Storia di un matrimonio, storia di un divorzio

Più volte mi ritrovo a riflettere sul valore del tempo cercando di coglierne il profondo significato e sempre mi scoraggio perché sfugge come le lancette di un orologio che tenta di contarlo. Ogni persona ha il proprio cruccio e i più fortunati ne hanno più di uno perché sono i dubbi che attirano con la loro energia le riflessioni. Domande e risposte hanno la stessa potenza di due calamite dalle polarità opposte. Una non può far altro che tendere la mano all’altra fino alla loro congiunzione.

Così ricordo il timore che avevo da bambina. Non permettevo a due calamite di essere troppo vicine per evitare lo scatenarsi dell’energia attrattiva. Un terrore lontano mi pervadeva. E se, una volta vicine e poi unite, questo non fosse abbastanza? E se le due diventassero una? E se una calamità inglobasse inevitabilmente l’altra? Un pensiero certo irrazionale, non raccontabile, tanto fosse folle.

Così per placare l’angoscia ognuna se ne doveva stare al proprio posto, lontana dalla rispettiva compagna. Raccontato e scritto oggi, sembra un sogno dal quale ci si risveglia madidi di sudore e con le lenzuola in disordine per aver combattuto chissà quale onirica battaglia.  Raccontato e scritto oggi fa sorridere per quella bambina dalle strane fantasie e per quelle calamite rese così dannatamente umane. Raccontato e scritto oggi sembra solo il tentativo di ritardare l’inevitabile.

Il potere dell’attrazione

James Hillman in diversi suoi scritti pone l’accento sulla natura poetica della mente. La psiche si illumina nella poesia, nella metafora, nell’allegoria, nel racconto perché essi costituiscono proprio la sostanza di cui è fatta. Un collega psicologo poco tempo fa certo mi ricordava proprio di raccontare una storiella. “Perché arrivi prima e arrivi meglio. Alle persone piacciono le storie.”

E questo accade perché nella misura in cui la natura della calamita sta nell’attrazione della sua controparte, la natura della psiche sta nell’attrazione di sé stessa manifestata attraverso storie e aneddoti metaforici che colpiscono per la loro capacità di donare la riflessione.

Ho cercato più e più volte di spiegare ad un paziente di assumersi la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni eppure non sono mai giunta al punto finché non solo diventata un’abile ladra di Nutella che ancora oggi deve fare i conti con lo sguardo di rimprovero di sua madre all’ennesimo barattolo vuoto riposto nella credenza, anche se sono ormai anni che non ne mangio più. Non importa se io lo fossi stata realmente nel passato, l’importante è quella storiella arrivò come un’illuminazione e che oggi in preda a vecchi schemi di pensiero il paziente si ferma, riflette, talvolta si incupisce nell’essere un ladro di Nutella.

Adesso la storia appartiene a lui. E se il segreto di una buona analisi fosse cogliere il momento giusto per lasciare agire il racconto della storia che cura?

Ma cosa ci attrae e da cosa siamo attratti?

Una storia che entra in risonanza con un paragrafo della nostra storia di vita che stiamo attraversando in questo momento. Se un film mi è rimasto in testa, se un evento mi ha colpito tanto da volerne sapere il più possibile, se un sogno non riesce ad andare via anche da svegli essi parlano di noi nella stessa misura in cui parlano di altri personaggi.

Quando sentiamo che questa attrazione agisce, non possiamo far altro che farci condurre verso il suo luogo natio. Esorto a notare questi magnetismi ed esaltarli, rendergli onore attraverso la riflessione, un pensiero, una preghiera. Una esortazione che tramuti in metodo affinché queste scintille producano anima.

Ma torniamo alle calamite…

E così quella bambina, allontanando le calamite, dicevamo, non faceva altro che rimandare l’inevitabile. Che si può ritardare per quanto possibile ma non eludere troppo a lungo. Perché l’altra calamita si è avvicinata e il timore è diventato una dolce realtà. Ci si fa attrarre e si attrae.

Dopotutto siamo calamite. È la nostra natura.

