, ovvero un luogo e un’apertura ad un discorso psicologico. Il sogno è infatti una dinamica psicologica che serve ad aprirci ai discorsi dell’anima, discorsi senza un senso votato alla realtà, e senza le regole del senso comune.

Il trauma è sogno e luogo dell’anima, una porta che, attraverso un evento della vita quotidiana, ci mette in contatto immediato con la Psiche Infera.

Come dicevo all’inizio dell’articolo esistono tre tipi di trauma. Li descriverò usando le metafore proposte da Charles Dickens nel Canto di Natale: lo spirito del passato, del presente e del futuro. 

Trauma passato: lo spirito del passato 

Il trauma passato è il più classico, ciò che tutti conosciamo: un dolore legato al ricordo della vita passata, una ferita della memoria dove, secondo Hillman, risiede l’inconscio. L’immagine che mi viene in mente per descrivere questo tipo di trauma è l‘orologio molle di Dalì, ovvero una fallacia del ricordo. 

Prendiamo ad esempio lo spirito del passato descritto da Charles Dickens: primo dei tre fantasmi che incontra il protagonista di Un canto di Natale. Questo spirito è indefinito, androgino, ambiguo, un incrocio tra un vecchio e un bambino, proprio come lo sono i nostri ricordi: indefiniti e ambigui. È impossibile parlare in maniera definitiva di un ricordo, ogni volta che lo racconteremo, sarà una storia diversa dalla precedente. In questa ambiguità risiede il trauma della memoria, l’insidia del ricordo.

Come uscirne? Charles Dickens ci propone una via: la rabbia. La rabbia di Scrooge che soffoca la fiammella del passato e procede verso l’incontro con il presente.

Trauma presente: spirito del presente 

Un altro tipo di ferita è proiettata al presente, nel qui ed ora. Oggigiorno vanno di moda le psicologie dell’Hic et nunc, ma anche il presente, così come il passato è insidioso e nasconde possibili feritoie. 

Lo spirito del presente descritto da Dickens è un gigante dall’aria giovale ed allegra, capelli riccioluti e tanta abbondanza che lo circonda: un Dioniso. Ed è proprio nel Dionisiaco che risiede il trauma presente, ovvero nell’ossessività a ricercare il piacere nel presente e nel godersi l’attimo che ci scappa tra le dita delle mani.

Per capire questa ferita dobbiamo osservare i vent’enni d’oggi. Essi quando mi descrivono i loro dolori, non mi raccontano madri e padri o preoccupazioni del futuro, ma nella maggior parte dei casi la preoccupazione di essere fuori dal giro dei divertimenti estemporanei. I giovani di oggi escono compulsivamente per divertirsi senza trovare divertimento perché il vero Dioniso non risiede nei locali serali o nelle uscite con gli amici. Il vero Dioniso risiede bugigattoli della Psiche, nascosto agli occhi dei più. Potremmo dire che i vent’enni del 2019 hanno una “relazione complicata” con Dioniso.

Il pericolo del trauma presente, secondo lo scrittore britannico, sono l’ignoranza e la miseria. L’ignoranza è l’assenza di conoscenza che impedisce di osservare con lucidità il presente. Mentre la miseria etimologicamente è la distruzione e l’odio, ovvero le caratteristiche inflazionate dell’archetipo Dioniso.

Come superarla? Umiltà e conoscenza.

Trauma futuro: spirito del futuro 

Infine esiste una terza tipologia di Trauma, la ferita di ciò che non è ancora accaduto.

Lo spirito del futuro è uno scheletro alto e maestoso, con un lungo mantello nero che gli copre interamente il corpo tranne la mano scheletrica con l’indice puntato.

Ebenezer Scrooge pone molte domande allo scheletro che tuttavia non risponde mai. Questo è l’inferno del trauma per il futuro. Porsi continue domande per il futuro senza che esso possa rispondere: “Cosa mi accadrà?”, “Se compio questa azione cosa potrebbe succedere?”, “Quale delle infinite possibilità future mi aspetta?”. Le domande che poniamo all’avvenire non avranno mai risposta. 

Cosa fare? Morire.

Infatti l’unica cosa che ci aspetta nel futuro è lo scheletro, rappresentazione della morte intesa come l’ignoto. Non ci è dato conoscere il domani, pertanto dobbiamo accettare che proprio in questo momento noi stiamo morendo continuamente. Moriamo costantemente insieme al flusso di realtà.

Conclusioni

L’argomento trauma è purtroppo banalizzato e semplificato. In realtà è un discorso molto complesso che spesso si esaurisce solo nella scoperta dei fantasmi del passato.

Tuttavia non tutti hanno una Psiche traumatizzabile dal passato perché possiamo essere feriti dal presente o dal futuro. Credo pertanto che esistano almeno tre tipologie di traumi declinati rispetto al tempo, che aderiscono ad altrettanti tipi caratteriali.

Concludo citando Peter Levine che afferma: il trauma è una realtà della vita, ma non per questo deve essere una condanna a vita. Seguendo la visione psicologica dell’anima, ogni ferita è un sogno, un’apertura e un’occasione per conoscere sé stessi e la necessità del racconto di Psiche. Da questo punto di vista, risulta essere traumatico ogni evento che sfruttiamo per conoscere noi stessi.

P.S. CLICCA QUI per leggere Al di là del Trauma

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Info sull'autore

Michele Mezzanotte

Psicoterapeuta, Direttore Scientifico de L'Anima Fa Arte. Conferenziere e autore di diverse pubblicazioni.

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