L’estinzione dentro di noi

La psicologia dinamica ha iniziato, da Freud in poi, a mettere in evidenza come il mondo intorno a noi sia lo specchio del mondo dentro di noi. Quindi se un numero enorme di specie animali sono estinte o a rischio estinzione, ci dobbiamo chiedere cosa si stia estinguendo nella psiche individuale e collettiva. Questa corrispondenza viene riconosciuta anche dalle scuole di psicologia che si sono affrancate, se non opposte a quelle psicodinamiche. Ma, mentre le scuole cognitiviste (gli affrancati per intenderci) privilegiano le azioni sull’ambiente circostante, quelle psicodinamiche privilegiano il prendersi cura dell’ambiente psichico.

In sintesi l’invito di Hillman a “fare anima” o all’”affacciarsi alla finestra” (James Hillman, Dallo specchio alla Finestra, Oltre l’Umanesimo) promuove proprio l’incontro delle due scuole, ossia promuove una corrispondenza tra lo stato psichico e l’ambiente in cui è immerso. Del resto potremmo definire la patologia come la sofferenza emergente a causa di una mancata corrispondenza tra l’intrapsichico e l’extrapsichico.

Ma veniamo al tema. Guardavo un programma che parlava di specie a rischio e in particolare quelle specie a cui si attribuiscono poteri curativi di parti del corpo che richiedono l’abbattimento, ma direi anche l’uccisione, o l’animalicidio se volete, per poter sottrarre corni, bile, scaglie… Sia chiaro sono un onnivoro e vivo un certo conflitto rispetto al mio rapporto con la carne. Ma non posso fare a meno di preoccuparmi quando sento che moltissime specie rischiano l’estinzione per motivi legati ai loro poteri curativi immaginali. Mi preoccupo perché vedo che viene vilipesa sia la psiche attraverso un processo di letteralizzazione, così come viene vilipeso l’ecosistema e la biodiversità.

In tal senso, prima di annoverare qualche specie e comprendere il valore psichico dell’estinzione, chiarisco che la medicina tradizionale, ad esempio cinese, ha avuto grandi intuizioni mediche, ma soprattutto psicologiche. Ha per esempio intuito la grande potenza del rinoceronte e la messa sul suo corno. E lo ha fatto nella stessa maniera con cui lo farebbe la psiche, anche la più ingenua. Così ci accorgiamo che se sogniamo un rinoceronte stiamo contattando la nostra potenza e tutto ciò che simbolicamente rimanda al rinoceronte. Ma se ci svegliamo e commettiamo un rinoceronticidio, faremmo lo stesso errore che ci capiterebbe di fare se dopo aver sognato nostra madre che ci insulta, ci svegliamo e andiamo a insultarla a nostra volta. Questo è letteralizzare. Dunque il rischio di estinzione delle specie è una colossale letteralizzazione che svilisce gli archetipi che sono contenuti in ogni specie. Trattasi di un  archetipicidio che è trattare nel concretismo ciò che andrebbe trattato in immagine.

La medicina tradizionale ha intuito l’azione immaginale da compiere, poi la coscienza collettiva ha travisato e ha iniziato il commercio non delle immagini ma del loro corrispettivo concretistico.

La seconda preoccupazione è la biodiversità e gli equilibri dell’ecosistema. C’è una certa ecologia machiavellica che suggerisce che molte specie si estinguono e che ciò fa parte del normale corso degli eventi dell’ecosistema. Ma a me impaurisce questo atteggiamento poiché è lo stesso che trovo alla base delle grandi tirannie e degli olocausti. Sembra che il plurale venga sottoposto a grande stress ogni volta che emerge un urgenza di monoteismi. Dunque la riduzione della varietà delle specie in favore della specie Homo Sapiens è il più grande sintomo di unilateralità psichica e di eliminazione del Politeismo. Ma come gli dèi pagani si sono ripresi lo spazio dopo l’avvento del “Messia”, sono fiducioso che le specie si riprenderanno lo spazio rubato dal messia Sapiens. L’estinzione di una specie, senza l’intervento umano, è funzionale agli equilibri dell’ecosistema ma ormai si confonde tra le miriadi di estinzioni indotte per un errore di letteralizzazione. Infine e inoltre viene vilipesa Afrodite, la Bellezza! Si perché la biodiversità è bella e basterebbe questo a fare di noi dei uccisori di bellezza.

