Comunicare in piena emergenza: 
Vincenzo De Luca e l’ascolto alle Istituzioni

Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione. Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo. (Bill Gates)

Chi più di tutti ha colto la necessità di comunicare in piena emergenza Covid-19 è stato, senza ombra di dubbio, Vincenzo De Luca, il Governatore della Campania. Istrionico, mercuriale, presente, deciso, senza apparenti ripensamenti. E se anche alcune sue frasi hanno preso il possesso della satira online, beh, queste frasi non hanno fatto altro che farlo percepire più vero, più umano. Ogni volta che Giuseppe Conte ha parlato in diretta, ciascuno di noi, direttamente o di riflesso, ha subito una scossa di emozioni. Dalla tensione, alla paura, fino, nel migliore dei casi, alla rassicurazione. Le Istituzioni hanno dovuto disegnare un modo diverso di interagire con la cittadinanza. Hanno modificato il modo di raccontare la politica. Vale a tutti i livelli del governo del nostro Paese. Vincenzo De Luca ha colto più di tutti questa necessità.
Ci sono motivi precisi perché in pieno caos lo stile comunicativo di De Luca acquisti un significato preciso. Per capire perché proveremo a interagire ancora una volta con la lente d’ingrandimento della psicologia.

Le piramidi dell’emergenza 

Metà della popolazione mondiale è composta da persone che hanno qualcosa da dire ma non possono.
L’altra metà da persone che non hanno niente da dire e continuano a parlare
(Robert Frost)

Fino a qualche settimana fa era raro vedere una conferenza stampa a reti unificate di un capo di Governo o di un capo di Stato. Lo potevamo vedere la sera del 31 dicembre, ma in pochi prestavamo attenzione, presi dai preparativi per il cenone. Ancora più raro, in un cosmo fondato sulla rapidità delle comunicazioni e dei pensieri, era assistere a una diretta Facebook di un leader politico, connesso e concentrato per un tempo superiore ai 5 minuti. Questa poteva essere la normalità fino a qualche settimana fa. Oggi non è più così. Oggi abbiamo un sovraccarico di informazioni generalizzato. Ma le informazioni ufficiali vengono distribuite solo e soltanto da volti precisi. Volti che ormai sono riconoscibili a ciascuno di noi. Pensate al bollettino quotidiano della Protezione Civile. Ormai è diventato un rituale quotidiano da cui ci sentiamo tutti dipendenti, direttamente o indirettamente. E a farlo, a netto di imprevisti, è sempre il Capo della Protezione Civile, il vertice di una piramide organizzativa.

Il nostro sistema sociale è basato sulle piramidi. Siamo centrati in strutture che prevedono un vertice preciso, definito. Le strutture geometriche delle nostre relazioni sociali ci aiutano a comprendere meglio il modo in cui siamo inseriti nel nostro micro-universo. Definiscono il nostro modo di vivere nel mondo. Definiscono il nostro modo di interagire con le emergenze. Più piramidi si vanno ad incontrare fino a disegnarsi in un sistema globale complesso. Ma, per quanto complesso, andiamo sempre a guardare la cima. Una ed una sola persona in grado di dare voce ai nostri pensieri e risposte alle nostre domande.  Le piramidi delle relazioni sociali, soprattutto in tempi profondi di crisi, vedono una concentrazione d’attenzione generale su chi si trova ad occupare il vertice. I leader saranno i primi a essere giudicati su come si sono comportati di fronte al caos. E ogni leader si è rivestito di un ruolo ben definito in piena emergenza. Pensate a Pertini subito dopo il terremoto in Irpinia. O a Berlusconi con il casco da vigile del fuoco dopo il terremoto de L’Aquila. Pensate a Bush durante l’11 settembre. E così via. Ognuno di questi leader ha messo in atto un comportamento che si è sedimentato nel nostro immaginario collettivo. E ha reagito in un modo che ha influenzato anche il nostro modo di reagire e di interagire con le crisi in corso.

Conte ci ha abituati alle conferenze o alle dirette con pochi minuti di preavviso, anche alle 23. Una abitudine fuori da qualsiasi prassi istituzionale a cui avevamo assistito. Ma quello che stiamo vivendo è diverso da quanto avevamo visto fin qui. E forse anche questo nuovo modo di comunicare ci aiuta a comprendere quanto sia diversa la realtà che stiamo vivendo.

