Il denaro in psicoterapia

Definiamo dunque il denaro come ciò che rende possibile l’immaginazione (J.Hillman, Anima e denaro, p. 35, tratto da Fuochi Blu)

Un terapeuta diventa tale solo per avere una buona scusa per entrare in terapia senza doversi dire che ne ha bisogno.

Insomma una buona fetta dei pazienti è costituita proprio dai terapeuti. Dunque quando un paziente arriva in terapia e chiede un ribasso di tariffa, oppure lamenta la nostra poca sensibilità verso le sofferenze del mondo, dicendoci che dovrebbero ricevere le nostre prestazioni gratis, ecco tutte quelle volte un turbinio di immagini e déi si cela dietro gli sguardi imperscrutabili degli psicoterapeuti.

In quel “Gratis” si intravede il “Tu non vali niente”, il “Ma chi ti credi di essere solo perché hai un pezzo di carta”, il “Mi dovresti essere grato che sono venuto qui”.

Frasi che a nostra volta abbiamo pensato da pazienti. Faticosamente scansiamo quello sguardo svalutante che un tempo avevamo posto sulla Madre, sul Padre, sulla maestra ecc. e che avevamo scoperto essere tutto nostro. Poi si inizia a pensare come aiutare quel paziente a riprendersi il suo sguardo svalutante, lavorarci, conviverci e farlo diventare uno sguardo che sa stimare il corretto valore di chi si è. Ma mentre facciamo questo ci muoviamo sui carboni accesi di quello sguardo, immaginiamo improperi nei confronti dei pazienti e guai che non sia così. Sono, infatti, proprio quei carboni, quel calore che ci consentirà di essere efficaci.

È stata l’esperienza terapeutica peggiore, del resto l’ho presa perché era gratis quando ho partorito c’era un servizio di prevenzione depressione post parto, ed io ho detto “Gratis? Grazie, molto gentili, perché no”. Ma non ero ancora nell’orbita Hillman, altrimenti col cavolo, già la “prevenzione depressione” è un concetto pazzesco, se non una profezia autoavverante. (M.L.P. Dal gruppo James Hillman – La valle del fare Anima)

La psicoterapia gratis non esiste

Nulla è gratuito e la psicoterapia gratis non esiste.

Sia inteso, non che non esista la possibilità di avere una psicoterapia senza pagare con denaro sonante, piuttosto non esiste una psicoterapia che non abbia un costo per l’anima. Ecco perché quando un paziente giunge in terapia e inizia ad avanzare questioni economiche che ne impediscono lo svolgimento o la prosecuzione, ogni terapeuta che si rispetti (e io mi rispetto) sa che il paziente si sta chiedendo se se la sente di sostenere i costi psichici di una Psicoterapia. Chiaramente ogni professionista fa una breve indagine sulla condizione socioeconomica di un paziente e spesso adegua la tariffa limando monetine. Ma questo è del tutto inutile alla terapia, quanto invece è necessario alla relazione. Più o meno la trattativa della tariffa è un rito simile a quello quotidiano in cui, incontrando qualcuno, chiediamo e ci sentiamo chiedere “come stai?”. Si tratta di un preliminare senza il quale nessuna conversazione e relazione può nascere, ma i preliminari, per quanto entusiasmanti, non hanno nulla a che vedere con il “rapporto completo”, mi pare si tenda a chiamarlo così negli ambienti accademici.

Ma riflettiamo sui preliminari. Un paziente che non ha 280 euro al mese da investire nella Terapia (ebbene si avete fatto un rapido calcolo e state decidendo se attestarmi su una tariffa di 70 euro a seduta faccia di me un terapeuta politicamente corretto… fate pure), non ne ha neanche 240, se consideriamo che la tariffa può avere oscillazione nell’ordine dei 10, massimo 15 euro. Insomma la trattativa poggerebbe su circa 40 euro, mese in più o in meno. Per questo transito in modo sofferente i preliminari anche perché lo sguardo immaginale prevede l’acquisizione di un lessico immaginale che il paziente ancora non ha. Difficile quindi spiegare lui, o lei, che sta letteralizzando l’immagine del denaro e che sta chiedendomi di essere antiterapeutico.

Ma la letteralizzazione la fa anche il terapeuta. Per questo non potete immaginare quanto sia drammatico per un professionista all’inizio della carriera decidere la tariffa e farsi pagare. L’idea di guadagnare sulla sofferenza altrui o, ancor peggio, chiedere la parcella a un paziente che ti ha appena raccontato in lacrime quello che per lui è il trauma che gli ha rovinato la vita, non è facile da digerire. Vero che quello stesso trauma è la più grande opportunità che ha avuto il paziente perché è ciò che lo ha condotto in terapia, ma non posso far finta di non essere il “cristiano, cattolico, apostolico” che sono, e di avere questo sedimento archetipico che mi ammonisce facendomi vergognare di prendere soldi per quello che faccio. Per questo quando si alza e procede verso la porta scordandosi di… faccio anche fatica a scegliere le parole… scordandosi di pagare? Di “metter mano al portafoglio”? Di “passare alla cassa”? Di corrispondere la parcella? Mi sento meschino nel solo dover scegliere. Poi grave, come un medico che deve notiziare i parenti di un ferito grave al pronto soccorso, e al contempo sorridente e ironico, come chi consola un amico che è stato appena lasciato, sommessamente affermo “Ci stiamo dimenticando la parcella”.

La parcella

L’etimologia mi salva! Parcella? Ci stiamo dimenticando una parte, una porzione. Quella che descrive il rapporto e che ne delimita l’operare, quella che ci aiuta a capire dove stiamo guardando e quale panorama.

