LOL, una lettura immaginale

Informiamo sin dall’inizio il lettore, che all’interno dell’articolo sono presenti spoiler del game show. Quindi invitiamo lo stesso, qualora avesse già visto tutti gli episodi, a proseguire con la lettura immaginale, oppure ad uscire dalla pagina per non incorrere nella scoperta di alcuni particolari.

Detto questo, con la speranza di aver eliminato qualsiasi tipo di imprecazione e pensiero nel conficcare qualche spillino nella mia bambola voodoo, si parte.

LOL è appena terminato e la pancia può finalmente rilassarsi dopo essere stata contratta per tre ore. 

Tre ore di risate attraverso battute assurde, interpretazioni di supereroi, oggetti sonori verdi, tricicli a forma di toilette, quadri di Leonardo Da Vinci. 

Tre ore di gioia e di sano divertimento che hanno permesso ad ognuno di evadere da una realtà quotidiana pesante e noiosa.

Piccola spiegazione delle regole del gioco e via con il significato psicologico.

Regolamento del gioco 

All’interno dello studio televisivo, trasformato in un mix tra casa e teatro, sono presenti dieci comici. Il gioco dura complessivamente 6 ore. L’obiettivo di ogni comico è quello di far ridere gli altri concorrenti attraverso battute, piccoli spettacoli, gag, imitazioni, insomma con qualsiasi mezzo a disposizione, persino con oggetti portati “da casa” o presenti nello spogliatoio. 

Come nel calcio, in caso di risate, sorrisi e smorfie, un giocatore è dapprima ammonito tramite un cartellino giallo, e successivamente espulso con un cartellino rosso ed eliminato dal gioco. Ogni comico deve inoltre partecipare attivamente e non estraniarsi troppo a lungo dei compagni previa ammonizione o eliminazione dal programma. 

A condurre ed arbitrare il gioco sono Fedez e Mara Maionchi, direttamente da una control room, adiacente allo studio, che osservano, ridono e commentano tutto quello che accade nella stanza tramite decine di telecamere. Usando una console, e spingendo dei bottoni, inoltre, impartiscono ai concorrenti comandi precisi per movimentare il gioco.

L’ultimo giocatore che rimane in gara vince 100mila euro da devolvere in beneficenza.

L’Archetipo del Briccone

Dopo più di un anno dall’inizio della pandemia, mentre infiammano le dispute sui vaccini, ecco giunto un toccasana di evasione. Si, quando la realtà, oramai stagnante, plumbea, immobile, evocata come una landa mortifera, diventa così tanto soffocante, ecco emergere un nuovo immaginario, una ventata di freschezza.

Dopo mesi a visualizzare il web o adì ascoltare attraverso tg e radio, numeri spropositati di ricoverati, di degenti in terapia intensiva, di morti, ecco giungere tra noi un nuovo personaggio mitologico, quello che Jung definisce l’archetipo del Briccone. 

Il briccone vaga attraverso la mitologia di tutti i tempi e i luoghi, nei racconti burleschi, nei carnevali esuberanti, nelle paure (C.G. Jung – Gli archetipi e l’inconscio collettivo)

Chi è il briccone? 

Il briccone è colui che incarna gli aspetti ermetici della comunicazione, della scaltrezza, dell’inganno. Il briccone è il Clown, che attraverso la sua simpatia riesce a conquistare i bimbi presenti al circo ma anche il Pennywise che con i suoi tiri maligni riesce a rapire ed uccidere Georgie. Il briccone è il Giullare di corte, l’unico capace di punzecchiare tutto e tutti compresi Re e Regina. Il briccone è Pulcinella. Giungendo ai nostri giorni il briccone è colui che riempie i teatri (sperando che riaprano) attraverso la sua comicità, le sue battute senza freni, le sue imitazioni.

Il briccone è colui che ha la capacità attraverso i suoi infiniti punti di vista, di capovolgere la realtà quotidiana e permettere a tutti coloro che ascoltano i suoi spettacoli, gli spettatori, di immaginare situazioni diverse, situazioni a cui mai si penserebbe, troppo presi dal rigore e dal rispetto delle regole, personali e della società in cui si vive. Ed è per questo che si ride. Si ride perché non si è capaci di provare ad immaginare situazioni goffe, grottesche, perché troppo severi nel mostrare all’esterno una maschera di perfezione e apparenza.

