Un uomo senza tatuaggi è invisibile agli Dei (Proverbio degli Iban)

Marchiarsi la pelle è per sempre. Farsi un tatuaggio vuol dire disegnare il proprio corpo da qui all’eternità. È un rito antico, presente anche in diverse tribù dei confini del mondo. Tanti giovani, sempre più giovani, scelgono di incidere la propria pelle. Scelgono di marchiarsi. Mi sono chiesta spesso quante e quali motivazioni spingono una persona a scegliere un determinato simbolo da cui farsi accompagnare per tutta la vita.

Mi sono chiesta spesso quante e quali motivazioni spingano a scegliere proprio in quel preciso momento di fare una scelta per la vita. E oggi voglio provare a mettere nero su bianco questo dubbio: qual è la radice psicologica del marchiarsi la pelle, del farsi un tatuaggio?

Dall’invisibile al visibile 

Ciò che c’è di più profondo, è la pelle (Paul Valery)

Le prime notizie di tatuaggi risalgono a diversi secoli avanti Cristo. Talmente tanti che già nell’Antico Testamento è palesato il divieto di marchiarsi la pelle per l’eternità. Ed è un divieto ancora valido nell’ebraismo e nell’islam. Nel medioevo i pellegrini marchiavano la propria pelle con i simboli dei santuari visitati. E il santuario della Madonna Nera di Loreto era uno dei più tatuati in assoluto, chissà perché.

In una lettura antropologica, il tatuaggio può essere considerato un vero e proprio marchio. Un simbolo, al pari degli stemmi sulle armature o delle bandiere. Un marchio per ribadire la propria identità, la propria appartenenza a un gruppo o a un credo particolare. Lombroso associava il tatuaggio alla degenerazione morale del delinquente. Descrivendo tutte quelle caratteristiche fisiche e frenologiche tipiche dei delinquenti, evidenziava come il farsi un tatuaggio, il marchiarsi la pelle, fosse tipico di una persona degenere e quindi pronta a compiere crimini. Con gli anni e i progressi teorici e scientifici si è giunti alla consapevolezza che sono pochi gli elementi esterni che possono descrivere o prevedere i nostri comportamenti e che non esiste un rapporto tra personalità e marchi sulla pelle. Ma Lombroso aveva evidenziato un primo meccanismo: il tatuaggio è un marchio che aiuta a trasformare l’invisibile in visibile

Negli ultimi decenni è rimasta inalterata l’idea, consapevole o meno, che una persona con uno o più tatuaggi fosse una persona poco raccomandabile. Come accennato, alcune religioni vietano ancora categoricamente l’idea del marchio sulla pelle. Le Forze Armate hanno ancora come requisito di ammissione l’assenza di tatuaggi che siano visibili indossando la divisa. Le motivazioni sono diverse, ma risiedono tutte nel concetto di identità. Chi sceglie di far parte delle Forze Armate potrebbe essere impiegato in compiti in cui l’identità deve essere nascosta e un tatuaggio sarebbe quindi un rischio. In molte religioni, la condivisione dell’identità è un privilegio riservato a una cerchia ben ristretta di persone; a questa idea si aggiunge la convinzione di non poter modificare radicalmente il corpo: resta prioritaria l’identità di creature del proprio dio.

Ancora oggi il tatuaggio è un’entità in grado di colpire la nostra attenzione. Uno dei primi dettagli che la nostra mente coglie appena incontra una persona. Un tatuaggio diventa così un marchio d’identità. Un marchio eterno rende palese un pezzo di noi.

Ecco una prima chiave di lettura psicologica da tenere in considerazione. Con un tatuaggio si rende palese e visibile un pezzo della nostra identità. Un pezzo di invisibile che diventa visibile “nero su bianco”. Un pezzo di noi che da interno diventa esterno. Da segreto diventa pubblico. O, quantomeno, a disposizione della vista e non solo della conoscenza interiore. Marchiarsi la pelle equivale a urlare un pezzo di sé. Un urlo che sfiderà il Tempo.

Tatuaggi e tempo

I tatuaggi sono segni nuovi scelti da te. Metti qualcosa tra la tua pelle e il destino. Un sorso di coraggio (Margaret Mazzantini)

“Per tutta la vita”. Un’espressione che molto spesso spaventa. Un’espressione che appare inverosimile soprattutto in un periodo storico caratterizzato da una flessibilità tanto estrema da trasformarsi in incertezza estrema. Moli sono restii a fare scelte che implichino un impegno per tutta la vita. Molti non hanno la possibilità di fare una scelta per tutta la vita. Pensate all’acquisto di una casa in cui restare per una vita intera: quanti possono permettersi una scelta del genere? Economicamente, lavorativamente, come possibilità di passare l’intera vita in una sola città…Sono poche le persone che hanno la possibilità di prendere scelte simili. Allo stesso modo, sono tante le relazioni che non resistono agli anni che passano. Relazioni sentimentali, passioni verso altre persone, verso lavori, hobby. Gli anni che passano sembrano uno scoglio insormontabile per molte entità che caratterizzano la nostra vita.

Il tatuaggio invece sembra una sfida a tutto questo. Il tatuaggio è un marchio che non ha tempo, che non può essere cancellato se non con un intervento chirurgico. Farsi un tatuaggio, marchiare la propria pelle è un gesto che ci accompagnerà per tutta la vita. Il tempo potrà sbiadire il simbolo disegnato. La pelle potrà diventare più morbida, alterando i contorni del simbolo. Ma il suo significato resterà immutato.

Attenzione: i tatuaggi possono smettere di piacere. Possono stancare. Ma il simbolo resta lì: è una scelta per tutta la vita.

Ecco perché c’è chi disegna il proprio marchio in una zona dove il tatuaggio non può essere visto facilmente. Diventa un ulteriore messaggio per la nostra identità da palesare. Disegniamo un pezzo di noi, ma non accessibile a chiunque, nemmeno a noi stessi.

Molti si tatuano il nome dei propri figli o di una persona cara che non c’è più. Altri marchiano un’icona religiosa, il segno di un’idea politica, di un credo sportivo, di una passione. Il marchio diventa un’affermazione di appartenenza. Un’identificazione con un gruppo sociale, con un’idea specifica. Con la propria famiglia o con il proprio ruolo. Una parte di sé talmente rilevante da dover diventare eterna.

Conclusioni

Un tatuaggio non è semplicemente un disegno. Vedi, un tatuatore è come un confessore. Lui scrive la storia di un uomo sul suo corpo (Nicolai Lilin, Educazione siberiana)

Identità ed eternità. Queste sono le scelte che si compiono, scegliendo di farsi un tatuaggio. Queste sono le letture psicologiche su cui la mia attenzione si è concentrata di più nelle domande sul senso di un tatuaggio. Che il marchiarsi sia un rituale o una scelta fatta con poca consapevolezza, si tratta comunque di un gesto che sfida il tempo e che palesa una parte di noi. Perciò, come ovvio che sia, il consiglio per chi desidera marchiare la propria pelle è quello di scegliere con accortezza. Trovate un simbolo che davvero sia in grado di parlare di voi e che sia in grado di farlo per tutta la vita. In un tatuaggio ci sarà un pezzo di noi, per sempre.

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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