Dicembre: una lettura archetipica 

L’attuale scansione temporale dell’anno in mesi, giorni, stagioni non è sempre stata la stessa nei secoli. Ciò che conosciamo oggi è il risultato di modifiche, correzioni, aggiustamenti, per trovare la formula precisa affinché, anno dopo anno, ogni ricorrenza accadesse pressappoco nello stesso periodo. E quello che oggi consideriamo una semplice consuetudine è il miglior risultato che si potesse ottenere per creare ordine al trascorrere del tempo. Qui ci soffermeremo ad amplificare il mese di Dicembre prendendo in prestito le parole di autori e poeti che hanno dedicato qualche verso all’ultimo mese dell’anno.

Il calendario romano: qualche premessa

Il nostro attuale calendario è una lontana derivazione del più antico calendario romano. Leggenda narra che fu istituto da Romolo in persona e che fu in vigore fino alla sua sostituzione, del 46 a.c., col calendario giuliano. Nell’antico calendario romano il tempo veniva scandito in dieci mesi alcuni dei quali prendevano il nome dalla divinità a cui erano dedicati, altri semplicemente dalla posizione che occupavano nella sequenza temporale. Questo secondo caso è proprio quello del mese di Dicembre il cui nome deriva da dieci, decimo. Insomma Dicembre significa semplicemente decimo mese dell’anno, e sempre il mese a sua conclusione.

Inoltre, allora più di oggi, le attività lavorative erano scandite dai giorni riservati alle feste e ai riti i quali erano considerati più importati, sacri, la ragione prima e ultima per la vita. Nell’antica Roma tra feste pubbliche e private, le Feriae, si stima che 185 giorni in un anno erano dedicati ai festeggiamenti. In breve per metà dell’anno i romani non lavoravano.

Adesso, però, vi starete chiedendo perché tutta questa disamina su vecchi calendari non più in uso. Perché, così come il nostro modo di scandire il tempo è derivazione del loro, anche nella psiche attuale riecheggiano tutte le migliaia di popolazioni vissute precedentemente. E tutte le modifiche che hanno portato all’ordine attuale non sono scomparse nel nulla ma sono state assorbite dall’ordine per costituirsi come tale oggi.

Dicembre da ieri a oggi

Il Dicembre del 2019 risente dello stesso mese dell’anno precedente e di quello ancora prima fino a giungere, indietro nel tempo, a quando c’era il gelo che non aveva ancora un nome. Ed oggi ci ritroviamo, inevitabilmente, anche col sentimento di allora per descrivere ciò che oggi attraversiamo. Dicembre può essere definito come un mese di costrizione. Etimologicamente il termine costringere rimanda al latino con-stríngere. «Stringere insieme». Tenere insieme con la forza e comprimere per ridurne di volume. Costringere è obbligare qualcuno a fare delle azioni, o a non compierle, contro la propria volontà. Ciò che implica che questo qualcuno, alle volte, siamo noi stessi. In cosa ci costringiamo? Dicembre, innanzitutto, ci costringe dicendoci di quale stoffa siamo fatti.

Le tenebre 

Le giornate sono maggiormente avvolte dalle tenebre che dalla luce. Accoglie il solstizio d’inverno e la giornata più corta dell’anno. Accoglie più tenebre che luce. Accoglie la morte del sole che non riesce a scaldare.

Dicembre. Fa freddo e secco. Sento i morti che si avvicinano a noi, sento le ossa delle foglie morte fare rumore sotto i piedi di luce. L’inverno fa il lavoro dei grandi maestri: semplifica. (Christian Bobin)

Dicembre ci fa sentire più vicini alla morte. Inevitabilmente è tempo di bilanci. Si contano le cose che si sono fatte e si confrontano con quelle che si sarebbero volute fare e, dal confronto, se ne esce sempre come perdenti. E gli anni trascorrono e quelli alle spalle sembrano sempre migliori di quelli che abbiamo da lì a vivere. Dicembre e la morte. La morte di progetti, l’abbandono di ideali di sé e degli altri, la morte più vicina a ricordarci che non siamo immortali. Da tutti questi tagli se ne esce, si ridotti, ma anche più essenziali. Inoltre tralasciare il superfluo permette di avere spazio a disposizione per accogliere il nuovo.