Ci sono le voci dei giornalisti, le voci delle fake news che viaggiano sui social, i volti coperti da mascherine che rappresentano l’emergenza negli ospedali. Ci sono le piazze vuote fotografate a ripetizione. Ci sono le emozioni più o meno sincere che condividiamo con i nostri contatti online. Sono tutti mattoni delle nostre piramidi in emergenza. Ma hanno un rumore individuale. Diverso e tipico per ciascuno. E poi ci sono le punte delle piramidi. Che parlano a migliaia di persone. E che con una firma possono definire i nostri prossimi comportamenti.

Il governatore campano 

La mimica rende più vive le nostre parole e conferisce loro più forza. Essa è più delle parole, che possono essere falsate, rivela i pensieri e le intenzioni altrui.
La libera espressione di un’emozione per mezzo di segni esteriori, la rende più intensa
(Charles Darwin)

I carabinieri con il lanciafiamme alle feste di laurea. Le mascherine da conigli, che di certo non servono per proteggersi dal contagio. La testa che non serve solo a separare le orecchie. Sono solo alcune delle espressioni che stanno rimbalzando sul web. Ma, nonostante questo, la Campania è una delle regioni con il rapporto fra numero di contagi e numero di abitanti più bassi. E forse si deve anche alle misure dure e stringenti adottate dal governo regionale anche in anticipo al governo nazionale. De Luca rappresenta in qualche modo il prototipo dell’uomo del sud, la persona che bada più alla sostanza che alla forma. La praticità di chi prova a risolvere un problema a qualsiasi costo. Anche perché al Sud con le difficoltà si impara a lottare molto presto, in una sorta di perenne lotta alla sopravvivenza fra noi e il mondo circostante. Il Governatore campano dà l’idea di essere un vulcano sempre pronto a esplodere. Che sia di rabbia, di buone idee o di qualcos’altro, poco importa. Ciò che conta è l’essere vulcanico. Unico. Tanto tipico da poter essere imitato. E questa è una delle caratteristiche irrinunciabili per chi vuole essere un leader che verrà ricordato.

L’altra è che De Luca dà l’idea di ragionare con la testa dell’uomo comune e non del burocrate. Esprime pensieri con il linguaggio del nostro vicino di casa, della persona che incontriamo in fila al supermercato, del collega di lavoro che incontravamo davanti alla macchinetta del caffè. Perché un pezzetto di ognuno di noi vorrebbe prendere a schiaffi chi esce senza motivo. Ognuno di noi vorrebbe avere il diritto di rimproverare quelli che si riuniscono ancora o che formano questi tanto famosi e tanto pericolosi assembramenti. È un politico, badate bene. Non si definisce un odiatore della politica. Ma, da politico, sceglie un linguaggio in cui il popolo si identifica.

Le dirette che sta facendo in questi giorni di emergenza non hanno contradditorio. Durano quasi un’ora. Ed è possibile vedere solo lui e i suoi appunti. Non ci sono schermi condivisi o slide da presentare. C’è solo l’immagine del Governatore e degli oggetti che usa, per fare arrivare il suo messaggio. Un messaggio che parla il linguaggio dell’uomo della strada. Un messaggio senza tentennamenti; dove non c’è spazio per i dubbi. C’è un messaggio in cui viene detto: la ragione è una e soltanto una.

Conclusioni

Non sono d’accordo con quello che hai da dire, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo (Voltaire)

Questo benedetto virus sta cambiando tutto. Forse ha già cambiato tutto. Tuttavia, la bellezza della mente umana risiede nella capacità di adattamento. E si adatta anche il modo in cui chi governa comunica con il popolo. Purtroppo o per sfortuna, anche se popolo, ognuno di noi è un individuo, capace di scegliere come e se adattarsi. E se come popolo un modo di comunicare come quello del governatore campano può piacere, in modo ugualmente lecito può non piacere a ciascuno di noi. Magari non tutti abbiamo bisogno di un dio della guerra a dominare i nostri pensieri. Magari qualcuno di noi ha bisogno di una divinità dai tratti dolci e accoglienti. Ciò che conta è che qualsiasi informazione, qualsiasi comunicazione, seppure istituzionale, sarà mediata da noi. Potremo sempre decidere, nel bene o nel male, di ascoltare, di sentire, di riderci su, di prendere sul serio…ù

P.S. CLICCA QUI per leggere la Psicologia del Premier Conte

Taggato in:

,

Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

Vedi tutti gli articoli