Ma torniamo agli animali. Se si digita su wikipedia “specie a rischio estinzione” viene fuori un elenco così lungo da mettere veramente i brividi. Come davanti a un “monumento ai caduti” un velo di tristezza scende sugli occhi fino a farsi paura. Ho paura perché non voglio un pianeta occupato da poche specie, da pochi tipi di organismi, così come non voglio una psiche livida, monocroma. Perché no? Perché laddove dentro di me qualcosa non va, laddove dentro di noi si manifesta uno stato psicologico di sofferenza, oppure peggio, di eccessiva euforia, ogni colore, ogni specie, ogni immagine, ogni archetipo, contribuirebbe a mitigare questa sofferenza.  Se le immagini si estinguono la sofferenza non può che aumentare. Se si estingue l’immaginazione allora c’è la patologia. Altrettanto direi in merito al fatto che l’ecosistema trova i rimedi alle sue esagerazioni proprio dalla pluralità. Ogni specie non eccede grazie al rapporto con tutte le altre e ogni pianta che dilaga trova nelle sue infestanti il suo farmaco di contenimento.

Mi chiedo perché mai ci stiamo adoperando così tanto a eliminare queste risorse? E’ come se stessimo pianificando di appiattire il panorama emotivo che compone le nostre esistenze, come se stessimo cercando di vivere un’unica singola emozione, un unico singolo bisogno. Siamo una specie autolesionista, stiamo compiendo un suicidio collettivo, stiamo segando il ramo sul quale siamo seduti. Spesso questo capita ai pazienti e la terapia deve faticare a evitare il crollo. La Signora “Specie Homo Sapiens” deve trovarsi un bravo terapeuta.

Ma facciamo qualche esempio.

La tartaruga gigante

La tartaruga gigante dell’aldabra è un animale che, venendoci in sogno, ci starebbe rimettendo in contatto con le radici più ancestrali di noi e per farlo ci suggerirebbe la lentezza, quella stessa lentezza che ci consente di memorizzare un emozione o una poesia, quella lentezza che si oppone alla frenesia dell’oblio; ci suggerirebbe di prendere contatto con i nostri “gusci” e portare con noi la nostra casa ossia, simbolicamente, la nostra struttura psichica ovunque andiamo. Giunge in sogno portandoci in dono le sue qualità.

Il lupo

Il Lupo, che sia arabo rosso o messicano, se scomparisse porterebbe con se quell’immaginale funzione di psicopompo, di guida dell’anima nel mondo infero. Il lupo è un cane selvatico, il cane è l’immagine della nostra funzione psichica che ci permette di saper dove andare nei territori del cosiddetto inconscio. Se in sogno ci viene a trovare un cane, in sintesi, significa che siamo in grado di convivere con le parti di noi che non conosciamo bene e che questa capacità è anche sotto il nostro controllo, è addomesticata oppure è autonoma, è selvatica, è un lupo. Se poi è rosso rimanda alla rubedo alchemica ossia al ritiro delle proiezioni e alla capacità di comprendere che l’unica parte dell’altro che posso conoscere è il mio riflesso e l’eco delle mie emozioni.

I pipistrelli

Ma ancora. I pipistrelli o le volpi volanti. La sintesi tra cielo e terra tra giorno e notte e la capacità di vivere nelle grotte quelle grotte in cui scopriamo la nostra essenza. L’incontro tra un topo e un uccello ossia i rodimenti dello spirito. Oppure tra una volpe e un uccello ossia l’astuzia dello spirito. Un animale liminale che se viene in sogno ci preannuncia la coniunctio oppositorum, ossia quella congiunzione degli opposti di junghiana memoria che, prosaicamente, trova un suo mirabile esempio nell’odio eterno e amore eterno che caratterizza la vita di una coppia. Giunge il pipistrello a pacificarci con le nostre contraddizioni. Questo il suo dono.

La balenottera azzurra

La balenottera azzurra, con la sua capacità di raggiungere profondità abissali e nutrirsi degli organismi più insignificanti, giunge in sogno per sollecitarci ad andare in profondità e nutrirci di emozioni insignificanti. Ci informa che siamo in grado di fare questo. Inoltre, con il suo azzurro preannuncia l’azzurro alchemico ossia il colore transizionale tra il nero nigredico e la bianchezza dell’albedo. L’azzurro e la balenottera ci preparano ad assumere nuovi punti di vista attraverso la tristezza. “L’azzurro è il prodotto della collaborazione tra Saturno e Venere” (James Hillman, Psicologia alchemica, pag.116). La balenottera ci suggerisce che stiamo transitando una melanconia rigenerativa e creatrice.

