Fareste l’amore con un sexbot?

Nel film del 2001 “A.I” di Spielberg il protagonista, un bambino-robot abbandonato, incontra un sexbot interpretato da Jude Law. Questo androide sessuato è stato costruito per soddisfare i pruriginosi desideri femminili e da qualche anno è approdato su Amazon anche in versione ginoide, per uomini.

Molti storceranno il naso eppure il mercato è florido e in crescita. Segno che c’è “domanda”, termine che è un mascheramento ermetico di desiderio.

Il sexbot ha il merito di animare dibattiti: il femminismo vede nel robot l’ennesimo tentativo di oggettificare la donna; molti psicologi ci vedono la perdita della capacità di relazionarsi all’altro e quindi una tendenza generale verso la perdita delle capacità empatiche; altri vedono nel sexbot uno strumento di democratizzazione sessuale attraverso cui la sessualità può essere distribuita anche a chi non riesce ad avere un partner; non mancano visioni ultraottimistiche dove si fantastica che i robots cannibalizzeranno il mercato della prostituzione fino a infliggergli il colpo di grazia, visione che fa da contraltare allo slogan ultrapessimista “i robot ci ruberanno il lavoro”.

Ci accorgiamo che queste visioni sono mosse dall’urgenza di contestualizzare il fenomeno e, seppur ci dicano molto sulle esigenze degli uomini che le producono, non ci dicono nulla sul sexbot. Vediamo cosa ne pensa la Psicologia Archetipica.

Sexbot e Psiche

La Psicologia Archetipica parte dal presupposto che gli esseri umani siano governati da forze transpersonali e ciò che vediamo come appartenente all’uomo è in realtà una manifestazione di Anima. Per continuare a capire cosa l’Anima vuole dobbiamo rimanere vicini agli ultimi ritrovati tecnologici perché dove sono desiderio e denaro, lì c’è Anima. La Psiche non è solo eterea e verginale, ma come ci insegna Hillman la patologia e la deformità fanno parte della sua natura e sono lo stile preferenziale della sua manifestazione. Se i sexbot sono immaginati, progettati, costruiti e consumati dagli umani allora sono una rappresentazione plastica di particolari immagini che attraversano Psiche.

Costruire le fantasie

Prendiamo un po’ di metallo, silicone, silicio e tutti i materiali della chimica inorganica che possano esserci utili e accostiamoli agli sfrenati desideri erotici. Facciamo un po’ di ricerca e sviluppo e uniamo l’inorganico al desiderio, Thanatos ad Eros. Ecco, quello che otteniamo è un sexbot: un oggetto personificato, morto eppure capace di movimento, dai genitali voluttuosamente esposti e aperti ad ogni tipo di esperienza. Spruzziamo all’occorrenza un po’ di intelligenza artificiale, non una vera coscienza, ma una coscienza parziale. Non deve essere complessa, ma come un complesso junghiano reagisce e parla, in un eterno crepuscolo a metà strada tra lo stand by e il farsi presenza animata.

Se scoviamo la metafora dentro il sexbot ci rendiamo conto che ci parla della vita e della morte. Giace come corpo morto, ma è capace di compiere il movimento riproduttivo. È quindi sia animato perché si muove sia morto perché inorganico.

Il lato necrofilo di Pische

Rendere sempre più simile il sexbot ad un organismo vivo ha il semplice effetto di intensificare la presenza di Ade nella vita del “cliente”. Questo paradosso molto hillmaniano ha anche un nome scientifico poiché è stato studiato in robotica ed è chiamato “uncanny valley” che in italiano diventa la valle del perturbante (ci ricorda La valle del fare anima di hillmaniana memoria…).

Gli studiosi di robotica si sono accorti che più il robot somiglia ad un essere umano più diventa fonte di repulsione. Alle porte della valle del perturbante secondo i ricercatori troviamo a terrorizzarci robot e cadaveri che hanno grado equiparabile di “perturbanza”.

L’anima rimanda a quella fantasia di morte operante, in innumerevoli modi, all’interno della posizione organica e naturale (J. Hillman, Re-visione della Psicologia, Adelphi, Milano, 1983, p.347).

Dato che la pulsione di morte nella sua più semplice formulazione è la tendenza del vivente a tornare ad una forma d’esistenza inorganica è proprio questa l’attrazione erotica che il sexbot esercita sulla vitalità biologica del proprio “cliente”. Non dobbiamo quindi puntare il dito contro l’uomo necrofilo perché è attraverso la necrofilia che l’Anima svela il legame erotico che ha con il mondo delle ombre.

L’ombra di Eros

Allora anche Amore diviene un Dio di morte, proprio com’era nella raffigurazione rinascimentale (J., Hillman, Re-visione della Psicologia, Adelphi, Milano, 1983, p.347).

Hillman allude al Cupido che a volte veniva raffigurato con una torcia capovolta o con una farfalla in mano ed era in tal caso una divinità di morte. Indicava che lì, in quel corpo su cui era posto, la vita si era spenta e solo l’anima era sopravvissuta volando via negli inferi.

Lo stesso Jung a più riprese ha sostenuto che il simbolo è una macchina che trasforma l’energia biologica in psicologica ed Eros è il dio che innesca la trasformazione ordinando alla biologia di sottomettersi a Psiche.

La condanna morale dei sexbots è per lo psicologo archetipico un non voler stare con l’immagine d’anima che portano. Un punto di vista psicologico presuppone che non sia la tecnologia a pervertire i desideri, ma che dia alla loro perversità un corpo metallico. Lasciamo da parte le fantasie di Rousseau e il mito del buon selvaggio e iniziamo a pensare che i videogiochi, i film, l’arte e i manufatti non facciano diventare perversi gli uomini casti e puri, ma semplicemente svelino la perversione dell’anima.

Lasciamo dunque che la fantasia, l’organo di senso dell’anima, scivoli languidamente su quelle siliconiche forme. Tali priapesche fisionomie, impossibili da eguagliare per un organismo umano, sottolineano che ciò che è disumano è desiderato dalla psiche. Sarà per questo che Hillman equipara il Fare Anima alla Disumanizzazione.

Conclusioni

Forse il lettore ha iniziato a leggere questo articolo con scetticismo e le domande che si animavano in sottofondo erano pressappoco: “che ne può sapere Freud della sessualità ipermoderna?”; “che ne sa Jung dei circuiti in silicio?”; “Cosa può mai dire Hillman dei robot che hanno un’intelligenza artificiale e non un’anima?”. Sembrava che solo un brufoloso ingegnere dalle perverse inclinazioni avrebbe potuto dire la sua sul sexbot. Abbiamo invece scoperto che i manufatti ci parlano di come è fatta la Psiche. La sessualità e i comportamenti sessuali che non riguardano un caldo genitale inoltre non sono da ridurre a perversione di meri istinti biologici, ma indicano la dinamica con cui la Psiche si erotizza e penetra il mondo che viviamo con il suo freddo fallo.