Il sacrificio

Quello che un martire vuole più di ogni altra cosa è imbattersi in una spada. Così tu affili la lama, la inclini nel modo migliore e poi… (House of cards)

Il sacrificio è una delle metafore più vive e sofferenti al giorno d’oggi, lo vedi negli occhi di un genitore che si alza presto al mattino per mantenere la famiglia o nel grido di dolore del Cristo sulla croce. Il sacrificio è pathos che motiva, gratifica, ma che stanca le gambe e le braccia di chi come Atlante regge le sorti del mondo.

Sarebbe uno spreco sacrificarsi per gli altri? Scopriamo insieme cos’è il sacrificio.

James Hillman afferma nel Codice dell’Anima che quando il figlio diviene la ragione di vita di un genitore significa che questo ha abbandonato la ragione invisibile della propria (pag.114).

Mettere i piedi nelle scarpe dell’altro significa dimenticare quelli che sono i miei panni, e così dimentico me stesso, offrendomi in sacrificio al fuoco di un’inflazionata empatia.

E se il sacrificio invece fosse una parte fondamentale della vita? Il periodo storico in cui viviamo è caratterizzato da un predominante evitamento della sofferenza, questa viene aggirata con la finalità di puntare dritto verso ciò che arreca piacere. Rammento che senza sofferenza non c’è soddisfazione, è il dolore infatti, non nel senso letterale, derivante dal sacrificio, che è funzionale alla crescita.

Origini ed evoluzione del sacrificio

Il termine sacrificio deriva dal latino sacrificium, composto da sacrum e ficium, significa rendere sacro, assume uno scopo nobile e per nulla astratto. In antichità il sacrificio comportava la morte di animali o persone offerte in dono agli dei, alla nobiltà del gesto si accompagnava una certa dose di macabro, il che rende ancor più potente l’energia di questo simbolo. Il sacrificio nell’ambito mitico è legato alla funzione del rito, mezzo attraverso il quale è possibile rendere sacro il gesto che viene compiuto. Nel contesto del mito greco nasce con la prima offerta fatta da Prometeo a Zeus, il quale è spinto attraverso l’inganno nella scelta delle parti meno prelibate dell’animale (le ossa).

Dietro la pratica del rito si cela un aspetto non visibile, la cui metafora è contestualizzabile con il sacrificio praticato ai giorni nostri, questo aspetto è l’energia come parte integrante di quell’essere che si sacrifica/è sacrificato. Al giorno d’oggi fortunatamente nessuno è più sacrificato (letteralmente) agli dei, ma questi sono rimasti ed hanno assunto aspetti che possono essere collettivi o individuali, sono chiamati ideali. Se quindi gli dei sono diventati ideali l’uomo rimane la vittima che immola la propria energia, è per questo che ogni ideale coordina la vita del soggetto che cerca di render sacro il suo gesto.

Al sacrificio vanno associate le parole ideale e rinuncia, poiché è l’ideale al quale l’uomo fa il voto di rinuncia e quindi sacrifica una parte di sé. È il topos dell’argomento che si rispecchia nelle dinamiche delle vite di tutti, è la conditio sine qua non imprescindibile dal risultato che si vuole ottenere.

Esempi di sacrificio storico e contemporaneo

Chi sono i martiri del nostro tempo? Mamma e papà.

Il sacrificio dei genitori è una delle più grandi forme d’amore unidirezionali volte allo scopo di rendere quanto più semplice possibile il cammino di vita di un figlio. Me li immagino come quelle donne africane che percorrono tantissimi chilometri per portare un po’ d’acqua in famiglia perché laggiù regna la siccità o come quei mercanti arabi che colmi dei loro sacchi di odori e di spezie, se ne fanno carico sulle spalle per poi venderle al mercato. Il sacrificio di un padre o di una madre è sicuramente un peso, probabilmente enorme, come quello che porta sulle proprie spalle Atlante che regge le sorti del mondo; è una bella responsabilità! Ma perché lo fanno? Per amore. Il sacrificio d’amore di un genitore, è mosso da un assoluto scopo altruistico, che attraverso le sue molteplici manifestazioni (di sacrificio) rende sacro quell’insieme di atti devoluti al bene di un figlio.

