Per essere cittadini consapevoli del mondo occidentale nell’era post-hitleriana, non soltanto non dobbiamo dimenticare le immagini e la lezione della prima metà del nostro secolo, l’’epoca storica di Hitler, abbiamo anche il dovere di riflettere su Hitler come possibilità demoniaca presente nel mondo occidentale stesso (James Hillman, Il codice dell’anima, p. 268)

IL VOLTO SEGRETO

Adolf Hitler. Un nome che richiama a ciascuno immagini di sterminio, di sofferenza. Il buio dell’umanità. In pochi sanno, però, che prima di diventare il folle dittatore che conosciamo, Hitler è stato (quanto meno, ha provato a essere) un artista.

Nelle prossime righe analizzeremo un suo quadro, cercando di scoprirne luci, colori e ombre. Proveremo a sbirciare nel doppio, nell’anima di un feroce dittatore con il desiderio di essere Adolf Hitler, un artista.
La nostra personalità ha potenzialmente infinite caratteristiche. Per semplicità, siamo abituati a dividere questo universo in luce e ombra, consapevole e inconsapevole. E ancora, giusto e sbagliato, bene e male.

C’è una ambivalenza di fondo a caratterizzare le nostre vite.

Un esempio (assordante per la sua potente valenza) può essere Hitler. Feroce dittatore, guerrafondaio, sterminatore, da alcuni definito l’anticristo.

Se studiassimo l’anima attraverso l’arte, la biografia, il mito, o attraverso la storia delle guerre, la politica e le dinastie, (…) vedremmo che il normale e l’anormale dovrebbero forse scambiarsi le case. (James Hillman, Fuochi blu, pag 223)

Un individuo in grado di segnare in modo indelebile la storia del XX secolo, di scrivere una delle pagine più turpi dell’umanità. Folle o geniale, votato alla morte e ai culti misterici, padrone di potenti doti comunicative. Eppure, anche in Hitler c’è la possibilità di scoprire un doppio. Anche in una persona associata a immagini di morte senza risurrezione, di uomo privo di umanità, possono essere trovate fiammelle di forza creatrice. E non si parla della forza comunicativa e “virile” di un leader di folla, di un generale capace di spingere soldati alla conquista di un impero.

VASO BLU CON FIORI

Per parlare di Hitler artista, è utile soffermarsi su un’opera di scarso valore artistico (valutata trentamila dollari non certo per la sua valenza estetica), ma di immenso valore psicologico: vaso blu con fiori (1912).

Una vera e propria opera d’analisi. Un soggetto immobile e inanimato dove il ruolo dell’uomo, di Hitler-pittore, è assente dalla tela, ma radicato nel suo significato. È un’opera che porta con sé il tema del doppio, della natura e della sua de-naturazione. Un’opera in cui Hitler diviene creatore e non distruttore; il doppio, nascosto in ognuno di noi. Il doppio che esplode in una natura morta. Incarna quell’archetipo che, pur avendo scelto sofferenza, odio e distruzione, in quest’opera attiva il creatore. Chi usa i colori, crea. Il creatore nasce dalle ceneri e immagina. Hitler immagina una natura morta. La natura morta è un’immagine estrapolata dal suo contesto, presa dal pittore per raccontare qualcosa al suo spettatore. Proprio per questo scopo comunicativo, le nature morte hanno la capacità di scrivere una bozza di profilo psicologico del proprio autore. Il tipo di colori usati, le sfumature, la fonte immaginaria di luce, i giochi d’ombra…

In una semplice figura, Hitler, ancor prima di scrivere cupe pagine di storia, dipinge i tratti di una parte della sua personalità: il suo desiderio di essere un artista. E in una natura morta che proviamo a scorgere una parte del profilo psicologico di Hitler. Ogni elemento diventa un tassello utile a questo scopo.

La brocca e la madre de-naturata

Prendiamo il caso dei fiori e dell’oggetto che li contiene. Si può scegliere di dipingere i fiori in un vaso, come consuetudine. Oppure si può immaginare di trovarli in una brocca. Sì, in una brocca. Non un contenitore, ma un mezzo di passaggio di liquidi. Il vaso viene riempito e contiene. La brocca, invece, viene riempita per riempire. Accoglie per poi passare il proprio contenuto. La brocca è un simbolo femminile, materno. In questo quadro, però, la brocca viene de-naturata. Viene privata di una sua funzione operativa. Diventa un mero contenitore, un tramite estetico. Il simbolo della Madre si ferma al ruolo di accoglienza, di nutrice. Ma viene deprivato del suo ruolo completo, ovvero della potenza genitrice e creativa. Non è un caso che l’artista Hitler tratteggi un’immagine di madre de-naturata, privata di una forza genitrice, di un ruolo attivo.

I fiori della Grande Madre

Ora guardiamo i fiori. In una natura morta anche la razza floreale assume un significato dirompente. C’è chi dipinge girasoli o fiori di campo. E c’è chi dipinge una brocca piena di azalee. Perché Hitler avrà scelto proprio questo fiore? Ancora una volta, anche questo simbolo racconta del ruolo femminile, dipinge i contorni della Grande Madre.

Le azalee sono il fiore della femminilità. Il fiore della madre. Quella Grande Madre a tratti benevola, protettrice, salvatrice che cela il suo lato ombra di madre distruttrice. Azalee dal doppio volto: nutrici e divoratrici. Una natura morta che non ha per protagonista l’umanità, ma il suo femminile. Azalee di diversa altezza, a tratti sopite dal calore.

Anche in questo caso, l’artista Hitler fa una scelta che potrebbe lasciarci interdetti.

Il quadro è dipinto con acquerelli. Quel colore dai tratti tenui e tranquilli che porta con sé fluidità e leggerezza, ma lascia velature nascoste e indecifrabili. Gli acquerelli sono i colori dell’indefinito, delle sfumature. Sono i colori delle ombre. Nell’artista Hitler ci sono ombre di tempesta. Le ombre create dai fiori e dal vaso-brocca assumono le forme di nuvole di temporale, di nuvole di esplosione. E un quadro dalle apparenti sembianze di tranquillità immobile si veste del doppio, si riempie di sembianze di attesa di tempesta.

CONCLUSIONI

Nessuno ha mai scritto, dipinto, scolpito, modellato, costruito o inventato se non, di fatto, per uscire dall’inferno. (Antonin Artaud, Van Gogh. Il suicidato della società, pag.38)

Quest’opera appare come un continuo oscillare tra luce e ombra. Tra luminose e tenui azalee di color rosa e l’aggressività e la vendetta del rosso. Barcolla tra l’apparente quiete di un vaso di fiori e l’illusorio fragore delle ombre di guerra. È un dipinto in cui Hitler dà sfogo alla Grande Madre. Dà forma al doppio racchiuso nella sua anima. Dipinge la sua forza: creazione e distruzione. Non si può pretendere di avere risposte alle curiosità su un personaggio così complesso attraverso una sola opera. In realtà, l’intento di queste righe è quello di gettare un dubbio. Perché in ogni individuo non può esistere solo il male. Non può esistere nemmeno soltanto il bene. Esiste una dualità con infinite e indefinite sfumature.

Il doppio è in ognuno di noi.

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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