La salute psicologica è un diritto?

Oppure la salute in generale è un diritto?

Ora sia chiaro, sono un pusillanime e la vigliaccheria è per me un valore, dunque difficilmente mi metterò in contrasto diretto con gli ordini professionali di ogni regione italiana, e per evitare di farlo sostituirò molti punti esclamativi con dei punti interrogativi e viceversa, ma mi chiedo cosa stia avvenendo.

Gli psicologi unanimemente invocano la salute psicologica come diritto e, da psicologo, il mio invito è a riflettere sulla salute e sulla tracotante volontà di raddrizzarla e governarla come il “diritto” richiede.

Cosa significa Salute?

Dal latino, la parola salute rinvia alla salvezza, all’incolumità, all’integrità.

Il diritto ad essere salvi e tranquilli insomma sembra essere il prodotto più commercializzato del millennio, anzi direi nei secoli dato che la salvezza fu commercializzata dalla Chiesa prima che dalla Scienza. Insomma non lo abbiamo di certo avviato noi psicologi questo trend. No, noi ci siamo limitati a lottare per divenire professione sanitaria, per entrare nell’alveo delle scienze e poter fare diagnosi. Una volta entrati non avevamo calcolato le conseguenze, ossia che siamo chiamati ad assumerci i rischi nella continuità terapeutica, come nel caso dei colloqui in tempi di covid, e che saremo stati chiamati a garantire la salute. Questo secondo aspetto genera uno dei paradossi presenti nella psicologia dopo il “sii spontaneo” invito di ogni inizio terapia.

Disse Jung

La psicologia deve abolirsi come scienza e, proprio abolendosi come scienza, raggiunge il suo scopo scientifico. E questo perché ogni scienza ha un «al di fuori» di se stessa; ma non la psicologia, il cui oggetto è soggetto di ogni scienza in generale (C.G.Jung, “La dinamica dell’inconscio”)

L’origine del termine “salute” ci spiazza.

Dunque ognuno di noi ha diritto alla salvezza? Alla incolumità? All’integrità? Insomma qualcuno direbbe che qualsiasi evento naturale, e con naturale mi riferisco, banalmente, a qualsiasi evento che non sia diretta conseguenza di un’azione umana, insomma qualsiasi evento come terremoto, cicloni, radiazioni solari, siccità, virus, eruzioni vulcaniche, deve prevedere un sistema sanitario che ci “salvi” dalle ricadute psicologiche di quell’evento?

“per le necessità più urgenti e le situazioni più vulnerabili, come i sopravvissuti al Covid, i parenti dei deceduti, gli operatori sanitari, ma anche i minori in situazioni di disagio, le donne vittime di violenza, le persone con disabilità, a rischio di per disturbi psichici e suicidio” (CNOP)

Il diritto alla patologia

Il documento sottoscritto da tutti gli psicologi italiani, seppur per interposta persona, cita tutte le categorie interessate dalle conseguenze dl covid ma, ahimè, dimentica almeno di appore un “et-cetera” a fine elenco e manca di dire che in alcune categorie il Covid ha garantito un miglioramento degli equilibri psicologici.

È noto il fatto che alcuni disturbi siano andati in parziale remissione in tempi di Covid. Ce lo racconta Recalcati a Maggio così come lo raccontavamo qui a Febbraio. Insomma la questione ha le sue complessità. Allora qui potremmo forse reclamare un diritto alla patologia? Potremmo dire che ognuno deve aver garantita la possibilità di dialogare col suo pathos?

Malattie benedette

Un tumore spesso produce più benessere psicologico a un caso di psicosi di quanto non faccia tanta psichiatria e tanta psicologia. Dunque qui dobbiamo chiarire cosa intendiamo per salute fisica e salute mentale. La salute fisica ha infatti una definizione sempre antroposintonica, o antropocentrica, ossia si riferisce al fatto che il corpo deve funzionare in un certo modo, ossia secondo le aspettative attese dal SSN, mentre le malattie sono dei cattivi dèi da scacciare.

Sopprimere tutte le malattie?