Un esempio di sacrificio per amore è quello di genitore che compie più di un lavoro per permettere al figlio di poter proseguire con tranquillità gli studi, e quello di un figlio che gratificato dal gesto del padre, comprendendolo fino in fondo, sacrifica anch’esso energie che potrebbe investire in altro perché riconosce la sacralità del gesto. Un genitore può indebitarsi per permettere al figlio di andare a scuola, o può umiliarsi sul posto di lavoro davanti ad un capo burbero per non rischiare di non mettere il piatto in tavola, o ancora un genitore può immolarsi donando una parte di sé, come ad esempio un rene, al fine di poter aiutare il figlio. Dante direbbe che è l’amor che move il sole e l’altre stelle ed è questa la forza che spinge un genitore a proseguire il suo sacrificio. Se è l’amore che muove le stelle allora è inevitabile richiamare alla memoria il gesto che compie Romeo, che per la sua Giulietta, offre sé stesso alle braccia della morte per ricongiungersi ad essa e come dimenticare l’episodio di Giordano Bruno, bruciato vivo in Campo dei Fiori, sacrificatosi per le proprie idee.

La radice amorosa del sacrificio è la più nobile, figura insieme a quella altruistica, ma non è l’unica, poiché il sacrificio può essere inteso prettamente anche come personale ed un esempio contemporaneo è verificabile con l’immagine di un giovane, che in gravi condizioni economiche, riesce a far coniugare il lavoro e lo studio, al fine di raggiungere l’obiettivo che si è prefissato sacrificando però la sua gioventù. Il sacrificio porta con sé aspetti molteplici e più che una medaglia, mi ricorda un cubo, le quali sfaccettature rappresentano le modalità con cui l’uomo può interagire, così ogni sfaccettatura che sia altruistica, amorosa o personale è segnata dal volgere lo sguardo ad un bene più grande, rappresentato in antichità dalle offerte degli antichi agli dei.

A volte, quando sacrifichi qualcosa di prezioso, non stai davvero perdendolo. Stai solo passandolo a qualcun altro (Mitch Albom)

Quand’è che rendiamo sacro?

Il rendere sacro è un richiamo al culto degli antenati e dei morti, mantenendone in vita il ricordo, creando un ponte tra coscienza ed inconscio. Assume la forma di necessità ritualizzata che pesca fuori le emozioni dallo stagno dei ricordi e si compone di aspetti personali ed altruistici. Rendere sacro un gesto è dovuto al valore impresso, ma è vero anche che la valorizzazione di questo è data da chi ne giova in prima persona. Un esempio che mi viene in mente è un padre o una madre che fanno più lavori per permettere al figlio di studiare, d’altro lato il figlio deve accogliere e valorizzare questo sacrificio. In questo senso il sacrificio è un ponte che può collegare la vita delle persone.

Conclusioni

Ad inizio articolo mi sono chiesto se il sacrificio fosse una parte fondamentale della vita, credo non ci siano molte riflessioni da aggiungere dopo aver argomentato le qualità che si celano dietro questo gesto.

L’uomo odierno pone le basi per il suo rito sacrificale simbolico con l’intento di onorare un’ideale a cui fa voto per raggiungere un bene superiore, ciò che rende però ancor di più valore al sacrificio è la condivisione e la valorizzazione di quelli che sono gli aspetti impliciti dietro l’azione.

Voglio concludere questo articolo con un’ultima immagine di sacrificio, quella della madre che nell’evento più importante della sua vita è pronta a sacrificare sé stessa, che tra le grida di dolore e le fitte del parto dà alla luce una nuova vita a cui dovrà sacrificare molto del suo tempo e delle sue forze, probabilmente non esiste sacrificio più grande.

P.S. CLICCA QUI per leggere Raggiungere la libertà attraverso il sacrificio

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Info sull'autore

Gerardo Iannaci

Laurea magistrale Psicologia Clinica e della Salute. "Creare è vivere due volte". Albert Camus

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