Immaginare un’altra estate

Quest’anno abbiamo visto nascere la primavera attraverso i vetri delle nostre finestre, chiusi in casa a causa del lockdown, e guardando sbocciare i primi fiori già abbiamo provato ad immaginare l’estate che verrà.

Sarà un’estate strana quella che ci aspetta, incerta perchè nuova nella forma e nella sostanza dalle estati vissute fino ad oggi, dunque difficile da rappresentarsi a priori. Cambieranno i paesaggi che siamo abituati ad associare alle nostre vacanze, quelli esteriori e quelli interiori. Anche il più ottimista e spensierato di noi si troverà a fare i conti con una realtà mutata, non sappiamo ancora fino a che punto.

Nelle scorse settimane si sono avvicendate idee di ogni sorta che permettessero alle nostre spiagge di tornare ad accogliere le persone e le cose. Tutto ben sanificato e distanziato, pur di non rinunciare ad uno scampolo di sole e di presunta normalità.

Nel tentativo di fare una lettura intima e immaginale, proviamo a pensare ad un’estate diversa da qualunque altra, nella quale gli spazi svuotati dalla folla possano assumere un nuovo significato.

Il perturbante nell’ordinario

Nel 1978 Luigi Ghirri, uno dei maggiori fotografi italiani, raccoglie e pubblica la prima serie delle sue opere, nella quale riconosciamo fin da subito il carattere rarefatto e onirico del suo sguardo.

La peculiare abilità di Ghirri è quella di ritrarre il quotidiano, il piccolo, il banale, rendendolo poesia densa e vagamente perturbante.

(Clicca qui per guardare le sue opere nell’archivio Ghirri)

Secondo Freud il perturbante (Das Unheimliche) è la sensazione di paura ed estraneità che ci coglie nel momento in cui qualcosa del familiare riaffiora nello sconosciuto.
È l’intreccio del noto e dell’ignoto che genera spaesamento.

Questo elemento perturbante non è in realtà niente di nuovo o di estraneo, ma è invece un che di familiare alla vita psichica fin dai tempi antichissimi e ad essa estraniatosi soltanto a causa del processo di rimozione (Sigmund Freud, Opere complete, pg. 4262)

Nel fissare alcuni paesaggi dell’estate italiana, il fotografo ci conduce su spiagge deserte e silenziose. Sono luoghi che ognuno di noi conosce bene, eppure ci appaiono diversi, trasfigurati.

Sembra che l’inquietudine non nasca dal paesaggio naturale in sé, privato di figure umane, ma proprio dalle tracce che il passaggio dell’uomo ha lasciato nello spazio dell’inquadratura.

Lo scivolo rosso che non accoglie le grida eccitate dei bambini, la giostra che nessuno fa girare, l’ombrellone chiuso mosso solo dal vento. Sono le tracce di una presenza che si è fatta assenza.

Forse l’incertezza che ci coglie nel dover affrontare ancora le prossime settimane all’insegna del distanziamento sociale e dei divieti è legata all’idea di un’estate triste in quanto svuotata della spontaneità degli incontri, di un mutamento delle relazioni e del contatto umano nei luoghi e nei modi in cui queste relazioni tradizionalmente si intrecciano.

Cornici, soglie e confini

Sostanzialmente la fotografia non fa altro che rappresentare le percezioni che una persona ha del mondo (Luigi Ghirri, “Lezioni di fotografia”, pg. 25)

Per Ghirri l’essenza di ogni fotografia risiede nel decidere cosa lasciare fuori dall’inquadratura. Il mondo tenuto fuori dall’immagine è l’unità di misura del senso dell’immagine stessa.

La macchina fotografica è un mezzo attraverso il quale superare una soglia, uno strumento che consente il passaggio tra l’interno e l’esterno.

In termini psicologici parliamo di confini dell’Io quando indichiamo la coscienza della separazione tra noi e l’altro, ma anche della separazione tra il nostro mondo interiore e la realtà esterna. La compromissione di questa capacità è generalmente sintomo di una condizione psicotica.

L’arte in un certo senso ci permette di fare un’esperienza dell’allentamento di questi confini, in una forma protetta.

Cosa rimarrà fuori dall’inquadratura che ognuno di noi sceglierà, per dare un nuovo significato a questa estate incerta? È solo il nostro sguardo singolare che può fornire alla realtà esterna un senso che si accordi con i movimenti del mondo interiore.

Possiamo decidere, ad esempio, che il distanziamento imposto da fuori ci fornisca la possibilità di entrare in sintonia con i luoghi che ci circondano in un modo nuovo.

La solitudine è un luogo

Quando i sentimenti di solitudine sono visti come archetipici, ecco che diventano necessari (James Hillman, “Il codice dell’anima” , pg.80)

Non sappiamo ancora se quella che ci aspetta sarà davvero una stagione più silenziosa, ma di certo non sarà, come qualcuno dice, un’estate mancata. Abbiamo invece l’opportunità di viverla diversamente, possiamo trasformare l’incertezza nell’intento di fare di ciò che verrà una nuova esperienza.

Le spiagge desaturate ritratte da Ghirri ci aprono, ad esempio, alla possibilità di uno sguardo nuovo su un paesaggio da tempo eletto a simbolo del carattere estroverso e caotico dell’estate: un luogo deputato al divertimento e alla confusione può rivelare la sua dignitosa bellezza anche quando svuotato di persone e riempito di silenzio.

Il silenzio, l’assenza, non sono necessariamente condizioni dalle quali rifuggire, ma luoghi dell’anima che chiedono di essere riconosciuti e talvolta abitati.

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Info sull'autore

Letizia Pascucci

Laureata in Psicologia Clinica, tirocinante psicologa e aspirante psicoterapeuta. Appassionata di musica, arti visive e di ogni forma di espressione creativa.

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