La memoria 

Dio ci ha donato la memoria, in modo da poter avere le rose anche a Dicembre. (James Matthew Barrie)

Per la sua posizione nel calendario, Dicembre è sempre un ponte tra vecchio e nuovo. Passato e presente. Non significa automaticamente, però, che si debba buttare dalla finestra tutto ciò che non rispetti le caratteristiche della novità, perché Dicembre insegna la saggezza della memoria. La saggezza di Dicembre è una saggezza senile, che può apparire anche fredda ma che ha la capacità di vedere, da una posizione distante, la struttura delle cose. È una saggezza che ricorda. E la memoria da individuale si fa storica fino a diventare mitologica.

La famiglia 

Poiché l’ora è notturna e Dicembre e si muore;
poiché fuori fa freddo e in casa c’è calore.
(Gilbert Lely)

Non si può parlare di Dicembre senza accennare alla festa di Natale. Volendo tralasciare addobbi, regali e lucine colorate, Dicembre e così il Natale ci costringono a fare i conti con la propria famiglia. In quale momento dell’anno ci troviamo in contatto con un quantità tale di parenti, vicini e lontani? Le riunioni per le feste sono il momento per eccellenza nel quale parliamo con le persone più disparate, dagli interessi più assurdi e dalle storie più diversificate, che sentiamo terribilmente lontane ma con le quali condividiamo parte del patrimonio genetico. Queste riunioni, oltre a rinverdire vecchie acredini o suggellare nuove alleanze intrafamigliari, stimolano la curiositas proprio verso il parente sconosciuto ingabbiati in quella serie infinita di ripetitive coazioni. Le riunioni per le feste sono un miscuglio di già sentito, già detto, già ascoltato eppure mai conosciuto. Senza di esse la famiglia disperderebbe il proprio calore, le proprie radici e i propri antenati e la propria capacità di accoglienza delle Ombre.

La misura della magnanimità di una famiglia non è data tanto dalla carità che mostra, quanto dalla capacità di accogliere le Ombre dei suoi membri. La carità incomincia in casa propria. (James Hillman,  Extending the Family)

La rinascita                                              

Siamo più vicini alla primavera
di quanto siamo stati nel mese di settembre,
Ho sentito un uccello cantare
Nel buio del mese di Dicembre.
(Oliver Herford)

Ho iniziato parlando della morte presente in Dicembre e concludo dicendo anche della nascita che esso custodisce. Mitologicamente in questo mese Demetra vaga disperata alla ricerca di sua figlia Kore mentre la fanciulla indossa, negli inferi, la corona da regina Persefone. La natura non muore in inverno ma riposa al di sotto del terreno. I semi acquistano forza per lo sbocciare della primavera che, come ci dice Herford, è più vicina di quanto possiamo immaginare. Ad ogni inverno segue la primavera, è un preludio di questa. Dal solstizio d’inverno il sole inizia, lentamente, a riprendersi il suo spazio per esplodere il prossimo anno.

Conclusioni 

Dicembre ci costringe dicendoci di quale stoffa siamo fatti. Dicembre ci costringe nella misura in cui facciamo i conti con un ridimensionamento, una perdita di volumi ostacolanti. Dicembre ci costringe mettendosi di fronte la trama della nostra stoffa. Riemergono i vecchi rammendi, facciamo i conti con la natura stessa del filo a cui non si possono fare troppi nodi. Pena la rottura. Dicembre ci costringere a vedere la maniera in cui il nostro filo sia intrecciato ad altri. Vediamo il dettaglio ma con lo sguardo rivolto all’estensione e alla forma del tessuto.

P.S. CLICCA QUI per leggere Dicembre: il mese dell’attesa e delle ombre

Taggato in:

Info sull'autore

Barbara Mazzetti

Psicologa e Specializzanda in psicoterapia ad indirizzo analitico; Collaboratrice presso il Centro di Rieti dell’Associazione Comunità Emmanuel onlus; Autrice di saggi e articoli storico-psicologici.

Vedi tutti gli articoli