In vino veritas

Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa (Charles Bukowski)

Avete presente l’atmosfera delle cene in terrazza, d’estate? Magari con qualche candela accesa per tenere lontane le zanzare. Avete presente il profumo della sangria fatta in casa? Beh, in quel profumo, in quel vino mischiato alla frutta c’è il perpetuarsi di riti antichi. C’è una dinamica di compagnia e con rimandi “spirituali”. C’è un confine sottile fra il padroneggiare il rituale del bere e il diventarne schiavo. Fatto è che nel vino e nel bere ci sono simboli con radici profonde da scoprire. Simboli e radici con cui, nelle diverse epoche dell’umanità, si provava a sentirsi più vicini alla divinità. Simboli e radici con cui sfatare la sorte avversa. Simboli e radici che hanno il potere di tramutarsi in sirene ingannatrici da cui è tanto faticoso liberarsi. Simboli e radici che hanno accompagnato per millenni l’umanità e che, ancora una volta, hanno un senso psicologico su cui proveremo a interrogarci insieme.

Vino: una storia umana

I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti (Salvador Dalí)

I primi reperti di vite risalgono ad oltre due milioni di anni fa. C’è chi dice che si può far risalire l’uso del vino sin dal Neolitico. Questo vorrebbe dire che l’uso del vino esiste ancor prima della nascita della storia. Il vino sembra accompagnare le epoche dell’uomo. Una relazione ambigua, duratura, faticosa. Una relazione paragonabile a quella che si ha con i fratelli o con le sorelle con cui litighiamo più spesso, ma a cui siamo ugualmente legati in modo imprescindibile. Un legame che ricorre in opere letterarie, nella mitologia, nella religione… a volte un legame da combattere: il vino come un nemico peccaminoso. A volte come un prezioso alleato: “l’alcol è un lubrificante sociale”, hanno sentenziato ricercatori della Università di Pittsburgh, su un articolo pubblicato da Psychological Science.

In questa ambivalenza misteriosa risiede una parte del fascino psicologico del vino. Un fascino simile a quello riservato ai metalli preziosi. Un fascino simile a quello dell’oro e dei diamanti, per cui in tanti hanno provocato troppa sofferenza. Se non fosse per il valore materiale attribuito a questi metalli, avremmo la possibilità di confrontarci con qualcosa che sfugge al tempo e all’usura. Materiali su cui sognare.

In modo molto simile al vino, all’alcol in generale. Fino a quando non si è voluto creare dipendenza dal vino, quest’ultimo poteva assumere le sembianze di un compagno di viaggio. Forse risiede nella natura dell’uomo ricercare modi per diventare ricchi a discapito degli altri. Un meccanismo forse racchiuso nel Vaso di Pandora, con cui facciamo costantemente i conti.

Nelle culture di matrice islamica, l’alcol è una bevanda origine di peccato. Priva chi lo beve della capacità di orientarsi nel mondo e nel rapporto con la divinità. Ha il fascino di Lilith, figura mitologica che ricorre in molte culture. L’immagine di una donna-demone in grado di ammaliare gli uomini fino a distruggerli. Il vino ha la voce delle sirene omeriche. La capacità di avvolgere in un canto da cui è impossibile fuggire, se non con una forza di volontà fuori dal comune.

Nel cristianesimo, il vino diventa un veicolo rituale per il rapporto con la divinità. Nella transustanziazione, secondo il pensiero cattolico, durante la celebrazione della messa, il vino cambia forma e si trasforma nel sangue di Cristo. Ed assieme all’ostia consacrata il vino transustanziato assume il ruolo di comunione alla morte e risurrezione di Cristo.

Perché bere

Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere (Charles Baudelaire)

Nella esperienza di molti di noi, il vino, e l’alcol in generale, possono assumere un significato diverso e peculiare.

Durante la Prima Guerra Mondiale le truppe italiane venivano “sostenute” dalla grappa. Diversi resoconti hanno mostrato come fosse necessario “stordire” i fanti per mandarli a combattere. Nella dominazione degli indiani d’America, l’uso dell’alcol ha avuto una funzione drammatica. E poi c’è la funzione positiva. Ci sono i brindisi e il modo di mescere e bere, a significare emozioni diverse.

Nel rituale del mescere il vino c’è il retaggio medievale del rischio di avvelenamento. Versare una bottiglia con il palmo della mano rivolto verso l’alto poteva coincidere con un facile meccanismo con cui versare del veleno nel calice dell’avversario.

Le coppie che incrociano i calici si dichiarano il loro legame profondo e indissolubile: abbiamo bisogno l’uno dell’altro, come il nostro corpo ha bisogno dei suoi rami di vene e arterie..

Molti di noi hanno prontezza della loro reazione all’alcol. C’è chi al primo sorso sembra trasformarsi. Poco importa se la trasformazione è in una persona dalla risata facile e inarrestabile o in una persona profondamente triste. Ciò che conta è la trasformazione. Ciò che conta è il riconoscere il potere di una sostanza così comune su di noi.

Ci sono persone poi che per sentire gli effetti dell’alcol ne fanno uso-abuso. Ci sono persone che usano gli alcolici per fuggire o per annebbiarsi. Ci sono persone che sfruttano l’alcol per farsi coraggio o per buttare giù “barriere”. Non mi soffermerò sull’effetto chimico che l’alcol ha. Voglio sottolineare la parte consapevole che ciascuno di noi ha nel rapporto con il vino.

Bere vino, bere alcolici, ha una potente componente culturale e biologica di cui raramente siamo consapevoli.

Il vino soprattutto andrebbe degustato e non bevuto perché nella sua formazione ci sono processi biologici dai tratti alchemici. La trasformazione dell’uva in vino è un meccanismo che richiede cura e pazienza. E per gli appassionati di enologia, l’alterazione chimica del vino è un sacrilegio. Nel gustare sorsi di vino si possono scoprire profumi e sensazioni. Si possono intrecciare ricordi ed esperienze. Si potrebbe perpetuare il rituale magico che per qualche motivo ha portato il vino sulla strada dell’umanità da millenni.

Tuttavia, il vino, e l’alcol in generale, sanno trasformarsi in mostri tirannici. Sanno trasformarsi in un drago capace di catturare l’intera luce del mondo. Ciò avviene nelle persone che subiscono il bere fino a farne dipendere l’intera esistenza. Ciò avviene per quanti senza bere fino all’ubriachezza non si sentono in grado di dirsi divertiti. Ciò avviene per chi senza bere non trova il coraggio per mostrarsi come realmente si sente.

Conclusioni

La vita è troppo breve per bere vini mediocri (Johann Wolfgang von Goethe)

Il vino ricorda molto le pozioni magiche. Ho sempre immaginato che Obelix bevesse una pozione al sapore di vino per scoprire tutta la sua forza. Il vino, come tutte le pozioni che hanno un effetto sui nostri pensieri, va usato con l’accortezza degli stregoni. Come nei rapporti complessi a cui riconosciamo il diritto di farci soffrire, così per il vino: va maneggiato con cautela. Sapendo però che nell’umanità esiste una complessità tale da non aver bisogno di altre sostanze per dirsi completamente esseri umani.

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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