Lo Psicologo non mi fa la fattura! Sarà terapeutico?

La verità può essere solo rivelata. Non può essere dichiarata. Deve apparire dentro, o attraverso, quello che viene dichiarato. Per questo in psicanalisi si bada a quello che non viene detto. Ed ecco un altro aspetto negativo delle interviste: tutta l’attenzione è rivolta a quello che viene detto (James Hillman in “Il Linguaggio della vita” pag. 17).

Tutte le volte che mi ritrovo a parlare di verità fatico. Si perché devo spesso falsificarmi. Spesso non mi dichiaro, sono evasivo. Si perché il luogo della verità non è ovunque. La verità non è per tutti. Il territorio del “non detto” è proibito per sua stessa natura, per questo abbiamo inventato spazi in cui verità può razzolare, ma lontano dagli sguardi indiscreti. Il confessionale o la psicoterapia, ad esempio.

La verità resiste a essere dichiarata? Un paziente giunge in terapia ed è evasivo, dichiara di non aver motivo per star male, dichiara di non avere energie e soldi per sostenere la terapia. Insomma il paziente dichiara meno di quanto ha, è un evasore!

Ma il terapeuta cosa fa? Quanto dichiara? Evade le tasse?

Vi chiederete cosa c’entri, eppure il gioco delle fatture è tutt’altro che marginale ed è tra le verità che resistono ad essere dichiarate. Non per caso questo articolo lo sto scrivendo per la seconda volta dato che ho smarrito la penna USB sulla quale lo avevo scritto la prima volta. Sembra che la sincronicità degli eventi voglia sottolineare di non parlare di questo argomento. E mi trovo nel dubbio di ascoltare questa sincronicità. Perdere una memoria esterna… la psiche col suo atto mancato suggerisce che questa verità resti celata?

La complicità in terapia: Evadere insieme

Cosa succede dunque quando un terapeuta pianifica la fatturazione con un paziente? Ecco che in molti  si trovano a proporre una tariffa ribassata con l’accordo di non emettere alcuna fattura. “Così lei risparmia i soldi che si prenderebbe il Governo…”. Generalmente questa è la spiegazione. Ma sia il paziente che il terapeuta sanno che il Governo non tocca quei soldi , quel 20% che si leva dalla fattura non va al Governo ma al paziente. Quel denaro, quelle energie resterebbero comunque nelle tasche del paziente. Nel restante 80% della parcella una parte dovrebbe essere destinata al bene collettivo e tolta al terapeuta e invece viene sottratta, ossia viene trattenuta. Nessuna terapia inizia dicendo “ si senta libero di trattenersi più che può”. Il terapeuta così decide di non partecipare, di non destinare energie  al bene collettivo. Dunque questa ingenua associazione a delinquere si coalizza contro il “Governo ladro” .

Potremmo pensare che questa complicità sia una buona base per la coppia terapeutica e potremmo dire che questa strategia possa essere utile alla terapia. Effettivamente la terapia è una piccola associazione a delinquere, è una miniatura della Mafia che tutto protegge, tutto contiene e tutto scioglie. Ma dire questo sarebbe quanto meno perverso. Questa stessa complicità potrebbe essere raggiunta nel tempo e con altre strategie.

Piove Governo Ladro! Lettura immaginale

La parola Governo significa semplicemente “Timone” dunque quando ce la prendiamo col Governo ci stiamo riferendo a quella parte psichica che timona, che indica la direzione da seguire nel mare dell’inconscio. Se il Governo stabilisce che una parte dei soldi, ossia delle energie psichiche e dell’immaginazione, debba essere destinata ad altre immagini rispetto all’Io, penso che questo sia assolutamente coerente col politeismo, ossia con la possibilità che esista una distribuzione equa e coerente delle nostre energie per tutte le immagini che ci abitano, ossia per tutte le nostre emozioni, i nostri bisogni e le nostre condotte. Sottrarsi a questo Governo è promuovere la sofferenza, l’inflazione, la patologia.

Ma il Governo è Ladro ossia è figlio di Mercurio, ossia mette anche in comunicazione tutte queste energie.

Avviene invece un errore di letteralizzazione e il Governo viene facilmente confuso, col Padre, con la norma col super IO. E, complice il terapeuta, la terapia diviene l’asilo in cui rifugiarsi dai traumi del governo. Ecco che l’Evasione alimenta, in agito, la stasi e il rimanere nell’inflazione del puer che vive nella delega dimenticando che poco importa dove l’altro sbaglia poiché lì non possiamo fare molto, mentre è più interessante dove sbagliamo noi stessi perché lì possiamo agire, questo ci rammentava Jung seppur con altre parole. Nell’evasione resta un dito puntato sulla superstizione parentale.

