Collisione tra Ulisse e Virginia a largo della Corsica




Che la psicologia si affacci alla finestra!

Il suggerimento di Hillman diviene per noi quasi una declamazione. Si perché Psiche è lì dove noi guardiamo, pensiamo, ascoltiamo, tocchiamo. Ogni oggetto e ogni immagine di un oggetto costituiscono un riflesso della psiche. Raccontiamo e costruiamo il mondo sempre a nostra immagine e somiglianza.

La sincronicità come principio ci suggerisce come ogni volta che la nostra attenzione si posa su un evento del mondo o su un suo prodotto, ecco, quelle volte significa che psiche si sta specchiando. Dunque se sentiamo di soffermarci su un ponte che crolla, su torri che crollano, su matrimoni più o meno regali, su la vincita o perdita di una squadra di calcio, ogni volta sapremo che psiche si sta specchiando e che i nostri immaginari stanno avendo quella forma.

Leggendo, quindi, quell’evento in trasparenza, potremo avere preziose informazioni rispetto alla psiche collettiva nell’hic et nunc e rispetto al nostro stato psichico attuale.

Oggi ci rivolgiamo a chi è rimasto colpito dalla collisione tra le navi a largo della Corsica. Vogliamo parlare a chi ha trovato delle risonanze in quell’evento. Analizzandolo si potrà avere una istantanea della struttura psichica.

L’Ansa batte la notizia così:

“Allarme inquinamento in mare al largo della Corsica a causa della collisione tra due navi avvenuta a circa 14 miglia da Capo Corso. La collisione, secondo quanto riferito dalla capitaneria di Genova, è avvenuta tra la motonave tunisina Ulisse, che trasporta camion e auto, e la motonave portacontainer Cls Virginia, battente bandiera cipriota. Ed è proprio da quest’ultima nave che si è sversato in mare il carburante. Dai primi accertamenti sulla dinamica sembra che la Cls Virginia fosse ferma all’ancora al momento della collisione. La Ulisse, per motivi che devono essere chiariti, non ha visto il cargo è lo ha colpito su una fiancata”

Se questo fosse un sogno, ma per noi la distinzione è superflua, ci direbbe che sta avvenendo un passaggio a fasi evolutive più adulte e che questo passaggio avverrebbe con la presa di contatto di elementi psichici collettivi prima esclusi. Un nuovo panorama in cui si esce dal guscio delle idealizzazioni personali. Dopo questa presa di contatto avviene l’incontro psicologico tra la il proprio bisogno di stasi e il bisogno di evolversi e cambiare. Il bisogno di cambiamento penetra il bisogno di stasi e promuove la messa a disposizione di energie precedentemente tutte impiegate a che tutto restasse come era. Invece, parafrasando Tomasi di Lampedusa, “perché tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi.” Il bisogno di cambiare viene sempre vissuto come inquinante rispetto alla possibilità di proteggere lo status quo. Questo processo è evidente nel concretismo come dinamica, ad esempio, politica. Mi riferisco al fatto che vi è sempre una parte che vuole cambiare e una parte che vuole difendere le tradizioni. Un evento di questo tipo ci dice che la prima sta smuovendo la seconda. Ma è altrettanto evidente a livello intrapsichico. Troviamo infatti questa dinamica presente in diverse fasi dell’esistenza individuale.

Ma da cosa evinciamo l’innesco di un tale processo? Se andiamo a osservare le immagini dell’evento prese singolarmente, capiremo dove è contenuta l’informazione relativa a questo cambiamento psichico. Dunque, abbiamo Genova da cui parte la notizia; il Mare; la Nave Ulisse che trasporta auto e camion; la nave Virginia all’ancora; il carburante che si riversa. Il racconto che viene fatto su questi elementi è un racconto su un processo che sta accadendo nella psiche collettiva e individuale.

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Genova

La notizia viene data dalla capitaneria di Genova. Il nome “Genova” viene dal latino “Ianua” che significa porta. E’ vero che le origini del nome sono diverse e che alcuni rinviano a Giano bifronte, a “bocca” o a “ginocchio”, ma con le immagini è sempre buona abitudine rifarsi ad Occam e al suo “rasoio” che ci dice che: a parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire. Dunque prendiamo l’etimologia più semplice: la “porta”. Questa l’immagine che viene a trovarci per prima, e una porta è sempre un passaggio da una fase psichica a un’altra. Quando parliamo di fasi significa che sta avvenendo una presa di contatto con immaginari altrimenti esclusi o preclusi. In fase adolescenziale prevalgono alcuni immaginari che vanno in remissione in fase adulta in cui ne compaiono altri. Una “porta” segna questo passaggio e quando ci appare in sogno o per sincronicità, si preannuncia un passaggio piuttosto epocale, psichico e concretistico.

Mare

In questo caso la porta è verso il mare e si sta entrando in contatto con immaginari relativi al “Mare”. Il Mare spesso è stato, secondo me del tutto erroneamente, connesso al materno da una certa psicologia. Ma il mare è più semplicemente il luogo di tutti gli immaginari individuali ma anche del collettivo. Quando compare il mare in immagine, significa che ci stiamo avvicinando alla consapevolezza del fatto che vi sono immagini archetipiche che trascendono ciò che è pregiudizio. Consapevolezza che tali immagini ci precedono e ci succedono e che non sono sotto il nostro controllo. In tal senso il mare è la presa di contatto con l’inconscio collettivo. Il Mare è l’inconscio ossia quella parte psichica che sfugge alle regole precostituite e che è la sommatoria di tutte le nostre emozioni, pulsioni, bisogni, immagini. Prendere contatto significa che fino a quel momento si aveva accesso alle sole immagini che permettevano di proteggere la stasi.

