Siamo divisi e abbiamo paura

La confusione dei morti, dei moribondi, del male, dei gridi, urli spaventi, dolori, affanni, timori, crudeltà, latrocini, disperazioni, lagrime, esclamazioni, povertà, miseria, fame, sete, solitudine, carceri, minacce, castighi, lazzaretti, unguenti, tagli, frenesie, febbri, fuga, spavento, oltraggi, vendette, buboni, carboni, sospetti, svenimenti… (Delumeau, 1979)

Perché siamo divisi? È la paura che ci divide? No.

La paura, come sintomo psicologico, ha come unico obiettivo l’unione, Fobos (personificazione della paura) era fratello di Armonia (personificazione della concordia e dello stare insieme), eppure siamo divisi.

C’è chi ha paura del Coronavirus, chi ha paura dell’incombente “dittatura” sanitaria, chi ha paura dell’ignoranza dei negazionisti, chi ha paura di perdere il lavoro, e chi ha paura di morire.

Abbiamo paura e non è la paura a dividerci.

Siamo passati da un’epoca di terrorismi ad un’epoca di terrore.

Per fare chiarezza in questo caos emotivo è necessario rispondere a due domande:

1. A cosa serve la paura?

2. Se non è la paura, cosa ci divide?

Cos’è la paura

La paura è un’emozione che colpisce in misura variabile ogni essere umano lasciando molto spesso delle tracce indelebili nella sua mente, tracce che possono riemergere in forma più o meno drammatica sia a livello cosciente che nei sogni (A. O. Ferraris, Psicologia della paura, p. 13).

La paura del Covid sta lasciando tracce indelebili nella nostra psiche e le lascerà per gli anni a venire: insicurezza, paranoia, sfiducia e stanchezza.

Prendiamo ad esempio i negazionisti che negano il pericolo e lo spostano su una fantomatica dittatura sanitaria o sul NOW (Nuovo Ordine Mondiale), che minaccerebbe la loro libertà. Oggi i negazionisti parlano della dittatura sanitaria e dei poteri forti individuandoli come responsabili della pandemia, nel ‘500 erano gli ebrei, gli stranieri e i lebbrosi ad essere additati come untori e come coloro che avvelenavano i pozzi al fine di uccidere le persone (A. O. Ferraris, Psicologia della paura).

(Per approfondire questo argomento CLICCA QUI per leggere Psicologia dei negazionisti)

La paura è una reazione istintiva e fisiologica a fronte di una situazione percepita come pericolosa. Le risposte alla paura possono essere diversificate, dall’aggressione alla fuga, e sono proprio queste risposte che ci stanno dividendo.

La paura di vivere VS la paura di morire

Perché abbiamo reazioni diverse alla paura?

Da un punto di vista psicologico, la risposta sta nel fatto che stiamo soffrendo due paure diverse. Per capire meglio questo concetto è necessario fare un distinguo tra la paura di vivere e la paura di morire.

Secondo Otto Rank (1921) esistono due tipi di paure.

La paura di vivere si esprime nel desiderio di non essere separati dalle cose e delle persone che abbiamo e dal rifiuto del cambiamento.

I negazionisti sono quelle persone che hanno paura di vivere: puntano i piedi al cambiamento e temono di perdere la loro libertà a causa di una subdola dittatura sanitaria che starebbe operando ai loro danni.

Ovviamente questa è una proiezione psicologica della loro parte dittatrice, della quale dovremmo seriamente preoccuparci.

La paura di morire è invece aderente ai vissuti di chi ha paura del Covid. Essa si manifesta nel desiderio di non soccombere alla morte.

Le risposte a questi due tipi di paure generano conflitti e divisioni. Siamo divisi perché cerchiamo soluzioni a paure diverse. Quando accade ciò, ci ricordano Defoe e Manzoni (Ferraris, p. 145), emergono disperazione e gesti individuali aberranti dettati da uno stato di angoscia continua che altera i rapporti di solidarietà e desocializza la morte.

Socializzare la paura

Rispondiamo ora alla domanda: a cosa serve la paura?

La storia ci ha insegnato che è attraverso la socializzazione che abbiamo “messo a tacere” la paura. Antropologicamente, di fronte alla paura, l’uomo ha sempre cercato una soluzione comune: le comunità per difendersi dalle minacce esterne, i gruppi per non morire di fame, le consacrazioni per scongiurare vita e morte, l’urbanizzazione di fronte all’antisocialità. Pertanto è evidente che, dal punto di vista psicologico, la paura è un sintomo che ha come finalità la socializzazione e l’unione.

Eppure, oggi, siamo divisi.

I manipolatori delle paure, come ad esempio la Meloni o Salvini, spingono le masse a ribellarsi perché devono dividere, devono riportare l’individuo all’isolamento, all’egoismo e alla separazione: divide et impera. I manipolatori delle paure spingono su temi catastrofici, pongono in dubbio i modelli sociali e le conquiste comunitarie, bloccando l’esploratività, la ricerca di nuove esperienze e di nuove strategie comuni (A. O. Ferraris, Psicologia delle paure, p. 168)

Conclusioni

L’entelechia della paura è l’unione.

In un’epoca sempre più orientata all’individualismo, la Psiche ci richiede socialità attraverso i sintomi della paura e del terrore. Non è un caso che in mitologia, come abbiamo visto nell’introduzione, Fobos è fratello di Armonia.

Più ignoreremo la richiesta di Fobos, più la paura diventerà folle fino ad essere schizofrenica. In questo momento storico di grandi paure, siamo chiamati da Fobos ad accogliere sua sorella Armonia, siamo chiamati nuovamente a rimanere insieme per trovare una soluzione comune.

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Info sull'autore

Michele Mezzanotte

Psicoterapeuta, Direttore Scientifico de L'Anima Fa Arte. Conferenziere e autore di diverse pubblicazioni.

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