Il rospo dorato

Il rospo dorato. Un anfibio che giunge in sogno a informarci che siamo psichicamente adatti all’acqua ed alla terra o meglio ci informa che un contenuto, cosiddetto inconscio, appartenente all’acqua, sta colonizzando la terra, sta diventando patrimonio disponibile. Ci dice che questa funzione-immagine psichica è dorata ossia ci consente di raggiungere un equilibrio , l’oro alchemico, che si traduce nella possibilità di quella fantasia di trovare e darci uno senso.

Il rinoceronte nero

E il Rinoceronte nero! Il più caro a chi scrive. I bestiari medievali (Michel Pastoreau, Bestiari del medioevo, pp 87-90) lo presentano come l’erede dell’unicorno, quindi ci viene a trovare quando quella parte psichica di noi che non trovava il suo genius loci, che non trovava un suo spazio nel mondo intorno a noi ne dentro di noi, riesce a trovare una integrazione. Il rinoceronte è la possibilità di integrare la nostra peculiare essenza con quella di chi ci circonda. Cerca e si assopisce davanti alle vergini ossia è la nostra capacità di osservare le cose che ci circondano non come comparse nel film della nostra vita, non come oggetti che sono strumenti per noi ma nella loro essenza, nella loro ontologia. Il rinoceronte non sa vivere in cattività, non sa essere cattivo o prigioniero e proteggendo l’essenza dell’altro da noi, protegge noi e la nostra essenza. La sua nerezza è quella della nigredo alchemica ossia il rinoceronte è la funzione che ci permette di differenziare e discernere sensazioni, intuizioni, pensieri e sentimenti.

Conclusioni

Allora la mia paura si fa terrore non tanto all’idea che queste come altre centinaia di specie scompaiano, in quel caso mi addoloro ma so che la natura si riprenderà ciò che gli appartiene. Si fa terrore all’idea di non avere più quelle funzioni psichiche, si fa terrore all’idea che non saprò rallentare i miei pensieri ne avere una struttura psichica stabile (Tartaruga) . Si fa terrore all’idea che non sarò in grado di orientarmi nel mio cosiddetto inconscio ne saprò ritirare le proiezioni (Lupo rosso). Si fa terrore se penso che non sarò più capace di fare una sintesi tra cielo e terra, tra madre e padre, tra accoglienza e espulsione, tra giorno e notte, tra immaginazione e concretismo (Pipistrello). Si fa terrore se non sarò più in grado di andare in profondità e nutrirmi degli aspetti di me che indebitamente ritengo insignificanti, e sarà panico se non fossi più capace di cambiare e trovare nuovi punti di vista (balenottera azzurra). Si fa terrore se non fossi in grado di rendere cosciente ciò che non conosco consentendomi di esplorare nuovi territori di me (Rospo dorato). Infine si fa terrore se mi venisse detto che non saprò mai chi sono né io né gli altri e che sarò cattivo, in cattività, prigioniero per sempre in quell’altra caverna, non quella del pipistrello dove conoscerò la “pietra filosofale”, ma quella platonica dove sono uno schiavo incatenato.

Allora ogni atto che compio sulla terra è espressione di come tratto la mia anima e la mia anima attinge dal mondo le cure di cui ha bisogno. L’estinzione di una specie è un crimine perpetrato ai danni di Anima. Siamo una specie con la psiche avvelenata che sta bruciando gli antidoti che la Madre Terra gli mette a disposizione. Inoltre non possiamo più distinguere quale specie sarebbe invece, naturaliter, destinata all’estinzione, ossia non possiamo sapere quale funzione psichica la Madre Terra ci suggerirebbe di deflazionare (ma per capire quest’ultimo aspetto, ossia la funzionalità della morte, di uno solo o di una specie, bisogna fare Anima davvero).

La Psicoterapia è stata complice, dice Hillman (James Hillman, Cent’anni di psicoanalisi e il mondo va sempre peggio), proteggendo proprio quel sapiens che in psicologia diventa quell’Io eroico, quel puer aeternus che spero vada in terapia seriamente, prima o poi. Ma se non lo farà sarà la terapia a guardare fuori dalla finestra, magari per un invasione di insetti nella stanza d’analisi… in effetti confido in loro e nelle loro immagini. L’invito a tutti è andare a onorare quel monumento ai caduti virtuale mentre io, dal canto mio, mi scuso con tutti quelli che ho lasciato nel silenzio.

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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