Il primo virus della storia: il cavallo di Troia

Il Covid è il cavallo di Troia della nostra era. Ogni era ne ha uno.

Così nel 1985 il primo Trojan Horse comparve sulla scena mondiale e fu il Cavallo di Troia degli anni ‘80. Un piccolo e innocuo software che, mascherato da bravo ragazzo, nascondeva la funzione di cancellare dati dal disco fisso. Il virus aveva questo nome perché era la chiara riedizione informatica del vecchio e caro regalo che Ulisse ideò per i troiani e con il quale riuscì a vincere la guerra di Troia. E il Covid ne è la riedizione biologica.

Il Cavallo di Troia è, quindi, il primo virus della Storia. Generato in laboratorio, ha portato a una quantità infinita di conseguenze tra cui la nascita di Roma. Allora qui parleremo del Covid per intuire le opportunità che ci porta. Ma prima un po’ di storia del Cavallo e qualche considerazione sui poemi omerici e sul loro valore psicologico.

Il cavallo di Troia la storia in tre righe

La storia del dono di Ulisse possiamo riassumerla in poche righe. Il ratto di Elena scatena la guerra di Troia e, dopo 10 anni, i troiani, convinti di aver resistito all’assedio greco per un tempo sufficiente a fiaccarli, ricevono un regalo ideato da Ulisse. Un grande cavallo di legno sosta davanti alle mura troiane e, come uovo di pasqua, contiene i guerrieri più valorosi. Sinone è una figura chiave. Sinone è il vero primo cavallo di Troia, il primo virus. Era il cugino di Ulisse e si fece deliberatamente catturare per poi convincere i Troiani di essere dalla loro parte e del fatto che quel dono, era il mezzo con cui propiziarsi Atena Pallade. Insomma Sinone porta con se il primo strumento del virus: la menzogna.

Provare emozioni contradditorie

Ora sia chiaro io sono sempre stato dalla parte dei Troiani. Non saprei dirvi perché. Probabilmente perché la prima volta che ho colto un po’ il carattere intero dell’opera omerica lo feci al cinema con Brad Pitt e Orlando Bloom. E mi irritai con quest’ultimo perché per fare l’imbecille con Elena provocò un gran casino. Ma  mi irritai anche con Elena, poi con Priamo e Ettore, poi Menelao, Achille… A questo punto, nonostante Menelao avesse ragione, mi chiedo perché mai io mi senta dalla parte dei Troiani. E la risposta è banale. Ognuno di noi si irrita tanto con le vittime quanto con i carnefici perché è proprio questo il dono dell’Iliade, ossia la continua esperienza di sovvertimento emotivo per cui siamo dalla parte degli uni  e degli altri contemporaneamente. Il perché è semplice…

La bellezza dei poemi omerici: la prima psicologia della storia

Parlando di guerrieri e re, di oracoli e donne bellissime, di dèi e dèe, Omero sviluppò il primo vero e proprio manuale diagnostico. L’iliade è realmente un prontuario di tutte le possibili condotte umane, di tutte le possibili emozioni che si personificano in dèi e personaggi semidivini e mortali. Proprio come le emozioni, alcune imperiture a formare i sentimenti, altre fugaci e mortali. Per questo mentre seguiamo la storia noi parteggiamo di volta in volta per gli uni o per gli altri. Semplicemente stiamo avvertendo la risonanza delle forti emozioni archetipiche che ci abitano. Quindi Paride fa bene a rapire e Elena a fuggire. Menelao fa bene a arrabbiarsi, inseguire e iniziare una guerra che merita di vincere. Achille fa bene  a fare stragi. Ettore fa bene a combattere e Troia a resistere. Lunga vita ai troiani e lunga vita al cavallo di Troia. Ecco cosa è Psiche: un territorio in cui convivono gli opposti. Ma torniamo a noi.