Nella testa del terapeuta

“Io lavoro e spendo già abbastanza per gli altri, non mi proteggo a sufficienza e sono troppo buono. Gli altri si fanno bene i loro calcoli e io sono stufo di espormi, devo imparare ad essere più egoista”. Questo è il racconto più frequente di un paziente in Psicoterapia ed è lo stesso racconto di un libero professionista che evade. Nel dichiarare meno, nell’evadere si avvia, o meglio si prosegue la battaglia contro l’immaginario di un governo che ruba  e che ci priva delle energie. Che abusa di noi. Ma la fattura è il mezzo con cui il buon governo evita che le energie vadano solo ad alcuni. Insomma un terapeuta che evade sta tacitamente chiedendo di tenere per se le energie destinate a quel Gentle Folk di cui ci aveva parlato Jung. L’IO evade le tasse, non dichiara le sue energie, astutamente cerca di mantenere le risorse per se, cerca di mantenere il controllo. Questo Ladro gentiluomo, il terapeuta che elargisce denari ai pazienti sottraendolo al governo, sta agendo. E, dato che noi siamo ciò che facciamo e non ciò che diciamo, direi che il terapeuta che non fa la fattura sta comunicando ai pazienti qualcosa di fondamentale. Qualcosa del tipo “Io sopravvivo perché evado, io sopravvivo perché non dichiaro”.

Lettura immaginale della fattura.

Ma la parola evadere significa andar fuori, fuggire. E dichiarare significa rendere chiaro e limpido. Insomma il Terapeuta che non fa la fattura sta facendo due cose: fugge e evita di rendere evidenti le immagini. E sopravvive grazie a questo comportamento. Il terapeuta sta comunicando che lui stesso non vuole fare ciò a cui sta invitando il paziente. Ma un terapeuta che non vuole mettere in gioco se medesimo non riuscirà a cavar fuori un ragno dal buco. Resiste lui per primo e per questo il paziente resisterà ancor di più. Insomma nel non fare la fattura inizia una complicità di altro tipo, quella che invita a non rendere limpidi i racconti, quella che invita a fuggire. Non fare la fattura significa non “fare”. Se non si fa nulla, non esiste oggetto ne tanto meno la sua fattura ossia il modo come è fatto.

Dunque un libero professionista può scegliere di essere un evasore perché questo non inciderebbe, almeno in via ipotetica, sulla qualità del suo operato. Ma se il libero professionista è uno Psicoterapeuta la sua evasione, le sue false dichiarazioni saranno il punto di partenza della relazione terapeutica.

E se è il paziente che ci chiede di non fare la fattura? Allora ci sta comunicando quello che già sappiamo. Ci sta comunicando che ha un cattivo rapporto con la sua immaginazione e col suo inconscio (I soldi), che non ha idea di quali energie psichiche abbia, che vuole fuggire, che non vuole mettere a fuoco perché in quell’opacità può dare la colpa a qualcun altro.

Ma questo non è strano, è il lavoro del paziente. Ma se un terapeuta fa così deve cambiare mestiere. Dunque meglio fare la fattura e rendere chiara tutta questa dinamica, esplicitarla , non essere evasivi, non fuggire, anche perché la psiche non fa sconti e neanche la terapia. Inoltre questo non sarebbe psichicamente  uno sconto ma un assegno postdatato.

Nella pratica della psicoterapia è spesso previsto che si dia una prescrizione al paziente, ossia di non parlare della terapia fuori dalla terapia. “Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club. Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club. Terza regola del Fight Club: se qualcuno grida basta, si accascia, è spompato, fine del combattimento. Quarta regola: si combatte solo due per volta”.

Personalmente non do prescrizioni di questo genere. Il terapeuta è tenuto al segreto professionale ma il paziente faccia quello che vuole con ciò che emerge in terapia. Una psicoterapia punta forse proprio alla possibilità che l’indicibile divenga dicibile. Allora mi chiedo se questa sorta di fight club fiscale, questa complicità omertosa non ponga le basi di un cortocircuito terapeutico.

Conclusioni

Con la fattura paziente e terapeuta stabiliscono le regole del loro club e ritengo che evadere, fuggire, non mettere a fuoco, non distribuire le energie a tutte le immagini, mantenerle solo per un tirannico Io, insomma ritengo che tutte le regole che implicitamente vengono dal non fare fattura siano proprio opposte da quelle esatte dalla psicoterapia.

Insomma diffiderei da un paziente che ci blandisce chiedendoci di non fare fattura e, ancor più, mi sorgerebbero dubbi su un terapeuta che propone  una frode inneggiando a un dio, a quel Fraude che Cartari in “Immagini delli dei de gl’antichi”, ci descrive come la funzione che inganna. Una terapia che nasce sotto il segno di un dio siffatto sarebbe terapeutica?

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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