Le persone come cose: il problema del feticismo

In questo articolo daremo una lettura diversa del feticismo. Quando si parla di feticismo infatti a tutti viene in mente qualcosa di sessuale, di erotico, di “perverso”. Certamente nel feticismo c’è anche questo aspetto, ma a pochi è chiaro da dove derivi.

Quando si sperimenta una libido feticistica, accade semplicemente che per una serie di ragioni, il nostro “interesse sessuale” sia diretto per una parte anziché per il tutto dell’individuo, oppure per un oggetto della persona anziché per la persona stessa. Perché questo accada riguarda una serie infinita di motivi possibili che andrebbero valutati caso per caso; ma quello che possiamo fare noi invece è guardare i tratti generali del feticismo, perché questi possono aiutarci a capire qualcosa di fondamentale sulla società moderna.

Perché dunque una parte per il tutto? Oppure, perché addirittura un oggetto della persona anziché la persona stessa? Perché queste cose sono preferite dal feticista? Potremmo dire, in un certo senso, che anche una parte, come un oggetto della persona, è essa stessa un oggetto, e non la persona stessa.

Il feticista è dunque interessato agli “oggetti” e non alle “persone”, o meglio vede gli oggetti prima delle persone, o forse vede gli oggetti come persone.

Gli oggetti come persone

Nella mitologia giapponese del suicidio rituale della sposa del principe Yamato no Takeru, la quale si gettò in mare, il marito non poté salvarla a causa dellʼintromissione di uno spirito divino (kami). Quando il pettine della donna fu ritrovato, questo venne conservato e venerato in quanto conteneva ancora la sua anima (tama).

La qualità fondamentale dell’essere umano è quella dell’empatia. L’essere umano è soggetto della propria vita, protagonista delle sue emozioni e sensibilità, ma riconosce che queste sue qualità, che lo rendono vivo ed in un certo senso umano, non gli sono proprie, ma appartengono anche ad altri.

Questa può sembrare una definizione semplice di empatia, ma è anche la distinzione fondamentale tra soggetto e oggetto. I soggetti sono vivi, provano emozioni, sentimenti, hanno una storia che li ha in qualche modo plasmati, soffrono dei loro traumi. Gli oggetti non sono “vivi”, sono cose impersonali, non soffrono, non hanno sentimenti, e dunque possono essere “usati”.

L’essere umano usa gli oggetti, “usa le cose”, se ne serve senza pensare che gli oggetti possano soffrirne. Eppure, vi sono innumerevoli casi, antichi e moderni, in cui le parti sembrano invertite: accade cioè che alcune volte un oggetto sia trattato come se fosse una persona, perché è un oggetto “sacro” che incarna lo spirito divino o l’anima di una persona, e dunque è come se fosse quella persona, oppure accade il contrario, e cioè che le persone siano trattate come oggetti, come se fossero cose, senza sentimenti.

Il feticismo è quando l’oggetto diventa più di un semplice oggetto. Per Marx quando un oggetto diventa merce viene reso qualcosa d’altro, di “soprannaturale” (sinnlich-übersinnlich) che occulta il processo produttivo e lo rende consacrato come un feticcio.

Il paradosso della società moderna che potrebbe venirci in mente leggendo Marx è che abbiamo reso oggetti i soggetti e viceversa. Amiamo gli oggetti più delle persone, e trattiamo le persone come oggetti.

Se dunque non c’è apparentemente niente di male in una pulsione erotica feticistica che ci fa concentrare su una “parte” (del corpo) anziché sul “tutto” della persona, ci sono anche situazioni in cui il pensiero feticistico è sintomo di qualcosa di più pericoloso, appunto l’idea che le persone siano trattabili come oggetti, e che invece gli oggetti siano amabili più delle persone. Allora diventa un problema “svelarsi”, denudarsi di fronte alle vere persone, perché queste hanno anche veri sentimenti, mentre è più facile innamorarsi degli oggetti, i quali non controbattono, vengono usati a nostro piacimento e basta.

Il feticismo nella/della società moderna

La psicologia deve anche farci fare qualche riflessione sulla società moderna, essere un pensiero “critico”, quasi filosofico, che ci parla di noi, del nostro essere umani. Il problema esiste da secoli, ma chiaramente l’avvento di internet non ha solo portato vantaggi alla società, ma ha anche acutizzato il problema della “mercificazione” del corpo: rendere oggetti le persone. In questo periodo di pandemia è ancora più importante non perderci nelle distanze, non dimenticare chi c’è dietro a quel monitor, non dimenticare la persona che sta dietro all’immagine, un’immagine che è “comprabile” e “vendibile” sempre di più. Cosa accade ad esempio quando si cerca feticisticamente solo l’immagine della persona, il corpo erotico, i “pezzi” sessuali, e ci si dimentica della persona che c’è dietro? Cosa succede alla nostra psicologia collettiva quando anche noi iniziamo a pensare di aver valore solo se ci “vendiamo” come immagini erotiche, se mettiamo in vetrina la nostra intimità?

Mostrare l’intimità significa provarla di un valore. Esibire e mercificare il corpo significa portarlo al nulla. Non si tutela la dignità del corpo esibendolo con questa leggerezza ed esautorando di valore la dimensione intima la quale ha un valore solo perché è riservata e può essere donata a chi ci significa. Se leviamo questa esclusività e la esibiamo essa non può significare che il nulla, nel senso che significa dapprima l’idea di nulla ma mette anche in pratica l’atto tanatologico di annichilimento dello spirito umano. 

