Introduzione: cicli psicologici della musica italiana

Ovunque ci aggireremo e qualunque cosa faremo, nella settimana del Festival (anche contro la nostra volontà) sentiremo parlare della voce di quel cantante, del vestito di quell’altra, di frase memorabili e di gaffe, di contenuti (le canzoni) e di cornice (il palco e il pubblico), di nuove proposte e di vecchie glorie, finendo anche noi nel vortice del possibile “totovincitore”.
(Fabrizio Caramagna)

Nonostante le evoluzioni tecnologiche e i cambiamenti dei new media, il Festival di Sanremo rimane un appuntamento che monopolizza l’attenzione di molti. Ogni anno, il Festival della Canzone Italiana diventa non solo un appuntamento televisivo, ma un palcoscenico per avere il polso del tempo che passa.

Gli ospiti, gli abiti, le canzoni, i presentatori…tutto assume le figure di uno spettacolo teatrale, di una “messinscena” antropologica. Ci sono ruoli e simboli ben precisi. Presentatori e presentatrici a prendere la scena, orchestra, cantanti, direttori d’orchestra, ospiti, spettatori.

Ognuno di noi può riconoscersi in uno o più ruoli all’interno del teatro. E anche se ogni anno ci sono canovacci mediatici che si ripetono, tv, giornali e social network fanno percepire l’attesa di questi giorni di spettacolo. 
Perché i media e molti di noi non possono rinunciare a farsi coinvolgere dal fenomeno-Sanremo? Per rispondere a questa domanda, useremo la lente della psicologia e ci faremo guidare da Evaristo Baschenis con la sua “Natura morta con strumenti musicali”.

Natura morta con strumenti musicali

“Dopo il silenzio, ciò che meglio descrive l’inesprimibile è la musica.”
(Aldous Huxley)

Baschenis, musicista oltre che pittore, ha “inventato” un nuovo genere di natura morta, in cui gli strumenti musicali sono i soggetti dei quadri.

Baschenis – Natura morta con strumenti

Non solo, l’artista è capace di caratterizzare le sue opere con immensi livelli di realismo, curando fino all’ultimo dettaglio dei suoi soggetti. In Natura morta con strumenti musicali, Baschenis tratteggia strumenti a corda e a fiato, spartiti e frutta. In una stanza ombrosa e dai forti panneggi, però, il vero protagonista è la polvere. Già, perché gli strumenti sono coperti da un fitto strato di polvere, come se fossero abbandonati lì da tempo. Tuttavia, si possono intravedere impronte di dita, come se un misterioso personaggio umano fosse passato da quella stanza, accarezzando gli strumenti, saggiandone la consistenza. Dita distratte o dita di artista curioso.

Mi piace immaginare una persona innamorata della musica, con le mani affaticate da anni passati a suonare. Una persona anziana, che passa a salutare i suoi strumenti, a saggiarne la consistenza nonostante la polvere. 

Ecco, quest’opera è la metafora perfetta di Sanremo: nato come il festival degli innamorati della canzone italiana, oggi vede la parte musicale presente, ma impolverata, nascosta dietro un velo di polvere. Gli orpelli, le scene, i presentatori e gli sketch prendono il sopravvento e gli sguardi degli spettatori colgono prima e soprattutto questo. La musica resta in secondo piano. Resta in secondo piano, ma, per un orecchio attento c’è, è lì. Sanremo è, a sua volta, la metafora perfetta dell’espressione dell’arte: troppo spesso ci dimentichiamo l’arte in sé e la nascondiamo nei rituali a lei connessi. Un po’ come andare al cinema solo per mangiare i popcorn. Un po’ come si andava al drive-in per avere un’occasione di intimità con il partner.

Baschenis tratteggia la profezia dell’arte di oggi, viva, ma apparentemente nascosta. Per fortuna, tuttavia, ci lascia la speranza di una mano capace di lasciare un segno, di togliere via un filo di polvere. Ognuno di noi può e sa essere quella mano. Ognuno di noi potrà riempire la sua anima di musica, riscoprendo le canzoni di Sanremo che hanno accompagnato momenti indelebili. Ognuno di noi può vivere il Festival come un’armoniosa nuova esperienza da vivere, per associare un nuovo ricordo a una nuova canzone.

Il teatro del presente

“Per il Festival di Sanremo va bene un adagio che i più esperti addetti ai lavori della televisione utilizzano per le “dirette” più difficili: prima dell’inizio sembra che possa succedere di tutto. Poi, quando si accendono le telecamere, ogni cosa torna al suo posto e lo spettacolo va avanti.” (Vincenzo Pitaro)

Il Festival è un crocevia.

