Zalone: l’archetipo del Trickster

Checco Zalone fatica a trovare degli haters.

Nonostante il suo personaggio sia palesemente razzista, maschilista, opportunista, nazionalista, campanilista, omofobista, femminicista, suicidista… Insomma Zalone, impunemente, continua a dire tutto ciò che di peggio vi può essere senza che nessuno si opponga.

Perché? Perché gli viene concesso?

E siamo sicuri che io non stia scrivendo questo articolo perché sono d’accordo con lui per promuovere l’uscita del suo nuovo film? Direi che la probabilità vi sia, ossia che vi sia la necessità di quei 100 massimo 200 pollici in su che potrebbero fare la differenza sugli incassi di Tolo Tolo. O, più ragionevolmente, è soltanto il mio solito clickbaiting.

Scherzando si può dire di tutto, anche la verità (S. Freud).

Il giullare il briccone e il funambolo

Vi è mai capitato di vedere un funambolo che cammina sulla corda?

Quando abbiamo questa possibilità facciamo l’esperienza del restare col fiato sospeso. La lenta oscillazione dell’asta, come un corrimano, lo tiene in equilibrio. La possibilità che cada ci fa paura ma, al tempo stesso ci pervade col suo eros. Che bello sarebbe vederlo schiantarsi da quel filo. Lui così tronfio del suo saper stare in equilibrio.

Ma chi pensa di essere?! Ma ecco che un pagliaccio spunta tra le due torri e lo raggiunge, fa un balzo, e lui, il funambolo, caracolla per terra. Lì lo aspetta Zarathustra, il buon vecchio Nietzsche per dargli degna sepoltura. Così ce lo avrebbe raccontato quel vecchio pazzo di Friedrich. Così ci avrebbe raccontato quello che capita a ognuno di noi, ossia di sentire il gusto sadico della sepoltura delle eroiche gesta di qualcuno. La nostra vigliaccheria è quella archetipica di Paride che gode nel colpire l’eroico Achille sul suo dannato tallone. Ed eccolo il nostro Zalone, un Paride che si è dipinto la faccia da Joker.

La verità diventa la maschera

La verità è talmente faticosa che, se ci entriamo a contatto, tendiamo a viverla come una finzione.

Ognuno di noi è razzista e omofobo, ognuno di noi ammazzerebbe, defecherebbe, o maltratterebbe, sputerebbe, bestemmierebbe o fa, e si lo fa… ognuno di noi ha lasciato un peto pettegolo per strada dopo essersi accertato che non vi fosse nessuno.

Ma ognuno, a modo suo, ha imparato a sublimare, ha imparato a gestire quegli istinti indesiderati in modo politicamente corretto. Dunque ogni volta che, ad esempio, dobbiamo fare riferimento a una persona di colore pensiamo, ad esempio, alla parola “negro” e poi la correggiamo con “di colore”.

Non cercare di dire che non ti capita… semplicemente sei diventato molto bravo a farlo… e per questo hai il merito di aiutare le generazioni future a non operare correzioni. Ma mentre correggiamo ci corrompiamo. Questo è il nostro personale modo di essere funamboli, è il nostro modo di restare in equilibrio tra quella parte di noi indesiderata e la parte socialmente inserita. Il punto è che quest’ultima impone una maschera, la persona per l’appunto, e che col tempo rischiamo di confonderci con la maschera.

Checco Zalone ci toglie le maschere

Eccolo allora, il giullare, il briccone, il pagliaccio, il trickster. Checco Zalone non corregge più la parola “negro” con la parola “di colore”. Mantiene la versione originale, senza fronzoli e ricami e lo fa con una tale spudoratezza che sembra che stia scherzando. Invece secondo me è serio. Ricordate i vecchi giullari di corte? Quelli che durante i banchetti alzavano le gonne delle dame e, magari, con posa ingobbita, urlavano a tutti del segreto rapporto tra la regina e lo stalliere? E tutti, ebbri, ridevano, ridevano… e tutto era così tremendamente reale da sembrare tremendamente ridicolo, assurdo e impossibile. Ma l’impossibile è l’inaccettabilità di ciò che è reale.

