Marina Abramović risarcisce Ulay e lui muore

Non sono un fan di Marina Abramović. Anzi non saprei neanche quali siano le sue opere. Ho in memoria il suo sguardo piangente che si conficca nelle orbite dell’ex compagno Ulay, artista meglio conosciuto sotto il nome di “Ex compagno di Marina Abramović ”: Allora il nostro blog non poteva restare indifferente a un evento la cui lettura immaginale può darci e dirci molto sui processi a cui si sta affacciando l’inconscio collettivo.

Convivo ergo sum

Quando è stata inaugurata questa sezione del blog si partiva dall’intuizione, tutta della psicologia ma solo da Hillman declamata, che ogni evento è l’espressione sincronicistica di un processo intrapsichico. Per la psicologia, come per il Maestro Oogway di Kung fu Panda, il caso non esiste. Ogni evento appartiene al mundus immaginalis, ossia ogni volta che un’immagine non viene onorata in trasparenza allora si impone come evento concretistico. Questo avviene perché l’energia delle immagini deve fare il suo corso e se sogniamo qualcosa e non ce ne avvediamo, quella immagine si incarna nel concretismo. Quella energia deve trovare la sua espressione. Ma se la psicologia lo aveva detto e Hillman lo aveva declamato qui noi lo mettiamo in atto. Siamo partiti dal crollo del ponte Morandi e oggi vogliamo leggere le trasparenze della Abramović .

Marina e Ulay anima e animus

Marina è un femminile, in quanto tale attiene a ciò che è Anima in senso junghiano. Il femminile nella psiche si declina con le dee olimpiche. È guerra strategica e sapiente di Atena, è gelosia paranoica di Era, è amore materno di Demetra, è l’eros e la generatività di Afrodite e delle ninfe, è la forza di Artemide e delle Amazzoni. In estrema sintesi è l’azione dettata dall’emozione che la muove per l’appunto. L’animus per contro attiene più all’agito, all’istinto alla determinazione alla fallicità. L’anima si emoziona e quindi muove, l’animus muove e quindi vi collega un emozione. Sembra avere una certa consonanza con le teorie periferiche e centrali delle emozioni che, secondo me, sono entrambe vere. Allora se muore un maschile sembra che si debba trasformare la parte psichica di noi che tende ad attribuire una emozione a un gesto mentre debba restare uguale a se la parte che tende ad attribuire un gesto a un’emozione. Sembra questione di lana caprina ma non lo è.

Etimologie di nomi

Marina ha a che fare con il mare e con tutte le creature che contiene. Il mare è l’inconscio per molti. Ma io non credo che l’Inconscio esista. Anzi penso che sia la più grande invenzione del ‘900, ma che stia perdendo il suo valore euristico. Dunque direi che il mare ha a che fare con gli aspetti della psiche che sono necessari alla sua sopravvivenza, che non sono inconsci, semplicemente inosservati. Nessuna rimozione, nessuna negazione, semplicemente distrazione. Ma la psicoterapia va proprio nella direzione di porre l’attenzione sul mare. Come novelli Cristofori Colombo dobbiamo partire per mare e porre l’attenzione verso ciò che tralasciamo poiché questo ci condurrà verso l’Oro delle nuove terre. Insomma il femminile sopravvive al maschile che ha partecipato alla sua realizzazione. Insomma sembra che il sentimento debba venire ora prima dell’agito e non viceversa.

Moglie di o marito di

Mi piace il fatto che questi due performers abbiano fatto tanto e mi piace il fatto che lo abbiano fatto insieme. Ma soprattutto mi piace il fatto che lei venga ricordata e lui no. Del resto lo trovo il sintomo di un cambiamento lento ma costante che vede il femminile divenire strutturale dentro di noi e intorno a noi. Vi basti pensare che circa due settimane fa sono andato al Maxxi a Roma a vedere una mostra d’arte contemporanea. C’era un opera che potrei definire performing opera. Una di quelle opere in cui partecipi e osservi l’accadimento piuttosto che l’oggetto. Questa è la peculiarità delle opere della Abramović e di Ulay. L’accadere è l’opera e quella in cui io sono accaduto al Maxxi prevedeva che ognuno entrasse in una stanza a dipingere sui toni del blu e dell’azzurro le pareti e delle barche. Una ragazza molto precisa nello spiegare mi disse che l’opera era di Yoko Ono, ed Io, ignorante come pochi, non potevo pensare che si trattasse della moglie di Lennon. Ho pensato si trattasse di un’altra omonima e, con piglio autoironico di chi aveva già intuito la sua ignoranza ho detto qualcosa del tipo: “Yoko ono… che dovrei già sapere di essere un’artista prima che la moglie di Lennon?”. E la ragazza con un sorriso rabbioso me lo ha confermato.

Il femminile lento e costante si prende il suo spazio

Insomma siamo passati, almeno dentro la mia psiche, dall’intravedere Yoko Ono come la moglie di Lennon piuttosto che come l’artista che ha introdotto il performing nell’arte, a vedere Ulay come l’ex compagno della Abramović piuttosto che come il performer che ha contribuito in modo sostanziale a far crescere le opere pensate con la compagna.

Siamo passati in modo epocale dal “dietro a un grande uomo c’è una grande donna” al “dietro una grande donna c’è un grande uomo”.

L’arte della performance

Michela Murgia ci ricorda come “La materia artistica della Abramović è l’inquietudine, la sua, e nulla si capirebbe della performer se non si andasse a cercarne le radici profonde”. Penso che queste radici siano proprio nell’anima, nelle emozioni, nella istintualità postdatata che è poi, ci dice Galimberti, lo spazio in cui si erige la casa di psiche. È sempre Michela Murgia a insegnarmi come l’amore tra i due diventa nudità e coniunctio simbiotica. Ma tutto ciò che si unisce prima o poi si separa e i due artisti finiranno in tribunale per decidere di chi fossero i proventi delle loro nudità ostentate e pruriginose. L’alchimia declamava l’unione tra maschile e femminile, Ulay e la Abramović sono stati coloro che hanno proseguito quel racconto fino a giungere alla separazione. E le loro lacrime, nella performance che resta nell’immaginario collettivo la più nota, sono la loro eredità.

Ulay e Abramović

Senza Ulay alcune performance sarebbero rimaste più silenti ma senza Marina non vi sarebbe stata performance. Vedere che la morte di Ulay lo consacra come “ex compagno della Abramović ”, lasciando nel dimenticatoio le sue qualità individuali, non si presenta come l’offuscamento di Yoko ono che è la moglie di quello che cantava “immagine”, piuttosto si presenta come anniversario di un’unione. Allora i due performer ci raccontano come la separazione sia la massima espressione della coniunctio ossia dell’unione. E, visto in trasparenza, ci raccontano come l’emozione è l’unione tra sentimento e agito, tra una condotta e l’emozione che la muove. L’uno genera l’altra e l’altra genera l’uno. Così il corpo e lo spirito trovano il tempio in cui diventare una sigizia, ossia una congiunzione tra opposti. E, si sa, gli opposti si fanno causa.

Curiosità come panacea

Ora non so quanto questa unione di opposti sia attiva nella collettività ma è certamente lo scopo di una psicoterapia che si rispetti. E se nell’intrapsichico non è ancora accaduto, cerchiamo di iniziare a favorirlo nel mondo intorno a noi. E se siamo curiosi di ciò che ci è estraneo nutriamo il mondo e lo proteggiamo. Il femminile deve essere curioso del maschile e il maschile deve esserlo del femminile. Ulay lo è stato dell’Abramović e questa è il suo vero contributo artistico.

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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