I vip mediatici del presente prendono il possesso della scena. Ogni serata sarà caratterizzata dalla presenza di ospiti specifici. Ogni serata vedrà il presentatore-direttore artistico affianco da un/una o più colleghi/e. E ciò che succede nel Festival o nella sua preparazione è una metafora del presente. Quest’anno hanno fatto molto rumore le affermazioni di Amadeus sulle caratteristiche delle donne che lo affiancheranno nella conduzione. Anche qui ciò che emerge è il segno dei tempi.

Che ruolo hanno oggi le donne nella nostra società?

Nel mondo dello spettacolo e nel mondo della vita comune troppo spesso le donne vengono valutate principalmente per la loro estetica e, altrettanto spesso, rivestono un ruolo di subordine rispetto ai colleghi di sesso maschile. Sanremo diventa in questo caso una cassa di risonanza di un fenomeno diffuso. Nell’arte si valuta l’abilità dei singoli, la capacità di sorprendere e coinvolgere gli spettatori. E in ciò gli stereotipi di genere non hanno influenza. L’arte è una connessione magica e coinvolgente.

L’arte e la musica sono i linguaggi principali dell’anima. Nell’arte e nella musica c’è una connessione di mondi psichici. Il puer racchiuso in ognuno di noi scopre parole e immagini nuove e se ne riempie. Gli abiti e l’attenzione all’apparenza esterna degli artisti non hanno abbastanza potenza da poter rompere la magia del linguaggio dell’arte, della musica. E questo è l’antidoto migliore alla piaga degli stereotipi di genere.

Le parole della musica

“A volte nella musica si trovano le risposte che cerchi,quasi senza cercarle. E anche se non le trovi, almeno trovi quegli stessi sentimenti che stai provando.” (Alessandro D’Avenia) 

Il Festival vive attraverso i ruoli attribuiti. Il direttore artistico-presentatore sarà inevitabilmente il punto centrale dell’attenzione e sarà ritenuto artefice del successo e dell’insuccesso. L’orchestra verrà inquadrata e ovviamente creerà il sottofondo della scena. Il pubblico in sala sarà la rappresentazione di un Paese e, allo stesso modo, come successo in diverse edizioni, potrà prendere la scena con manifestazioni di protesta e di disagio.

Poi ci sono le cantanti ed i cantanti. Ma soprattutto ci saranno le parole. Parole in musica. Un’opera di metrica e di suoni complessa e magica. Un’opera in cui possiamo riconoscere la maestria del Vecchio Saggio. In occasioni come il Festival, le parole in musica prendono un peso ancora più del solito. 

E le parole, come la vita degli umani, hanno un passato, un presente e un futuro. Ci sono parole in musica che si scolpiscono nei nostri ricordi, nella nostra anima. E diventano elementi inseparabili dalle nostre esperienze più forti. Il Festival ci ha regalato canzoni che raccontano la sofferenza dei loro creatori, altre che ci raccontano l’Amore e la Follia. Altre ancora hanno saputo regalarci magia. C’è un codice di selezione dei testi da presentare. Ma il codice non guarda alle canzoni che raccontano il passato dei propri creatori. Ecco perché le parole pesanti di un artista invitato ad esibirsi fanno un rumore assordante. Il Festival ci racconta un’altra lezione importante: è difficile liberarsi dalle colpe del passato se non le abbiamo affrontate.

Conclusioni

Lo specchio originariamente creato per la gioia si era trasformato in uno strumento angoscioso, come l’orologio, che è un surrogato dovuto al fatto che le nostre attività non si susseguono più in modo naturale. (Robert Musil)

La nostra vita è scandita da cicli. Alcuni sono naturali e hanno accompagnato lo sviluppo dell’umanità: i cicli lunari, il ciclo delle stagioni… altri sono cicli rituali, che scandiscono i tempi della “società”.

Il Festival di Sanremo ha avuto inizio negli anni ’50 del secolo scorso e ha accompagnato l’evoluzione del nostro Paese e delle generazioni di italiani che si sono susseguite. È uno degli appuntamenti con cui guardare allo specchio il passato di ciascuno di noi.

Non è un caso che possiamo trovarci di fronte a uno specchio fatto di musica. Sì, perché la musica è uno dei linguaggi dell’anima, forse il più potente. Non è un caso che la dimestichezza con la musica sia antagonista di tante patologie psicologiche e neurologiche. Il Festival di Sanremo, attraverso i ruoli, i costumi, le scenografie, i casi, le critiche e le canzoni, è e sarà un rito ciclico. Sotto la luce della psicologia, sarà lo specchio di un pezzo di noi, sarà sempre un “caso”, un lungo insieme di fatti e di ricordi, in cui tutti potremo cercare e trovare un pezzo della nostra storia.

P.S. CLICCA QUI per leggere le nostre letture immaginali di alcune delle più belle canzoni dell storia!

Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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