Zalone e la PNL

Checco vive nell’Ombra, quella stessa ombra di cui aveva parlato Jung definendola, sostanzialmente, come quel complesso psichico presente sotto la maschera e che assume i connotati di tutto ciò che è non desiderabile dal mondo e da noi stessi. La PNL, o programmazione neurolinguistica è la tecnica con cui si modellano schemi percettivi e di condotta anche, e attraverso il linguaggio. Dunque dire “di colore” è un’atto dovuto e utile per modellare condotte opportune di convivenza. Insomma la PNL è un antidoto all’ombra, al lapsus. Ciononostante ci si illude che cambiando una parola si possa eliminare un’archetipo.

Il razzismo resta, e sempre resterà un archetipo e, come ho detto spesso, ha una sua funzione psichica fondamentale nel bilancio dell’anima.

Cacca piscia” e Zalone

Quando ero bambino mi dicevano di non dire le parolacce.

Ma già sulla soglia dei miei sei anni alcune erano un patrimonio consolidato. Ero con mio cugino di due anni più piccolo. Veniva tutte le domeniche… ma la storia sarebbe lunga. Vi basti sapere che si chiama Angelo ossia “messaggero”.

Ho un’immagine vividissima di quando, in giardino, d’estate ci guardavamo con occhio complice e, ebbri dei profumi agostani, con un’occhiata ci dicevamo che l’avremmo fatto, avremmo detto le parole proibite e, riempiti i polmoni di quell’aria declamavamo all’unisono: “Cacca Piscia” e grassi come eravamo, emettevamo risate grasse quanto noi.

Questo è l’effetto Zalone.

Liberatorio, impudico, onesto, reale, autentico, assurdo, inaccettabile come l’ombra. Quella stessa ombra con cui potremmo dire che la cacca ha un buon odore e, se unita alla piscia nelle letamaie, potrebbe anche avere un profumo inebriante e erotico. Ma meglio non dirlo, la cacca e la piscia puzzano e basta.

Mercurio e il Trickster

Quando gettiamo la machera e accogliamo le nostre ombre allora ci troviamo su un limen in cui poter scegliere, e che è alla base della creatività. Checco Zalone è la riedizione di Mercurio, al secolo Hermes per i Greci, quel dio truffaldino che protegge i ladri e che, appena in fasce, deruba il fratello Apollo delle sue numerose vacche. Poi, interrogato dal papà che Apollo aveva chiamato, rispose: “Papà, o Zeus, come posso io rubare le vacche a mio fratello dato che sono ancora in fasce?” Zeus s’incaz…. Scusate, PNL, Zeus si inquieta e intima al figlio di restituire le vacche al di lui fratello. Ma al contempo Zeus è ammirato e compiaciuto di tanta astuzia. E altrettanto lo è Apollo che, alla fine, premia il fratello minore con il caduceo ermetico, lo strumento con cui Mercurio può addormentare e risvegliare chi vuole.

Hermes e Zalone

Insomma l’altra faccia del giullaresco Zalone è quella mercuriale di Hermes. Un archetipo fondamentale in psicoterapia. Si perché Mercurio è anche messaggero degli dèi e, con i talari, le sue scarpe alate, è velocissimo a portare i messaggi. Una sorta di dio del gossip che informa gli dèi di quello che accade tra loro e a loro insaputa. Mercurio è pettegolo e le sue parole sono peti imbarazzanti. Dunque, fuori dalla mitologia, e dentro la lettura immaginale, la psiche dispone di una funzione mercuriale quella che mette in comunicazione tutti gli dèi ossia tutte le emozioni, i bisogni e le condotte, cercando di favorirne l’orchestrazione.

Zalone ci riconnette alle parti di noi rifiutate

Paradossalmente il razzismo di Zalone è in verità la vera apertura al “negro” che è in noi, ossia alla nostra ombra.

Ma non è geniale, ha solo questo talento, ha la capacità di osservare l’ombra senza restarne abbacinato e impaurito e, come Mercurio, ci aiuta a capire chi siamo.