Sia chiaro se mi ammalo mi farò curare, ma dobbiamo ammettere che le malattie sono anche l’espressione più naturale della materia organica che si evolve. Ogni asterisco su uno stramaledetto emocromo è una malattia. Ma se un Q.I. basso è un ritardo mentale, un Q.I. alto è una manna? Se vogliamo qualsiasi deviazione consistente dalla media è una malattia e se vogliamo eliminare la malattia, se vogliamo che la salute sia un diritto, allora saremo costretti a eliminare anche le malattie buone, ossia tutte quelle deviazioni dalla media che producono benessere come, per fare un esempio sciocco, una vista molto acuta. Un po’ come per le emozioni, non puoi sopprimere quelle brutte o sgradevoli, perché puoi solo chiudere tutto il rubinetto. Se sopprimi allora ti privi anche di quelle piacevoli.

La salute è il tiranno del terzo millennio

Questo è il rischio della salute perché “Oltre una certa misura critica, la tutela della salute equivale a una negazione sistematica della salute” ci ricorda Illich. Mi chiedo cosa debba essere guarito, il sonno? Il nervosismo? Il lutto? I traumi familiari? E questo prima del Covid non era previsto? Io ho timore che cercando di scongiurare le sofferenze psicologiche, offrendo gratis o d’ufficio il sostegno psicologico stiamo comunicando al mondo che non è in grado di farcela da solo. Lo vincoliamo alla nostra, spesso improvvisata capacità di guarire le fatiche della vita. E siamo sicuri che la salute psicologica sarà garantita dallo psicologo di base? Siamo sicuri che l’esercito di psicologi in cerca di lavoro non si stia confondendo e, a costo di portare a casa lo stipendio, veda malati ovunque? Siamo certi che la salute mentale debba essere istituzionalizzata senza che si corra il rischio di istituzionalizzare la psiche?

La sofferenza psichica è semplicemente inflazione

Allora diamo una definizione di salute psicologica. Potremmo dire che un individuo è in salute se non sviluppa inflazioni psicologiche. Tutto ciò che è “osi” o “penia” è indice di disagio psicologico. Troppo o troppo poco, depressione e maniacalità, eccitazione e anedonia, priapismo e disfunzione erettile, fissità cognitiva e creatività, amore e odio, tristezza e felicità, dolce e salato e compagnia cantano. Il troppo che esclude il suo opposto è indice di sofferenza. Ma lo è anche il perfetto equilibrio, lo è anche l’omeostasi perché anche l’eccesso di stabilità e di equilibrio tra opposti è indice di poca salute psicologica. Sarebbe indice di una totale incapacità di adattamento agli eventi. Allora l’allostasi, ossia il cambiamento che genera equilibrio, è altrettanto necessario. Insomma la salute psicologica rischia di escludere se stessa. Guai a colui che non transita e oscilla tra eccessi di quando in quando. Quello è il segno della vitalità.

Andrà tutto bene

Eccoci, quindi, qui con le nostre riflessioni a invocare il dio opposto, che non esclude quel CNOP ma lo completa. Noi invochiamo il diritto alla malattia mentale. Invochiamo il diritto a soffrire, a eccedere, a deprimersi, a perdere la pazienza. Penso che questa possa essere la vera rivoluzione che la Psicologia potrebbe inaugurare. Invece noi tutti, in barba a Basaglia, perdiamo di vista la nostra specificità, ci opponiamo al coronavirus e cerchiamo di aiutare i “sopravvissuti al covid”. Che se sono sopravvissuti al virus reggeranno anche a tutto il resto. Insomma personalmente ho una profonda fiducia in psiche e nella vita. Ritengo che tutti resteranno sani se con salute noi includiamo anche il diritto alla malattia. Un tempo la malattia era un dio e non perché ci salvava ma perché avevamo l’umiltà di comprenderne la profonda funzionalità sociale, psicologica e organica. Oggi ci illudiamo di sconfiggere la morte ma con lei non ci accorgiamo che stiamo minando la dimensione immaginale che la signora con la falce porta con se, ossia il cambiamento e il divenire. Allora state serenamente male, disperatevi tranquillamente perché, ce lo eravamo detto un paio di mesi fa, andrà certamente tutto bene.

P.S. CLICCA QUI per leggere Conversione e Tortura, l’altra faccia della psicoterapia

Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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