Dalla negazione alla rimozione passando per la repressione

Non è vero! Non l’ho detto! Non l’ho fatto, pensato, suggerito…! Io non sono così! Siamo tutti inesorabilmente impegnati a contrattare la realtà e l’immagine di noi e degli altri. Affannosamente ci ostiniamo a convincere e convincerci che le cose siano andate come diciamo noi. Allora qui parleremo della negazione come quel piccolo e subdolo processo attraverso cui cerchiamo di nasconderci dal mondo e da noi stessi. Si, Lei, la negazione, e sua cugina la repressione, sono il modo con cui giochiamo a nascondino. Ma attenzione! Quando neghiamo, ci neghiamo. Pensiamo di negare i fatti mentre stiamo negando noi stessi e il rischio è che, dopo esserci nascosti ben bene, il gioco finisca e nessuno ci abbia trovato.

Definiamo la negazione

“La negazione determina una compromissione dell’esame di realtà, fino alla completa scotomizzazione dalla coscienza del dato di fatto conflittuale o intollerabile, senza alcuna consapevolezza di ciò”. Eccola la definizione, quella che, come sempre prendiamo da Wiky, la fonte meno psicologica che si trova in rete. Si perché se prendiamo i manuali di Psicologia rischiamo sempre di trovare dei romanzi di fantascienza, quelli in cui un trauma, non sempre reale, viene negato, rimosso oppure ci spinge a rimuoverlo.

Negare perché insomma? Negare perché non ci piace. Negare perché se abbiamo ospiti tiriamo fuori il servizio buono. I bicchieri opacizzati, quelli che subiscono gli spruzzi della lavastoviglie da anni, quelli che sono al nostro servizio da sempre restano in dispensa, lì dentro i pensili arancioni della cucina (Ebbene si, la mia cucina è arancione e me ne scuso).

Negazione etimologia

Ma negare significa “non dire”. Capito? Non significa dire il falso o dire il contrario, no. “Non dire”. Per questo mi sento di affermare che quando parliamo, qualsiasi cosa diciamo, ci stiamo rivelando. Ok magari lo facciamo per contrasto, ma ci riveliamo. Le nostre parole possono cercare di negare, ma il nostro volto no. E se riusciamo ad ingannare qualcuno allora costui è complice, vuole essere ingannato, ha bisogno come noi di stare nella distorsione della realtà. Dunque potremmo a ragione dire che la negazione è quel processo attraverso cui due o più persone, più o meno in modo pianificato, procedono alla costruzione di una realtà che sia accettabile.

Negare a che scopo. Cosa fa la psicoterapia

Le difese hanno tutte lo stesso obiettivo. Porre il “male” fuori da noi. Ciò che è bello ci appartiene, ciò che è brutto NO. Lo strenuo tentativo di porre le ombre altrove, fin anche a negarle, è sempre espresso attraverso le difese. E sia chiaro che un po’ di difesa è salutare, è sempre, come diceva l’alchimia, una questione di dose. E pensare che la psicoterapia è proprio il lento lavoro nel recuperare loro: le ombre. La terapia cerca di ammansire la negazione, la repressione e gli altri meccanismi di difesa per avere accesso all’anima, a Psiche. Si perché negare rischia sempre di essere un processo in cui anche noi stessi non sappiamo più chi siamo.

Negazione e Diniego una piccola differenza

Il diniego è un processo parallelo. Fin qui abbiamo trattato negazione e diniego quasi come sinonimi ma una distinzione mi sembra importante condividerla. Mentre nella negazione si elide, elude e distorce il contenuto emotivo di un evento pur cercando di lasciare intatto il dato concreto, nel diniego questo, il dato concreto, viene sostituito da fantasie. Insomma direi che si tratta del medesimo meccanismo declinato dentro di noi o fuori. Il punto è che la misura con cui noi mitizziamo i meccanismi di difesa è quello con cui li rinforziamo. La negazione e il diniego conducono alla “rimozione” ossia alla eliminazione dalla memoria dell’evento sia negli aspetti concreti, sia in quelli affettivi. Ma, in vero, è raro incontrare qualcuno che non abbia memoria di un evento importante.

La negazione, la rimozione… non esistono

Personalmente ritengo che i meccanismi di difesa siano diventati espedienti letterari piuttosto che processi psichici più o meno volontari. Sia inteso, possiamo certamente incontrare qualcuno che nega, che diniega che rimuove ma questo non significa che fare una cosa è essere quella cosa. Ognuno di noi è un romanziere di se stesso e inventa percorsi e routine narrative per somigliare all’immagine di sé più fulgida che si ha. Ma se posti nel giusto ambiente gli eventi li ritroviamo sempre lì, sullo scaffale in alto a destra. Ognuno di noi sa quali stupidaggini sta raccontando. Allora appellarsi alle famigerate difese è divenuta anche lei una difesa. La terapia resta la Svizzera dell’anima, quella zona franca in cui dai romanzi si ritorna ai propri fatti psichici.

La repressione è il vero pericolo non la rimozione

Siete stanchi vero? Dopo negazione, diniego e rimozione ora che “Roba” è questa qui? È vero i meccanismi di difesa sono come una matriosca, i modi per cercare di nasconderci sono come un caleidoscopio. Ma tranquilli Lei, la repressione, è la stessa cosa della rimozione. Ma mentre quest’ultima è un processo inconsapevole, la repressione è il pianificato processo di nascondimento di fatti e delle emozioni connesse a quei fatti.

Il Taoismo e molte altre discipline ci suggeriscono di agire le immagini. Se ci salta in mente la fantasia di noi che defechiamo in mezzo alla piazza, allora usciamo di casa e procediamo? No mi sento di non suggerirlo. La psicoterapia combatte la repressione invitando, come faceva l’alchimia, a non agire l’immagine, a tenerla dentro, ad agirla all’interno. Lo so è un po’ ostico ma si deve fare una terapia per comprenderne il senso. Qui sia sufficiente dire che la repressione coincide col mettere un tappo ad un universo emotivo, significa fare un olocausto di emozioni, di immagini, di archetipi.

Un piccolo segreto in conclusione

Il modo migliore per ricordare qualcosa è cercare di dimenticarlo, negarlo, reprimerlo. E se mai fossimo così bravi da riuscire a coinvolgere tutto il mondo del fatto che quell’evento e quell’emozione non esistono, allora noi ci ritroveremmo solo nel ricordo di quell’evento e di quella emozione. E lei si, la solitudine, che può diventare inaccettabile. Allora lotteremo strenuamente per riportare a galla tutto e nessuno ci crederà. Ogni volta che neghiamo, rimuoviamo ecc. siamo condannati quindi a ritransitare l’evento per tutta la sua interezza. Questo ce lo diceva tutta la mistica, la filosofia e la sapienza. Allora invece di negarlo mostralo, defeca in mezzo alla piazza, ridine, sconcertati, vivi. E non sia mai che da quella “cacca”… com’è che si diceva? “In stercore invenitur aurum nostrum”.

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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