La patologia, di per sé, non consiste nel proiettare su un oggetto il valore di soggettività, poiché questo meccanismo è già patologizzato, in quanto giustificato dalla visione dualista che scinde ogni cosa in soggetti e oggetti. Inoltre, il meccanismo in questione può anche rappresentare un beneficio. In psicologia sono noti ad esempio gli oggetti transizionali, che possono aiutare una persona sofferente a superare un trauma. Ciò che di preoccupante questo meccanismo dovrebbe denunciare, è la sua massiva diffusione incontrollata.

Breve storia del feticismo

È Charles de Brosses, magistrato e filosofo francese, ad introdurre il tema del feticismo. Nel 1760 pubblica un testo sul culto degli dèi “feticci”. Per lui, il feticismo consiste nell’assegnare delle qualità sovrannaturali o religiose alla “semplice” materia inanimata. Ovviamente per de Brosses il feticismo è un modo di pensare primitivo. Il feticismo nella prima antropologia, da cui poi Freud trarrà ispirazione, rappresenta il grado più elementare della religione, seguito dal politeismo, dal monoteismo e dalla scienza (visione gradualista). Il feticcio è l’oggetto in cui gli spiriti prendono dimora, rendendolo più di un semplice oggetto.

Gli oggetti quotidiani sono percepiti come ricolmi dello spirito dei loro utilizzatori (come il pettine nel mito giapponese che abbiamo detto all’inizio). Gli oggetti che stanno a contatto perennemente con i loro utilizzatori portano i segni, visibili e invisibili di una narrazione, raccontano di un legame privato e si caricano, dell’energia (metaforicamente parlando) del possessore o dei possessori.

Per Rudolf Otto, l’oggetto è un portatore del numinoso, cioè cristallizza quella dimensione misteriosa, tremenda e affascinante – religiosa – che la persona non può concepire con l’intelletto e incarna la forza misteriosa e sacra in cui si fonda una forma di credenza religiosa. I feticci sono oggetti ai quali viene consentito di ospitare una presenza reale che conferisce densità a quell’oggetto – livello simbolico o spirituale – non rappresentabile e invisibile al di fuori dell’oggetto.

Alfred Binet si è occupato del feticismo in psicologia, ed ha concluso che in alcuni rapporti, l’adorazione del dettaglio di una persona, anziché della sua totalità, può diventare preponderante, poiché una delle due persone (o entrambe) rifiutano il rapporto con l’altro, preferendo spostare l’interesse dalla totalità dell’altro ad una parte, un pezzo, dell’altro, che può essere un suo oggetto o solo una parte del suo corpo.

Feticismo in Psicoanalisi

Per Sigmund Freud alla base dell’energia psichica ci sono le pulsioni erotiche, queste pulsioni però non sono sempre dirette verso l’atto sessuale, ma possono essere sublimate ed il loro flusso orientato in altro modo. Per Jung il problema era di tale importanza che ci consumò la propria rottura con Freud, dal momento che concepiva la libido come una forza psicologica generica, che aveva l’eros come solo uno dei suoi aspetti esperibili, a differenza di Freud che in un certo senso invertiva la gerarchia.

Dal punto di vista di Freud dunque, indirizzare le proprie pulsioni libidiche verso un oggetto che non sia una persona vera e propria, costituisce la base della perversione feticistica.

Nel 1927 Freud scrive un testo sul feticismo come erogazione libidica su oggetti che vengono trasformati in feticci. Il paragone che fa Freud deriva dalla linguistica e riguarda la sineddoche (figura retorica che usa una parte per richiamare il tutto). All’oggetto viene così conferita una eccedenza di senso. Per Freud il comportamento patologico scatta quando, terrorizzati dal rapporto o confronto con l’altro, il meccanismo del feticismo sposta la totalità dell’interesse libidico verso un oggetto che dunque sostituisce il rapporto con l’altra persona. Poiché l’oggetto è diventato l’unico obiettivo dell’interesse libidico, il rapporto con l’altro viene totalmente abolito, e il soggetto rivolge tutte le sue attenzioni (anche sessuali) con l’oggetto che ha sostituito la vera persona.

Conclusioni

Per Marc Augé, una possibile spiegazione riguardo al feticismo si colloca nella sacralità della morte. Il non-vivente, l’inanimato, il morto, è un’entità impensabile, che si situa in una dimensione altra rispetto alla nostra. Tale meccanismo però, non è esente da fraintendimenti. L’oggetto è come una spugna, nella quale l’umanità proietta i suoi simboli. L’oggetto dunque incarna il simbolo, ma non è il simbolo vero e proprio.

Scopriamo dunque che il feticismo non è solamente una “perversione”, qualcosa di strano – che però ci riguarda un po’ tutti, dunque forse così strano non è – che è relegato alla sfera delle sessualità alternative, strane e di cui si parla solo quando si vuole ravvivare un po’ la conversazione. Il feticismo è qualcosa che ci riguarda ogni giorno della nostra vita. È parte della psicologia del collettivo della nostra società, ed è anche una chiave di lettura fondamentale per capire uno dei problemi principali del mondo moderno, la cui unica “terapia” possibile è una buona dose di sana empatia.

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Info sull'autore

Federico Divino

Antropologo e Linguista, specializzato in Antropologia della salute mentale (etnopsichiatria). Ha compiuto un percorso di formazione personale in psicoanalisi.

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