Se si inflaziona, però, allora sono guai. Si perché l’eccesso di mercurio porta a una percezione eccessiva di stimoli, li trasforma in strumenti che sono minacciosi e diventa la base della paranoia. Se tutto è connesso tutto va controllato, e tutto minaccia lo status quo. Non v’è peggior razzista di un mercuriale puro.

Allora quello che succede è particolare quando si accusa Zalone. Succede che si confonde il dosaggio con la sostanza. Nessuna sostanza è velenosa. Lo è sempre il dosaggio.

Zalone è mercuriale, Salvini è l’inflazione di Mercurio, ossia la paranoia.

Ma l’inflazione paranoica sta anche nelle critiche al buon “scemo” Checco. Il punto è che forse lo stesso Zalone sta facendo un’operazione di marketing correndo il rischio di essere confuso con l’immagine che ha dato di se.

Ogni Talento è un’ombra mistificata

Diceva Henry Adams – La genialità più grande è la sensibilità alle forze più grandi – . La genialità di un Parker, di un Pollock o di uno Jung non sta in quello a cui dettero origine, ma in quello a cui furono sensibili (J.Hillman, Cent’anni di psicoanalisi e il mondo va sempre peggio).

Il genio è sensibile, sente ciò che non tutti sentono. Sa vedere la spettrocromia, sa scomporre i suoni e ricomporli, sa vedere l’immagine della matematica, sa vedere i numeri in un paesaggio, sa leggere le emozioni e scomporle. Sa contemplare l’Ombra. Poi, se ha anche talento, sa anche riprodurre ciò a cui è sensibile. Questa è la sensibilità di Checco Zalone sa convivere con la sua ombra. Si, secondo me, dice quello che realmente pensa, ma è il pensiero con cui fatica a convivere. Per questo spera di trovare una mediazione con quella parte di se che non comprende il mondo che lo circonda.

Ma questo non lo facciamo tutti? Generalmente neghiamo il reato. Neghiamo l’ombra

Jung diceva:

La parte più infera di te è fonte di grazia (Il libro rosso)

Non ho visto il film

Non solo non ho visto il film, ma non ho neanche letto tutte le opere di Freud ne, tantomeno, quelle di Jung. Vorrei farlo, ma non ho tempo per leggere tutto. Invece forse avrò tempo per andare a vedere Zalone, o forse attenderò la tv, tirchio come sono. Questo per dirvi che Freud, Jung, Hillman e Zalone sono soltanto modi diversi per parlare con l’Ombra. Operazione fondamentale per la nostra sopravvivenza dell’anima. Ho capito il metodo e so usare quella lente.

Ho compreso come lo hanno fatto questi quattro e leggere o guardare non aggiungerà granché alla mia conoscenza. Piuttosto aggiungerà godimento. Si perché se hai già assaggiato un millefoglie con la crema non lo rimangerai perché lo hai dimenticato ma solo perché il godimento c’è sempre ed è sempre una epifania. Insomma so che sapore ha il film, ho capito la chiave e la lente con cui Zalone razzista osserva il “negro” dentro di se. Similmente basterebbe solamente “il Suicidio e l’anima” di Hillman per conoscere il suo sapore, il suo odore, il suo modo di dialogare con l’Ombra.

La psicoterapia e Zalone, meno Tolo

E chiudo… usciti dal cinema rimetteremo quella maschera. Riprenderemo a mistificare, a riprogrammare neurolinguisticamente, gettando nell’oblio il dono di Zalone, gettando l’Ombra a terra, come carta straccia. Ma lei, astuta ci segue.

Ecco… se Zalone fa una cosa, è donare una esperienza terapeutica di incontro con la parte più miserabile e meschina di noi. Lo stesso incontro che offre una psicoterapia ma, non me ne voglia il buon Checco, vedere il suo film è come avere un rapporto occasionale con l’Ombra.

Una psicoterapia è il luogo, fisico e psichico, in cui si mette su famiglia con la propria Ombra. Che poi questa è l’unione che da i figli più forti. Sta di fatto che a me piace pensare che Zalone sia un marito fedele della sua Ombra, anche fuori dallo schermo. Mi piace pensarlo perché mi fa sentire meno solo. Anzi, meno Tolo.

P.S. CLICCA QUI per leggere l’articolo sul Razzismo

Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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