E ci sono cascata e ho visto Storia di un matrimonio di Noah Baumbach tra una pausa dai preparativi del mio matrimonio. Nell’incipit citavo appunto il tempo. I greci ne conoscevano di due tipi. Cronos il tempo che scorre, il susseguirsi delle stagioni della natura e dell’uomo. Inafferrabile. Kairos, il giusto tempo, l’attimo propizio, una frazione luminosa del primo. Kairos richiede attenzione, una mente accogliente e l’azione che deve essere svolta tempestivamente. Kairos porta ad agire, a mettersi in moto. Non richiedere certo solamente plateali azioni. L’esibizionismo sfrontato appartiene all’uomo e non al Dio.

Storia di un matrimonio

Da più fronti mi hanno sconsigliato la visione del film. Come se, le immagini di un divorzio, potessero nutrire il dubbio sulla scelta tanto da farmi desistere. Eppure l’ho visto e non ho desistito.

Il titolo originale riporta solo due parole Marriage Story, che così accostate rendono più giustizia dell’italiana traduzione. Due sono gli elementi portanti della trama. Il matrimonio, la convivenza, il primo incontro, non vengono mostrati ma solo raccontati attraverso le parole dei protagonisti.

Ci si trova di fronte alle migliori intenzioni messe in piedi nel peggiore dei modi. Un po’ come il presidente Trump che lancia bombe inneggiando alla pace.

Il guaio è che ci si sposa con grandi aspettative sia sul versante dell’ideale sia su quello pratico. […]La realtà non è mai all’altezza delle fantasie che ci portiamo dietro nel matrimonio. C’è un eccesso di fantasie. Ci immaginiamo il matrimonio perfetto, che include tutto – tutti gli dèi: comunicazione, collaborazione e complicità, sostegno, fertilità, amicizia, estasi sessuale, infatuazione, immaginazione creativa, lealtà, un luogo per esprimere la follia, la perversione, la rabbia, dove tutto sarà permesso. Il matrimonio, ci diciamo, saprà comprendere tutte queste cose. (James Hillman, Figure del mito, p. 222)

Il guaio del matrimonio non è tanto nelle persone che compongono la coniunctio quanto nella fantasia che questo immaginario si porta con sé. Una fantasia intensamente nutrita e immensamente più grande degli umani protagonisti. Si confonde il demolire il partner con il demolire la fantasia del matrimonio. E l’altro non può far “altro” che deludere, non potendo sobbarcarsi tutto il peso di queste mitologiche attribuzioni.

Storia di un divorzio

In sede di separazione, la fatica e la sofferenza non è tanto distaccarsi dalla persona reale quanto dalla fantasia di quella persona e dalla fantasia dell’unione.

Si piange e si urla per e contro se stessi in maniera infantile perché le unioni perfette sono speranze del bambino. Si deve promuovere questo salto. Dal concretismo all’immaginale. Dal fuori al dentro. Dai fatti alla psicologia.

L’altro diventa demone nella misura in cui prima è stato visto come angelo. E l’altro non è né angelo, né demone.

Conclusioni

Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo

Lev Tolstoj introduce così il romanzo di Anna Karenina.

L’infelicità porta la strada all’unicità. Si diventa unici attraverso sofferenze e disgrazie. Unico inteso come uno, singolare, irripetibile da non confondere con solo. Si diventa unici attraverso non una ma mille separazioni che avvengono tutti i giorni pur tenendo fede ai voti coniugali.

Una coppia che funziona dovrebbe separarsi immaginalmente almeno tre volte al giorno perché in quelle molteplici separazioni, i partner coltivano la loro unicità, il loro essere singoli pur rimanendo in due.

Le fantasie di con-funzione di una bambina si scontrano con la realtà della materia di cui sono fatte le calamite. Seppur vicine e quasi unite, continuano a rimanere distinte.

P.S. CLICCA QUI per leggere “La terapia di coppia. Come prendersi cura della separazione e del femminile”

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Info sull'autore

Barbara Mazzetti

Psicologa e Specializzanda in psicoterapia ad indirizzo analitico; Collaboratrice presso il Centro di Rieti dell’Associazione Comunità Emmanuel onlus; Autrice di saggi e articoli storico-psicologici.

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