Come vuoi che, su cose invisibili, si creda a uomini che vediamo così male, o così ingenuamente istruiti su quelle visibili? (Paul Valéry)

La vista è un fenomeno strano.

Vi è mai capitato di non vedere qualcosa anche se questo è proprio davanti ai vostri occhi? Può capitare con gli oggetti, come chiavi, cellulare, documenti. Può capitare con i sentimenti, quando non ci rendiamo conto di quello che chi ci circonda sta provando. Succede anche con le persone, con tante persone. Non ci accorgiamo nemmeno che esistono.

A volte è un fenomeno comprensibile: nel mondo esistono più di 7 miliardi di persone; non abbiamo alcuna possibilità di avere prontezza dell’esistenza di tutti. Ma quando non ci accorgiamo di chi è nel nostro spazio di vita, quando non vediamo chi ci è, letteralmente, di fronte agli occhi, beh, lì dobbiamo cercare una spiegazione psicologica: com’è possibile che il visibile diventi invisibile?

Il bambino camaleonte

Io sono camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente. Qualunque mio sforzo verso l’unità riuscirà sempre vano.
(Gabriele D’Annunzio)

Si potrebbero scrivere volumi interi per provare a spiegare in cosa consiste il processo visivo. Ancora di più, sarebbero necessari infiniti volumi soltanto per tentare di comprendere cosa succede dentro di noi quando vediamo, o scegliamo di vedere, qualcosa. I bambini, a pochi mesi, concepiscono l’esistenza di un oggetto solo se possono percepirne la presenza fisica. Se un oggetto scompare dal loro campo visivo, beh, quell’oggetto sembra non esistere. Questa particolarità sembra scomparire con il crescere dell’età, con l’evolversi delle capacità di ragionamento. Ma è solo un’illusione. Sì, sappiamo che la luna e il sole esistono quando non li vediamo, ma non ci accorgiamo di molte cose quando queste non ci “sbattono contro il naso”.

Spegnere la luce e trovarsi in una stanza assolutamente buia coincide con la sparizione dalla vista degli oggetti che si trovano nella stanza. A chi di noi non è capitato di camminare in piena notte in cerca del bagno, al buio, dentro casa propria, e di inciampare o sbattere contro uno spigolo?! Gli oggetti che con il buio spariscono esistono ugualmente e, ugualmente, sono in grado di provocarci una reazione, ma dobbiamo “sbatterci” o “inciamparci”.

Qualche giorno fa, scorrendo Facebook, ho visto un’immagine che mi ha colpita. L’immagine della “Invisibilità della povertà”. Non sono riuscita a trovare assolutamente nulla su quest’opera. Si legge qui e là che è di un’artista di strada, senza nome né città. Perciò non posso nemmeno dire se esista nella realtà fisica all’esterno del World Wilde Web. Ma, in questo caso, non mi interessa. È un’immagine che mi aiuta a raccontare la mia idea del perché nel mondo dei presunti adulti esista ancora la capacità di non vedere. Di far scomparire gli oggetti. Di far scomparire le persone e perfino i sentimenti.

Nell’immagine di cui vi parlo, è raffigurato un bambino di colore, con vestiti lisi, seduto all’inizio di una scalinata: il prototipo della povertà economica, così come la raffiguriamo nel ricco occidente. Il bambino si confonde perfettamente con le scale. Scompare. Sembra essere un camaleonte che si sta difendendo dal predatore.

La povertà che fa paura

Beati i poveri in spirito
(Vangelo di Matteo)

Nei Vangeli, ricorrono le “Beatitudini”, una serie di affermazioni attribuite a Gesù di Nazareth mentre insegnava ai discepoli. La prima delle Beatitudini recita: “Beati i poveri”. In uno dei quattro Vangeli la beatitudine termina lì. In un altro, l’evangelista Matteo la rende in questo modo: “Beati i poveri in spirito”. E a una prima lettura chiunque avrebbe il diritto di pensare un pensiero che più o meno parlerebbe di fregatura. Come fa a essere una fortuna l’essere poveri?! Nella presunta normalità del mondo che ci circonda, sarebbe assurdo scegliere una condizione di mal-essere. La chiave di volta, ancora, è proprio nella scelta. Subire una condizione di privazione è una condanna che non si augura a nessuno.

Tuttavia, ci sono state e ci sono ancora oggi innumerevoli persone che hanno rinunciato agli averi economici per diventare “poveri”. Lì la povertà (economica) è diventata una scelta e, come tale, condivisibile a prescindere.
Ciò non toglie che molto spesso ciascuno di noi è, contemporaneamente, spaventato e infastidito dalla povertà. Soprattutto se in questa categoria inseriamo tutti gli invisibili. Clochard, mendicanti, sfruttate e sfruttati. Pensiamo ai braccianti nei campi della nostra democratica Italia. Alle strade di periferia dove donne e uomini mettono in venda (troppo spesso sotto sfruttamento) il proprio corpo. Pensiamo ai barconi di migranti. Pensiamo agli anziani rimasti soli.

L’elenco potrebbe essere infinito. E proprio perché infinito è così difficile da concretizzare, a meno che non ci “sbatta contro”. Non facciamo nemmeno più caso alla sofferenza manifesta di chi chiede l’elemosina, vende accendini o si presta come parcheggiatore abusivo. Molti di loro sono sfruttati dalla malavita organizzata. E con questa spiegazione giustifichiamo il nostro fastidio. Allo stesso modo, ci siamo abituati ai venditori e venditrici di corpi, purché siano sempre in strade di periferia o in strade associate “antropologicamente” alla prostituzione. La prostituzione farebbe rumore se avvenisse in quartieri residenziali, ma non per la visibilità della sofferenza, ma per la perdita di decoro del quartiere. E se la prostituzione avesse la capacità di diventare camaleontica (fidatevi, è un fenomeno che avviene da parecchio tempo), beh, la normalità la tollererebbe. Perché continueremmo a riuscire a non vedere la sofferenza e non vedremmo ciò che scegliamo di rendere visibile: prestigio, decoro ecc.

E allora perché non vediamo tutto questo? Perché il nostro cervello diventa un selezionatore di informazioni? Perché abbiamo una gerarchia di valori così forte da non accorgerci di non vedere?

Conclusioni

La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda… di accendere la luce.
(Dal film Harry Potter e il prigioniero di Azkaban)

Ancora una volta, la differenza è la nostra capacità di scegliere. Gli esseri umani sono capaci di coprire uno spettro infinito di azioni. Dalle più nobili alle più turpi. Scegliere di non vedere la sofferenza degli altri, la povertà, l’emarginazione, può essere un’azione dannatamente adattiva.

Può permetterci di non avere incubi prima di andare a dormire. Può permetterci di rimanere focalizzati sulle nostre difficoltà di ogni giorno, rendendoci così esseri unici e indispensabili, almeno nel mondo della nostra coscienza.

Spegnere la luce della consapevolezza sulla sofferenza del mondo è un processo molto simile al bambino che si nasconde sotto le coperte per far sparire le paure: se non vedo loro, loro non vedono me. Da qui nascono le periferie del mondo. Da qui nasce l’invisibile della nostra coscienza. Da qui nasce la capacità, mostruosa, del nostro tempo, di rendere il visibile invisibile.

P.S. CLICCA QUI per leggere il significato psicologico di Game Changer di Banksy

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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