Lettura immaginale: senza Cavallo di Troia non si fa Roma

A questo punto mi sembra opportuno procedere a una lettura immaginale del cavallo, di Atena, di Sinone, del tradimento e della menzogna. Perché in queste immagini vi è la personificazione di funzioni psicologiche. Eccoci quindi al cavallo. Il cavallo è il desiderio, è l’atto del desiderare, è passione, è energia e forza. Io mi soffermerei su questo senza lasciarci catturare da tutte le tradizioni che, di popolo in popolo, lo vedono psicopompo, ossia guida agli inferi, oppure animale che affianca, di volta in volta, Nike, Ecate, Tishtrya oppure Odino. Sarebbe bello fare un viaggio in questo senso ma questo non sarebbe il nostro viaggio. Il cavallo nel nostro viaggio è il virus. E in tal senso ci suggerisce come il virus viene a sovvertire l’ordine delle cose. Il virus arriva con l’inganno, per inoculare passione e desiderio. La menzogna di Sinone è necessaria per far entrare la passione. Per prendere contatto con le nostre passioni, dobbiamo mentire ossia, come l’etimologia suggerisce, spiritualmente immaginare. Dobbiamo usare l’immaginazione per costruire un desiderio possente. Una volta che il desiderio e la passione sono entrati in noi, metteranno tutto a ferro e fuoco per creare nuove opportunità tra cui fondare Roma. Il virus è necessario per ricostituire una nuova società e una psiche rinnovata.

Il tradimento e la promessa di Atena

Il fatto che vi sia il tradimento di Sinone e la promessa di Atena, ci pone all’attenzione un altro aspetto. Ci pone e ci impone di rivalutare il tradimento, ossia il fatto che quando ci sentiamo traditi questo è semplicemente il primo passo verso una rifondazione di noi stessi. Il tutto sotto l’egida di Atena dea della guerra. Ossia sotto l’egida di una forte determinazione e una capacità di stare in guerra ma in modo strategico, non più con le marziali botte da orbi.

Tirando le somme

La storia del Cavallo di Troia è la descrizione di come avvengano alcuni processi psichici, quelli necessari a cambiamenti paradigmatici di uno stato di cose cristallizzato. Quando siamo incastrati in una relazione, quando non riusciamo a cambiare le nostre sorti lavorative o relazionali, quando l’ansia, o la depressione ci imprigionano, quando ci autorecludiamo… ecco allora lì, l’immaginazione (la menzogna), permetterà di inoculare passione e il desiderio. Poi, tradendo noi stessi, faremo entrare dentro di noi emozioni e bisogni nuovi, quelli che non credevamo nostri. Questi raderanno al suolo ciò che è già esistente e poi? Poi, come nell’Iliade sappiamo che Enea, Ascanio suo figlio e suo padre Anchise fuggiranno fino nel Lazio per fondare Roma, similmente, una volta rase al suolo le nostre cristallizzazioni e autoreclusioni, noi con le competenze di tutte le nostre età, rifonderemo un universo psicologico nuovo. Inoltre il Cavallo di Troia, alla maniera dei virus informatici, avrà anche la capacità di obliare alcuni contenuti dal disco fisso, dalla memoria.

Cavallo di Troia e Coronavirus

A questo punto tirerei le somme sul virus.

Il Covid è il Cavallo di Troia della nostra era. L’era dei consumi, dell’inquinamento, delle plastiche, delle estinzioni, della voracità, della crescita, dello star bene a tutti i costi, delle uscite, delle vacanze, dei social.

Questa Era si è cristallizzata su strutture sociali che garantiscano l’espansione individuale a oltranza. Ma, come dice Hillman, dopo una certa età la crescita è un cancro. Dunque, se anche il virus con la corona, come quello con la coda davanti a Troia, avesse la funzione di farci fare una rivoluzione paradigmatica? Scrivevo tempo fa del fatto che il Covid è il sistema immunitario della Terra che si protegge dal suo virus, cioè da Noi. Allora forse qui siamo chiamati a cambiare, a cambiarci, a decostruire, a decrescere, a ritirarci, a non espanderci a non consumare e soprattutto a reimparare a stare male e a reincludere la morte tra le esperienze necessarie alla vita.

Quando non siamo in grado di promuovere processi così complessi, quando non riusciamo soltanto pensandoci e immaginando una trasformazione, allora ecco che gli eventi concreti vengono a tradirci, ecco un altro cavallo dal ventre gonfio che ci consegnerà a ciò che è opportuno che avvenga. E ce lo spiega bene Michele mezzanotte nel video che riassume le enormi conseguenze psicologiche del covid che siamo chiamati ad accogliere, far nostre e crescere.

P.S. CLICCA QUI per leggere L’impatto psicologico del Covid 19

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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