Le navi

In questo spazio psichico iperuranico (il mare) si impongono due immaginari, le due navi, che costituiscono la manifestazione di due specifiche condotte, due specifici bisogni e emozioni tra le tante contenute nel mare: La nave Ulisse e la nave Virginia. La nave Virginia è all’ancora, è statica e non si muove. Il nome Virginia rimanda alla Verginità e l’immaginario della verginità, ossia della non unione con altri immaginari, è bloccato. Contiene tutto il carburante ossia l’energia necessaria, ma è all’ancora. La staticità è ferma e virginale, in sintesi, nulla può ne deve essere cambiato. La nave Ulisse è la nave il cui nome rinvia all’esplorazione, a Odisseo che solca i mari degli immaginari per conoscere se stesso. Ulisse è anche il padre che guida e che sta trasportando camion e auto, ossia le immagini di diverse modalità di muoversi nel mondo e nell’inconscio.

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In estrema sintesi si è attivata una pulsione, un bisogno, un’emozione e una condotta. Si è attivata la curiositas di Ulisse che esplora. Questa Esplorazione e questa curiosità è ciò che penetra il ventre della Vergine bloccata.

È la curiosità che consentirà di generare nuovi immaginari. Ma oltre alla curiosità c’è anche la capacità castrante del padre (Ulisse). Il padre che “tradisce” ossia ci consegna a ciò che saremo senza aver paura di farci male.

Sembra che questo riversamento di carburante, che ingenuamente potremmo ritenere infausto al punto da invocare un “Allarme Inquinamento”, del resto così viviamo il cambiamento, sia invece l’evento necessario affinché si renda disponibile energia a tutti gli immaginari presenti nell’inconscio collettivo. Sembra che un solo immaginario si fosse impadronito di tutta l’energia e che questo lo avesse messo all’ancora. Sembra che la nave Ulisse abbia avuto la possibilità di sbloccarlo e ciò grazie alla distrazione del suo Capitano, quello che comunemente chiameremmo Io. Se l’Io smette di guidare, la psiche si può evolvere.

Ma sulla distrazione potremmo discutere. Le immagini ci mostrano come la nave Ulisse colpisca perpendicolarmente e centralmente la nave Virginia. Sembra che vi sia una evidente intenzionalità.

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Conclusioni

Un evento di questo tipo ci informa di un processo psicologico collettivo in corso e, contemporaneamente di un processo individuale di chi viene colpito dall’evento o vi si incontra per sincronicità. Questo processo è inscritto in una cornice di profondo cambiamento (Genova col significato di porta). La psiche sta passando da una fase evolutiva ad un’altra, dall’adolescenza all’adultità, o da questa alla vecchiaia. La collettività e il nostro momento storico sta vivendo un medesimo processo, ossia perde la verginità che è statica e, come Kore che si fa Persefone una volta rapita da Ade, si deve far penetrare dalla curiosità e dal cambiamento e da ciò che è “Straniero” per poter inquinarsi di energie.

Questo passaggio porta al mare e il mare significa l’incontro con l’inconscio collettivo e con gli immaginari che gli appartengono. Con inconscio collettivo vogliamo dire che colui che si incontra con l’immagine del mare sta passando da una fase in cui si ritiene proprietario dei sogni e delle immagini che lo vengono a trovare, ad una fase in cui si ritiene proprietà di queste immagini. Da una fase in cui le immagini sono strumento a una fase in cui lui stesso è strumento delle immagini. Questo significa che si inizia a comprendere che le immagini vanno onorate e che onorandole ci si prende cura di se. Si inizia a comprendere che il controllo genera stasi e ci mette all’”ancora”

Ma in particolare avviene una collisione, piuttosto intenzionale tra due navi, ossia tra due immaginari, bisogni, emozioni. L’immaginario di “stare all’ancora”, statici e immobili, trattenendo le proprie energie (carburante) e rimanendo “vergini” e, all’opposto, quello di esplorare, darsi alla ricerca e diventare ciò che si è ossia, come Ulisse, iniziare il viaggio di individuazione anche attraverso l’attivazione di una condotta paterna. Una condotta paterna consiste, ad esempio, nel far cadere il figlio dalla bici levandogli le rotelline, ossia consegnare alle proprie responsabilità, attitudini e talenti il proprio figlio, facendolo anche soffrire.

La nave Ulisse trasporta auto e camion, ossia diverse modalità di muoversi dentro la psiche e nel mondo, quindi, se da una parte sblocca la verginità, dall’altra fornisce anche modalità di movimento. Questa volontà di crescere anche attraverso la fatica è quella che colpisce la staticità verginale. Ci si deve sporcare le mani di vita e di relazioni per far si che la verginità possa diventare generatività ossia possa trasformarsi nella capacità di prendere contatto con altre emozioni e bisogni, ossia con altre immagini che vengono sporcate dal carburante ma che possono anche usarlo come forza propulsiva.

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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