Quando si entra in contatto con il personaggio del briccone si acquisisce la capacità di vedere in trasparenza quello che ci circonda, di ribaltare la prospettiva della nostra quotidianità. E’ un bisogno dell’anima di ribellarsi alla staticità con cui si vede quello è intorno a noi. Ed è proprio qui, in una società oramai allo stremo delle forze nella battaglia contro il coronavirus, che si abbatte, LOL, il game show, questo nuovo immaginario di capovolgimento.

L’Atanor dei Bricconi

L’aspetto che più colpisce del briccone quando è attivo è il non curarsi dei doveri, delle proprie responsabilità, degli impegni, dai rapporti sgradevoli : ciò che interessa è essere Liberi. E qui, nell’Atanor, nello studio televisivo, tra casa e teatro che dieci comici, dieci bricconi sono assolutamente felici di apparire simpatici, buffi, e ridicoli, di provare costumi, pettinature strambe, vestiti inguardabili, parrucche, ma soprattutto liberi di esprimere la loro comicità senza freni. 

(Psicologicamente parlando, ricordiamo che l’Atanor, è un termine utilizzato in Alchimia per descrivere il forno alchemico, il cui le sostanze venivano trasformate attraverso i diversi gradi del fuoco)

Immaginate questa scena. Masterchef Italia, giudice Cannavacciuolo. Immaginate che si presenti davanti al suo giudizio una concorrente donna e nell’assaggiare il piatto, lo chef esprima tali parole disgustato dal suo piatto “Ma hai cagato?” Il giorno dopo si griderebbe allo scandalo. Si griderebbe all’insulto sessista o chissà cosa. 

E invece qui, a LOL, tutto è concesso, tutto è azzardato ed espresso, come Pintus che guardando Katia Follesa dopo una scena di orgasmo femminile esprime la frase imitando lo chef napoletano, “morendo” egli stesso di risate. 

Altro evento epico è stato il continuo svelamento di Lillo. Immaginate Hermes, con il copricapo, in mitologia simbolo di imprevedibilità, spavento, inganno. Così il comico nell’interpretazione di vari personaggi, nella speranza di far ridere gli altri concorrenti, toglie la maschera o il casco, e si svela agli altri attraverso la frase “Tranquilli raga, sò Lillo”. 

E giusto per citare un’ultima scena memorabile. Abbiamo sempre provato grande rispetto, presentandoci al Louvre, dinanzi alla tela più conosciuta al mondo, la Monnalisa di Leonardo. E invece a LOL la realtà si ribalta. A presentarsi nel gioco, è Elio, che nella sua ironia si palesa ai suoi avversari con parrucca lunga, all’interno di un quadro dei plastica facendo rivivere la Gioconda.  

Scene davvero divertenti si sono susseguite nelle tre ore di gioco decretando il vincitore del programma, Ciro, dei The Jackal, noti YouTuber del panorama italiano.

Conclusioni

Sarebbero decine e decine le scene da poter raccontare ma non voglio annoiare il lettore. In queste poche righe si è cercato di mettere in evidenza il carattere di libertà, così tanto agognata in questi terribili mesi da ogni persona vivente presente nel globo. Libertà di sorridere, libertà di ridere a crepapelle, nonostante le difficoltà lavorative e le incertezze quotidiane. Libertà di evadere, anche se per qualche ora, dalle pesantezze e restrizioni governative a causa della pandemia. 

“LOL – Chi ride è fuori” è stato davvero una panacea, un programma che attraverso l’immaginario del folle, del briccone, del giullare ha concesso ad ognuno di alleggerirsi attraverso una burbera fantasia, da una monotonia generale, da un’oppressione diurna. Tengo solo a precisare in conclusione che l’immaginario proiettato nella serie tv, appartiene a tutti noi. L’archetipo è presente all’interno della psiche di ciascuno. Quando l’immaginario è attivo, noi ci sentiamo più vivi e vitali, abbiamo la destrezza di muoverci tra le tante immagini psichiche, e ci sentiamo capaci e creativi.

Senza il Folle che abbiamo dentro, non c’è modo di godere la vita per se stessa. Il Folle sa come vivere il mento in tutta la sua pienezza di gioia e di esperienza, e sa addirittura gustare i momenti più neri della vita sia pure solo per la loro qualità tragica. E’ la parte di noi che fa posto alla speranza quando non c’è un solo segno positivo all’orizzonte (Carol S. Pearson “Risvegliare l’eroe dentro di noi)

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Info sull'autore

Valentino Collacciani

Psicologo e Psicoanalista in formazione. Non vincerò il premio Goethe ma chi lo sa, vediamo cosa dice il daimon...

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