Allora sfumano i moniti dei mentori che dicono che la tariffa è il valore che ti dai e sfuma quella tendenza a trasformare ogni  trattativa in uno scontro tra forze titaniche in cui il valore che ti dai combatte con quanto il paziente è disposto a mettere in gioco e il poco valore che si da.

Sfumano grazie all’intervento del simbolo e dell’alchimia. Ed è su questo terreno, quello immaginale, che mi pacifico e esco dalla letteralizzazione. Dunque sciogliamoci dal letteralismo del denaro. Cosa esprime l’immagine dei soldi? Il denaro nei sogni viene spesso trattato come energia psichica. Un personaggio che viene derubato, o che perde denaro, oppure vince, è una funzione psichica che perde energia e che ne deve perdere, oppure ne acquista. Ad esempio il tecnico che mi ha riparato il cellulare perde dei soldi, l’immagine ci suggerisce che quella parte di noi deputata alla comunicazione in modalità maschile, assertiva e fallica, deve ridurre la sua forza. In sintesi è necessario una comunicazione più morbida nei confronti delle persone intorno a noi, così come tra i bisogni e le emozioni, ossia le immagini dentro di noi. Eppure…

Quando un analista interpreta il denaro che compare in un sogno come correlativo di energia, ecco l’argento viene ulteriormente svilito. Un simile modo di vedere, infatti, è puramente funzionale e utilitaristico… non da adito a riflessione psichica… La nozione utilitaristica contrasta con quella che ispirò la coniazione di monete d’argento nel mondo greco. (J.Hillman, Psicologia alchemica, p. 153)

Hillman ci aiuta sempre, il denaro è argento vivo, prelude all’albedo e quindi è la possibilità di passare a questa fase alchemica. Per definirla nel modo più semplice possibile, l’albedo è la fase psichica in cui ci è dato di osservare il solito panorama da un diverso punto di vista. Come se improvvisamente potessimo osservare la strada sotto la nostra finestra di casa vista dalla finestra del vicino. Insomma il denaro è la misura di questa possibilità. E’ la misura con cui siamo disposti a mentalizzare ossia fare i conti col fatto che ognuno ha una sua psichicità. E’ la misura con cui siamo disposti ad accogliere il fatto che di punti di vista sono multipli e quindi che quello del trauma è solo un racconto.

Quindi quando un paziente invoca la penuria di denaro ci sta dicendo che ha bisogno delle sue routine narrative, ha bisogno di restare fermo, di non visitare case dei vicini ossia strutture psichiche alternative, ha bisogno che tutto resti com’è ma, come diceva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, “Perché tutto resti com’è bisogna che tutto cambi”.

Allora la contrattazione delle tariffe su un piano immaginale è una collusione con ciò che è antiterapeutico, ossia la stasi. Mentre abbasso la tariffa sto dicendo al paziente che non ha le energie e le potenzialità di cambiare punto di vista, sto dicendogli che anche io ho paura e che non mi sento di fare quel percorso. Il paziente mi sta chiedendo di confermargli che il mondo è assolutamente corrispondente a così come lui, o lei, lo concepisce. E se io accolgo la richiesta sto a mia volta rassicurando me medesimo della stessa cosa. Del resto le terapie gratis o brevi o, addirittura a seduta singola, sono quelle che combattono il sintomo, mentre la psicoterapia si allea col sintomo. Dunque la gratuità esiste nei servizi pubblici a cui orientare i pazienti, dove probabilmente i pazienti vogliono approdare quando non hanno energie da investire sui propri sintomi e che infatti hanno lo scopo di dismettere i sintomi.

Eppure alla fine resta vero un fatto incontrovertibile, ossia che la psicoterapia è un bene di lusso e che ai tempi di Freud solo il jet set si poteva permettere un auto, un cameriere e una diagnosi di “nevrosi”, tutti gli altri andavano a piedi, si aprivano le porte da soli, ed erano nevrotici senza una cartella clinica, o meglio, erano sani. Dunque anche senza una diagnosi ognuno percorrerà la sua esistenza dal punto A al punto B.

La psicoterapia non è garanzia di raggiungere il punto finale, non è garanzia del proprio individuarsi, la psicoterapia è solo il modo più confortevole di farlo, utile ma non indispensabile. Talvolta inutile. Una psicoterapia gratis in sostanza sarebbe come avere un auto senza motore per il gusto di farla vedere. Uno stesso oggetto ricevuto in regalo o acquistato col sudore della fronte si sdoppia sul piano delle immagini e diventa due oggetti e due dèi molto diversi.

Conclusioni

Risultò che toccare e abbracciare, sgridare e picchiare, bere, baciare, mostrarsi nudi e avere rapporti sessuali erano tutti comportamenti meno proibiti che non prestare denaro a un paziente… perché con il denaro siamo sempre in alto mare (J.Hillman, Anima e denaro, p. 35-38, Tratto da Fuochi Blu )

Sembra che il denaro sia anche un’immagine che sia assimilabile a quella del mare, che sia una rappresentazione del cosiddetto inconscio. Dunque, nonostante io non credo all’esistenza dell’inconscio, se non in immagine, resto fedele comunque al fatto che la Psicoterapia è la sua casa e che mai mi sognerei di accogliere la sua richiesta di portare meno inconscio (denaro) che può, o dire a un paziente qualcosa del tipo: “Mi permetta, ci metta meno inconscio”.

P.S. CLICCA QUI per leggere le altre Confessioni dello Psicoterapeuta!

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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